Golden days
Red long nights
Don't be afraid
Don't think twice
I'll be here by your skin
In California my old dreamLa vita scorre via senza adottare le buone maniere; nessun congedo anticipa la rapida corsa verso l'ignobile futuro fatto di mancanze - e Luigi lo sa bene, 'ché da un giorno all'altro si è ritrovato a dover fare i conti con un letto singolo e cibo d'asporto per uno.
Ha finto di non badarci perché il lavoro occupa tanto tempo e tanto spazio, e quindi la casa averla vuota è un gran vantaggio, 'ché c'è posto per dieci chitarre, un pianoforte a muro e qualche bongo rubato a chi di musica non se ne intende. Non gli importa dei rimorsi, lui ci vive senza: la coscienza pulita come un lago campagnolo se la tiene ben stretta, e quando vede una macchia ci alita sopra e la lucida con il dorso della mano destra, mentre con la sinistra tiene saldo a sé il ruscello per non farlo scivolare, eppure sfidare le leggi della fisica è così impossibile e improbabile che finisce col fare qualche errore - e allora entra in gioco il suo plettro più bello per descrivere e raccontare e scacciare il male che ha destabilizzato il suo animo sempreverde.
Quando si sporca, è per colpa della cenere di sigaretta che dimentica di picchiettare via perché impegnato a fissare il vuoto - un posto mistico in cui albergano i pensieri di un uomo solo. Perché per quanto possa fare spallucce ed esorcizzare i demoni con una birra gelida il venerdì sera, a quasi trent'anni i desideri più profondi non se ne vanno, piuttosto restano appesi per metà a uno stendino di plastica parcheggiato nel corridoio tramite mollette che minacciano di autodistruggersi al primo filo di corrente, in quella pista d'aria che parte dalla cucina e finisce al letto sfatto della camera in fondo. Che poi, a dirla tutta, quelle finestre dovrebbe proprio tapparle, altrimenti rischia di fare a cazzotti con una cervicale coi fiocchi che se ne va solo con uno di quei trattamenti terapeutici sponsorizzati in televisione, quelle rare volte in cui sceglie di imbracciare il telecomando come un fucile per difendersi dagli attacchi di panico e di ossessioni.
Quando abbandona la testa contro lo schienale duro del sofà e sospira per una pausa pubblicitaria di troppo, si ritrova a pensare che un cane sarebbe di buona compagnia, che non c'è bisogno che sappia parlare per poter cercare un confronto diretto, che le verità più intense e genuine sono quelle non dette se non attraverso un paio di occhioni scuri, ma è nell'esatto momento in cui si convince ad andare presso un canile che riceve un'inaspettata chiamata sul cellulare sempre acceso.
Alberto non si fa sentire che saranno quattro anni o forse addirittura cinque, e non gliene fa una colpa; avrebbe potuto a propria volta alzare la cornetta di un fittizio telefono e comporre un numero che dovrebbe leggere più volte per poterlo scrivere bene - ma il tono del bresciano è sempre lo stesso: allegro, acuto, leggero, senza rancori. «Hey, zio Gigi! Come va?»
Alla solita domanda dettata da circostanze corrisponde la solita risposta imposta dalla convenienza: «Bene, grazie. Tu?»
«Starei meglio se riuscissi a trovare un paio di calze. Figa, saranno due ore che le cerco! Ma non parliamo di me. Ho saputo che sei tornato da poco da un tour in America.»
Rotea gli occhi al cielo e si rifugia nella modestia: «Erano solo un paio di date, niente di che.»
«Sì, sì, senti», lo interrompe, «stiamo organizzando una rimpatriata di classe per venerdì prossimo. Non prendere impegni.»
Il gentile invito suona più come un ricatto con arma da fuoco in aggiunta, pertanto non riesce a non chiedergli: «Potresti spiegare meglio?»
«Non c'è niente da spiegare, Gigino!» Ride, ride forte, ride ancora e ride come sempre. «Non so ancora il posto perché se ne sta occupando Luca, ma ti faremo sapere. Pensavamo di fare per cena, così abbiamo tutti il tempo di fare un viaggetto per arrivare, eh, 'ché ci siamo sparpagliati alla meglio.»
