La calma prima della tempesta

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Fuori, nel cortile, le galline chiocciano frenetiche, raspano il terreno in cerca di gustosi bocconcini. Dalla stalla, i muggiti strazianti della Nerina squarciano il silenzio, in attesa che qualcuno le svuoti le mammelle; anche l'asino Nello sembra avere intuito; il suo ragliare è un lungo lamento di dolore. Il gatto affila i suoi potenti artigli sulla porta, impaziente di entrare. Tra le fauci, un povero topolino squittisce penosamente.

 Gocce di vapore scivolano sui vetri, lasciando piccoli solchi opachi.   

Il crepitio della legna nel camino, un suono familiare, risuona stranamente inquietante.

La calma prima della tempesta. 

Agnese trattiene il fiato, con movimenti agili delle dita, inizia a intrecciare la sua lunga chioma che punterà a corona sulla testa.

Anselmo, appoggiato al muro, con le mani nelle tasche, fissa un punto indefinito davanti a sé. La sua espressione è impassibile, ma i muscoli della mascella sono tesi. Sa cosa sta per accadere.

Improvviso, come il boato di un temporale, esplode l'urlo di Luigia. Tonino, terrorizzato, sospende il respiro, gli occhi sbarrati. Poi, come il più addolorato delle creature, scoppia in un pianto disperato. 

– Nooo... no, no, no! Non devi partire! Non puoi andare via anche tu! Vutu farme morir de crepacuor? Mi avrai sulla coscienza per tutta la vita! 

I vetri delle finestre tremano.

È il finimondo.

L'anziana è in preda allo sconforto più nero, si porta le mani alla testa, si strappa il fazzoletto di flanella che scaraventa a terra, cammina avanti  e indietro come ammattita dal dolore. Gli zoccoli, trascinati sulla pietra del pavimento, producono un suono diverso. Uno stridore acuto. Si avvicina a suo figlio, lo strattona per le braccia. Si aggrappa  a lui, mettendosi quasi in ginocchio. Gli occhi sono asciutti. Non riesce nemmeno a piangere, per ora.

– Anselmo, ti scongiuro, non lasciarmi. Chi penserà alle bestie? Ai campi, alla vendemmia, e... a tuo padre? Lui è anziano, il piede gli fa sempre più male, te vedarà chel finirà a no caminar più...  E mi? A mi no te pensi? De to mama non te intaressa 'gnente? Desgrassià! 

Il ragazzo prontamente sorregge la madre prima che si accasci a terra, ma i suoi pensieri sono già altrove, proiettati verso un futuro che lei non può comprendere. Gli occhi brillano di speranza, sono quelli di un giovane desideroso di offrire un futuro diverso a suo figlio e a se stesso, lontano dalla fatica dei campi e dall'odore di letame.

– Mamma, non è una tragedia! – esclama, la voce stridula. – Sono giovane! E poi non voglio che mio figlio si spacchi la schiena sotto il sole! Per cosa poi? Per rimanere un contadino ignorante per tutta la vita? Per lui voglio un futuro migliore, e basta! – grida Anselmo sbattendo il pugno sul tavolo.

Luigia lo guarda, gli occhi spenti come due pozzi senza fondo. Il cuore, un piccolo muscolo stanco, è silenzioso, senza più vita. Barcolla. Il volto pallido, segnato da profonde rughe.

 Agnese si precipita da Tonino in preda a un pianto inconsolabile, gli asciuga le guance, poi si avvicina alla suocera impietrita dal dolore, e dalla paura di perdere tutto. Tenta di calmarla. La trascina fino a una sedia dove la fa sedere. Luigia si affloscia come un involucro privo di materia. 

– Anselmo, tieni il bambino, fallo un po' giocare, –  sussurra Agnese, la voce tremula. – Preparo una tisana per tua madre...

 Luigia non risponde, il suo sguardo è fisso nel vuoto.

La ragazza si affretta a preparare la camomilla, versa l'acqua calda sulle erbe. Il profumo intenso della tisana riempie la stanza, si mescola all'odore di fuliggine ma non sembra in grado di lenire l'angoscia di Luigia.

LA MATRIARCADove le storie prendono vita. Scoprilo ora