Quarto capitolo

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La mattina dopo mi svegliai disorientato. Non avevo dormito bene nemmeno quella notte e pensai che sarei morto per mancanza di sonno, sempre se era possibile, ma pensai che lo fosse. Comunque feci colazione velocemente e poi andai con Melanie e Lily a fare una passeggiata. Lo facevamo spesso, certe volte portavamo con noi anche Jeremy e andavamo nel bosco dietro l'istituto. Tecnicamente non ci sarebbe stato permesso farlo, ma in fondo non era nulla di male, e se qualcuno ci vedeva chiudeva un occhio. Però quella mattina Jeremy era impegnato con i compiti e andammo solo io e Melanie.

Non fu una passeggiata lunga, lei notò che non ero dell'umore giusto per parlare e dopo poco tornammo dentro.

Quando chiesi l'ora ad una delle infermiere di passaggio, mi fu detto che erano le 15:35 esatte e dopo qualche minuto arrivarono i detenuti. Sinceramente chiamarli detenuti non è che mi piacesse molto, ma tali erano e non avevo soprannomi carini da affibbiare loro.

C'erano anche degli agenti di polizia che ripeterono esattamente quello che aveva detto la direttrice dell'istituto il giorno prima.

Melanie mi aveva avvisato che non erano detenuti pericolosi. Non ci avrebbero mai dato la compagnia di soggetti potenzialmente dannosi alla nostra salute fisica e volendo anche mentale.

Sentivo tante voci che si confondevano fra di loro e non riuscivo a distinguerle. Però ne sentii qualcuna familiare e capii che i più a parlare erano i miei compagni d'istituto. Evidentemente questi fantomatici detenuti non erano molto loquaci.

Sentii Melanie che chiamava il mio nome e mi diressi in quella direzione.

"Allora Gerard" cominciò entusiasta, "starai tutto il pomeriggio con un ragazzo molto simpatico." Come faceva a dire che era simpatico se molto probabilmente era la prima volta che lo vedeva? Ignorai questo particolare e la lasciai continuare. "Si chiama Frank, ha diciannove anni, solo quattro in meno di te. È qui davanti a te."

Portai la mano in avanti con l'intenzione di stringere la sua, fortunatamente il ragazzo capì e me la prese.

La sua mano era morbida e forte allo stesso tempo, capii che non doveva essere molto grande e di conseguenza il ragazzo non sarebbe dovuto essere molto alto. Aveva una presa salda e gentile allo stesso tempo. Era tutto pieno di contraddizioni, ma a me piacciono le cose così.

"Piacere" feci, "mi chiamo Gerard." Sorrisi come meglio potevo, a dire la verità non lo facevo spesso, principalmente perché nessuno mi capiva e quindi non meritava i miei sorrisi, ma quel ragazzo era come me, un emarginato.

"Io sono Frank."

A quel punto sentii qualcuno che faceva un passo indietro, dal rumore del tacco delle scarpe capii che era Melanie. "Ragazzi" disse, "io vado. Voi potete stare nella camera di Gerard o rimanere nella sala comune, ma è meglio se per oggi non uscite."

Sentii che se ne andava e io rimasi lì fermo, non che potessi andare in molti posti.

Lui non diceva nulla, percepivo la sua presenza lì davanti a me, ma stava zitto. Decisi di parlare. "Senti, possiamo andare in camera mia? Non mi piace la confusione."

"Va bene" acconsentì.

Sapevo benissimo andare dalla sala comune fino alla mia stanza senza l'aiuto di nessuno ed ero convinto che se avessi potuto vedere la faccia di Frank, vi avrei trovato un'espressione stupita. Beh, lo potevo capire, quando conosci un cieco non pensi che possa andare da un posto all'altro da solo, senza qualcuno che lo aiuti ma, mancandoci la vista, sviluppiamo maggiormente gli altri sensi, come il tatto, l'udito e l'olfatto. E comunque mi sapevo adattare piuttosto bene e cercavo di memorizzare il prima possibile un luogo.

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