Ha il sentore delle vertigini incombenti sulla sua testa martoriata dalle troppe informazioni dettate in così poco tempo come un tuono che si diletta a squarciare il silenzio di una notte umida, ma biascica qualche assenso che la bocca né tantomeno il cervello riescono a formulare in maniera corretta e schiaccia il tasto corretto per terminare la chiamata, ma non prima d'essersi assicurato che Alberto non dicesse altro: nessuna aggiunta, nessun post scriptum, nessun ripensamento o domande scomode per mandare avanti una conversazione che di interessante non potrebbe avere niente.
Prima o poi lo capirà, qual è il motivo che spinge il biondo a essere così esuberante e sorridente. Vorrebbe supplicarlo d'insegnargli qualcosa del mestiere, 'ché vivere nella positività dovrebbe essere un lavoro retribuito e con pensione assicurata, ma un attimo dopo decide che gli va bene galleggiare nell'indifferenza di chi si distingue per i tipici tratti del cattivo di un film.
Perché a Luigi piacciono le rose nere, i fondi del caffè, i tramonti e tutte le cose che finiscono - e di conseguenza odia i ritorni, quelli che non gli fanno chiudere occhio per una settimana intera per costringerlo a rigirarsi i pollici e i sensi di colpa agilmente mescolati ai pensieri di troppo, 'ché in matematica non è mai stato bravo né tantomeno ha mai imparato i calcoli delle probabilità, delle facce dei dadi e delle previsioni del tempo. Le sue certezze sono quattro colonne corinzie che non riescono a tener su una trabeazione: numerose abilità in campo musicale, la scarsa predisposizione all'irrazionalità, il diabete che gli abbraccia la gamba e il pacchetto di sigarette che tiene di scorta nella tasca in alto a destra della giacca, a portata di anelli ossidati e dita verdi.
E, come si vuol dimostrare, i giorni passano in fretta perché tremendamente divertiti nel catapultarlo in un paio di pantaloni eleganti e in una di quelle camicie troppo larghe da cui non s'è mai allontanato, 'ché di donne ne ha avute in dieci anni ma mai ha osato tradire i propri abiti di scena. Ha persino l'accortezza di radersi il volto nel tentativo di mostrarsi come l'eterno ragazzino che è, quello con i capelli sparati in aria e i deltoidi ben allenati - e invece è un ventinovenne dall'aria stanca, la gola asciutta e occhiaie profonde a testimoniare i tormenti che gli strillano nelle orecchie senza un perché; una spiegazione forse c'è, e sarà che addirittura ce ne sono troppe per poterle ordinare in un portadocumenti con l'aggiunta di etichette: l'asfissiante dipendenza dal silenzio, l'eccentricità del proprio modo di stare al mondo, le mancanze di una vita, la fottuta paura di provare un'emozione fuori dal palcoscenico e via dicendo, categorizzando un elenco così lungo da terminare con un riduttivo eccetera.
Rinchiude ogni buon proposito che è in grado di formulare in una ventiquattr'ore dai bordi consumati e un taxi lo scorta alla stazione ferroviaria più vicina, dove l'attende un treno in partenza per l'Inferno. Il viaggio dura una manciata di ore - troppe per rimanere da solo con la propria testa, troppo poche per precipitarsi dal macchinista e pregarlo di fare retro-front. Finisce col ritrovarsi su una banchina affollata alla ricerca di un paio di braccia ad agitarsi nella folla pur di farsi vedere; Luca è alto e quindi lo nota subito, e non c'è tempo per passare in albergo per posare il piccolo bagaglio che s'è portato dietro.
«Andiamo direttamente al ristorante», fa il napoletano mentre mette in moto la propria automobile, quella che s'è sudato amaramente pur di non chiedere un mazzo di chiavi al padre. «È quasi ora di cena. Albe poco fa mi ha detto che stanno arrivando tutti.»
Annuisce in risposta e allaccia la cintura; non vorrebbe mai essere vittima di un incidente di sentimenti troppo forti.
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Golden Days || Caroligi
Fiksi PenggemarSono giorni dorati quelli che muoiono nel frammento di un ricordo lontano, uno di quelli intangibili e incontestabili. Luigi vive di memorie perché esse sono le note di uno spartito scritto come un flusso di coscienza, un rimprovero verso sé stesso...