Ritroviamo l'ordine della casualità nel cosmo e di questo al contempo ce ne meravigliamo e preoccupiamo.
Tramite un uso infinitamente progressivo della ragione ci imbattiamo in limiti imperscrutabili nel passato e nel futuro. Ritroviamo un senso attribuendo una causa prima alla nostra esistenza e la stessa scienza non può distoglierci dal pensare che l'esistenza del kaos sia ad opera di un'Intelligenza Suprema. Non riusciamo a non pensare che il big bang sia il frutto di qualcosa che vada oltre un panorama meramente fisico e così all'infinito la fisica dimostra, spiega e sorregge la metafisica.
Allo stesso modo il nostro concetto di pensiero che tendenzialmente esula da una finitezza fisica non può morire con la corruzione della dimensione corporea, pertanto è necessario supporre che esista un oltre fondamentalmente sconosciuto che circolarmente ci riporta a credere che la Causa prima coincida con il Fine ultimo.
Dunque il rifiuto incondizionato della contingenza dell'esistenza delle cose è elucubrazione ipocrita di esseri aggregatisi per mera combinazione probabilistica o effettivo dispiegarsi di un disegno superiore che nemmeno la scienza più atea riesce a negare?
Nella sempre più sicura certezza di una pluralità di vite e tipi di vita all'interno del nostro universo possiamo ancora credere in un Dio che si mette in relazione ed eventualmente si rivela esclusivamente agli uomini come se questi fossero la forma di vita eletta o è opportuno mettere in discussione tale visione antropocentrica per lasciar spazio ad un più universale, appunto, concetto di Essere Supremo parimenti distante sia dagli uomini che da qualsivoglia altra esistenza cosmica?