CAPITOLO 7

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Javin's Pov
Ormai le sigarette non bastavano più. Presi una striscia di coca, del tabacco e una cartina. Con queste mi feci una canna e andai sul balcone a fumare. Dopo pochi tiri gli occhi iniziarono a diventare rossi però non diedi importanza a questo ma al fatto che mi sentivo in paradiso. Il dolore al petto non lo sentivo più era come se fosse scomparso, nella mia testa, però il corpo soffriva e soffriva.
Il giorno dopo dovetti andare in ospedale per fare dei controlli, mi prelevarono del sangue, esattamente 6 boccette, mi fecero un elettrocardiogramma per monitorare la condizione del cuore. Finiti gli esami aspettai circa mezz'ora per avere gli esiti dal solito dottore che ormai mi conosce meglio di mio fratello
Dott.: Javin, mi spiace dirtelo ma ti rime poco più di due settimane
Io: che vita del cazo
Dott: ti direi di fare tutto quello che vuoi, almeno passerai meglio questo periodo
Io: la ringrazio per tutto, buona fortuna
Uscì dall'ospedale e la prima cosa che feci é stato prendere un'altra canna, la misi fra le labbra e alzai la testa al cielo.
Ormai non davo più importanza a nulla, non davo importanza al fatto che mi stavo torturando, non davo importanza al tempo, non davo importanza alla gente, non davo importanza alla vita.
Accesi la canna e iniziai a fumare mentre mi incamminai verso casa.
Lungo il tragitto vidi dei bambini che correvano sudati dietro un pallone bianco e nero che rotolava ininterrottamente, che veniva preso a calci dai bambini pieni di gioia
"Passala"
"Sono qui"
"Eddai ero libero"
"Yeeeeee che gol batti cinque"
Non mi resi conto che mi ero fermato a guardarli senza pensare a quello che stessi fumando.
Guardai il cielo e sbuffai una nuvoletta che andò davanti ai miei occhi, come una piccola nuvola che copre temporaneamente il sole. L'odore iniziò a diffondersi nell'aria e così decisi di continuare a camminare verso quella che tutti chiamano casa.
Ma cos'è davvero una "casa"?
Tutti dicono che è un luogo a cui far ritorno, in cui poter vivere e condividere le proprie emozioni, io... io la vedevo solo come un edificio come altri, un edificio che si vede più spesso di altri, nulla di più.
Arrivato a casa c'era mio fratello sdraiato sul divano che mi stava aspettando
Janus: quanto?
Io: poco più di due settimane
Janus: lo sai che se uccidi qualcuno ti danno 30 anni?
Io: ma vaffanculo *gli do un pugno sul petto*
Janus: *ride* fai male *ride*
Passarono solo 5 minuti e Janus riprese a parlare
Janus: lo so che non era proprio il momento ideale per dire questa battuta..
Io: non lo era affatto
Janus: ...però sappi...
*suona il campanello di casa*
Janus: chi sono?
Io: ahhh quei cazzo di assistenti sociali
Janus: ma perché li odi così tanto?
Io: lascia stare
Ass 1: ciao, siamo riusciti a trovare una sistemazione scolastica per te, Janus
Janus: esattamente dove?
Ass 2: alla Raimon jr., inizierai tra una settimana e invece stando a te Javin
Io: ...
Ass 2: ci dispiace davvero molto, non sappiamo che fare. Detto ciò, vi auguro una buona giornata
*escono dalla porta*
Janus: ora capisco perché li odi
Andai in camera e chiusi la porta a chiave. Guardai la chitarra, non sapevo se prenderla o lasciarla lì a prendere polvere. Misi le cuffiette ma non accesi la musica, rimasi a fissare tutta la notte il soffitto, non riuscivo a dormire. Continuavo a pormi stupide domande.
La notte è la parte della giornata che preferivo, tranquilla, buia, semplicemente stupenda. Ormai erano le 3, uscii di casa senza fare rumore, andai come mio solito alla torre e salii in cima per guardare Inazuma city.
Avevo paura, paura della morte, volevo fare tante, troppe cose. Mi misi seduto sulla ringhiera pensando. Forse stavo pensando troppo, volevo solo farla finita più in fretta.
Una voce diceva
*fallo, raggiungi i tuoi genitori. Se lo fai potrai riabbracciare i tuoi genitori*
Spinsi con tutta la forza che avevo in corpo per saltare...
Non mi mossi, avevo troppa paura di morire.

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