Roma, luglio 1501
"Perdonatemi, Padre, perché ho peccato."
La figura che nasconde la propria forma nella tunica di tessuto grezzo - grezzo come il suo spirito, che non dovrebbe esserlo affatto - ora la fissa. Egli la osserva interessato, dopotutto, nella sua piccolezza, la quale la rende tanto disgustosa come mai avrebbe pensato potesse rivelarsi una fautrice del Peccato originale. Sarà che la giovane è inginocchiata a terra con le mani tese e congiunte in preghiera; o saranno gli occhi lucidi di ossidiana che nascondono la volontà del Diavolo, le labbra piccole, fini e rosse, pronte a celare un ghigno malvagio in qualsiasi momento, le guance chiare e pallide come la morte, mentre i boccoli indomabili le ricadono sulle spalle e i riccioli più corti le sfiorano la fronte. Il Padre sembra quasi provare un'amara soddisfazione nella sua sottomissione, che alla fine, anch'egli è un uomo comune, la cui mente trae godimento nell'avere il potere di decidere la salvezza e la condanna di qualsivoglia anima gli si presenti davanti. Eppure gli occhi, le labbra, le guance chiare, i riccioli ribelli, ma soprattutto quelle mani affilate congiunte in preghiera, smuovono la sua paura nascosta, nonché quella che gli fa perdere il controllo dei poteri che gli spettano. I Padri sono abituati a non mostrare mai la vera faccia della Chiesa di Dio, improvvisandosi attori abili dietro all'altare, incantando il pubblico di credenti davanti a loro. Eppure lei non si lasciava ammaliare, nemmeno scalfire minimamente, rimaneva con le mani unite e lo sguardo duro di chi Dio non lo ha mai nemmeno portato nel cuore.
"Siete la Vergogna più grande che Dio potesse mai accogliere nella sua Chiesa. Siete corrotta, siete pietosa...Non osate nemmeno rivolgere le vostre scuse a Nostro Signore per la vostra indulgenza?" sputa fuori Padre Gregorio, indignato e con il viso deformato in una smorfia infastidita.
"Osservate bene i Santi, i Beati, Cristo Signore, vi stanno giudicando tutti in questo preciso istante." il suo dito grinzoso viene puntato verso l'alto, mentre lo sguardo della donna lo segue lentamente con freddezza, non lasciando trapelare alcuna emozione in particolare. Osserva le statue bianche e lucide dei martiri, delineandone i contorni delicati dei volti, lavorati in modo da trasmettere tutta la loro Grazia ai peccatori come lei. Le fissa a lungo, ammirando quel lavoro di precisione che rende le opere vive; sembrano sospirare con quegli occhi vacui e socchiusi, mentre raccontano la sofferenza e la fede in uno sguardo rimasto congelato nel tempo. Lei non cambia espressione, ma nel profondo del petto prova un caldo conforto ad averli vicini. Quando era bambina, ricordava bene gli sguardi degli esseri celesti essere aghi che la pungevano e la facevano sanguinare copiosamente come penitenza, macchiando già quel piccolo accenno di coscienza che si stava andando a formare pian piano, scolpito solo dalle opinioni della gente intorno a lei. Col tempo, però, capì come la Misericordia fosse una caratteristica delle creature beate. Il loro Perdono era racchiuso in quelle immagini pietrificate, ed era percepibile anche in lontananza nello spazio e nel tempo: e qual'ora gli uomini non l'avessero voluto per lei, ci avrebbero pensato loro a perdonarla, ma di certo non lo avrebbe fatto Dio.
"Io prego perché possano perdonare i miei peccati. Spero nella Salvezza tramite la loro Gloria e nella Bontà di Cristo." mormora piano, chiudendo gli occhi nella sua falsa, ma anche sincera preghiera. Nel pronunciare l'ultima parola, un colpo ben assestato le arriva in pieno volto. La giovane perde l'equilibrio precario trovato su quello scalino della rampa posta davanti all'altare, rotolando malamente su tutti i restanti. Un colpo, un nuovo livido: lo sa da sempre, ma duole sempre come la prima volta.
"Quale donna non sa rivolgersi a Dio!? Quale donna è così ostinata!? Vostro padre, un uomo così onesto, ha lasciato una sporca e lurida, imperdonabile peccatrice come voi qui, a infangare le scale della Casa del Signore! Non vi è peggiore essere che rappresenti la vostra razza!" urla ora il Padre colmo di ira, alzandosi di scatto e ritirandosi con passo svelto in un luogo lontano da tutto, lontano da Dio, lontano da lei. Le mani rugose gli tremano dal nervosismo che lo attanaglia: mai si sarebbe sognato di nutrire tanto terrore per una giovane ragazza, orrore tale da respingerla con tutte le proprie forze. Adesso la guarda torvo per qualche attimo, quella figura piccola e smilza che è rannicchiata timidamente tra i banchi della navata, mentre si muove convulsamente dal dolore e geme a causa di esso, intanto che il sangue le macchia il naso, le vesti, il viso d'angelo e demone. Eppure Padre Gregorio non rimane, non riesce a pentirsi del suo peccato, riesce solo a provare un'inquietudine sempre più grande. In quel momento, distoglie lo sguardo con una paura soffocante, mentre il mento barbuto trema inspiegabilmente.
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