Secondo Capitolo

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Le mie giornate erano piuttosto monotone, ma tutto sommato non mi annoiavo mai.

Appena alzato, dopo colazione, mi sedevo sulla poltrona sotto la finestra della mia camera e rimanevo per molto ad ascoltare il rumore degli uccellini e delle macchine. Se mi alzavo presto riuscivo anche ad udire le voci dei bambini e delle madri che stavano accompagnando i figli a scuola. Era divertente stare lì a sentire tutti quei suoni, piacevoli o fastidiosi che fossero, era come ascoltare una bellissima melodia, quella dell'universo.

Quella mattina, però, era cominciata diversamente, la notte avevo dormito pochissimo a causa di insopportabili rumori esterni che non ero riuscito bene a decifrare.

Ero piuttosto nervoso, a me piaceva dormire, nel sonno nessuno mi poteva giudicare o prendere in giro, ero semplicemente io. Così avevo deciso di andarmi a sedere sulla mia solita poltrona comoda sotto la finestra. Ma nemmeno lì avevo avuto un momento di pace. Lily, la mia cagnolina, mi era saltata addosso, prendendomi alla sprovvista. Ero talmente assorto nei miei pensieri che non l'avevo sentita arrivare.

I miei mi regalarono Lily quando compii quindici anni, lei al tempo ne aveva tre, ed era stata appena addestrata per essere un cane guida. Le ho sempre voluto bene, ed è stata un cane eccezionale, forse un po' troppo affettuosa e impetuosa.

Comunque alla fine si era seduta vicino a me, buona.

Ho sempre cercato di essere indipendente nonostante la mia situazione, non ho mai voluto essere un peso per nessuno, né per i miei genitori o tantomeno per mio fratello. Non perché non volessi il loro aiuto, semplicemente non credo sia giusto che loro debbano rovinarsi la vita per me. Sono cieco, e allora? Me la posso cavare, ho imparato a convivere con questa cosa, insomma, se nasci in una certa situazione, non ti sembra nemmeno strana, perché ha sempre fatto parte di te e lo sarà per sempre.

Comunque ho capito che completamente da solo non avrei mai potuto fare nulla di concreto.

Sono andato a scuola come tutti i ragazzi della mia età, anche se in classe avevo un insegnante di sostegno. Beh, non ne avrei avuto bisogno se avessi avuto degli amici di cui mi potessi davvero fidare, ma non ne avevo, e allora per spostarmi o fare anche le cose più semplici, avevo bisogno di qualcuno. Quando è arrivata Lily ero al liceo, ma con me non la potevo portare. Quando mi dissero che doveva rimanere a casa, il mio splendido castello di carta in cui potevo portarla a scuola cadde al sentire un lieve alito di vento e ne rimasi annientato.

Sono sempre stato orgoglioso e avere qualcuno che durante le ore scolastiche ti sta incollato non è una bella cosa, per niente. Se fosse stata una persona a cui volevo bene e che si preoccupava di me, avrei anche potuto accettare la cosa, ma quel fottuto insegnante non era nessuno per me, solo un cognome che mi scorrazzava per la scuola.

All'ultimo anno cercai di convincere i miei che non ne avevo bisogno, ormai mi sapevo perfettamente orientare e mi sarebbe bastato uno di quei bastoni che danno ai ciechi per 'sopravvivere'. Mi ci volle un'estate intera per avere una loro parziale conferma. Mi dissero che mi avrebbero dato una settimana di prova in cui sarei stato seguito a distanza da quell'insegnante che mi pedinava dal primo anno, se non avessi avuto problemi sarei potuto diventare abbastanza indipendente, con solo l'accorgimento di uno speciale cercapersone che mi avrebbe consentito di chiamare quel famoso insegnante che stava comunque a scuola.

Il mio ultimo anno cominciò, così come la mia settimana di prova. Il primo giorno andò tutto sommato bene, solo una volta rischiai di rompermi l'osso del collo cadendo dalle scale d'ingresso, ma fui contento di me stesso.

Il secondo giorno come sempre mio padre mi accompagnò fino all'ingresso, entrai normalmente e andai in segreteria dove avvisai che ero arrivato, così che il mio pedinatore potesse seguirmi a distanza. Lo so che può sembrare ridicolo, ma vi assicuro che non è così.

Comunque sembrava andare tutto bene e la mattinata proseguì liscia come l'olio.

Pausa pranza, il momento più critico. Mi diressi alla mensa, presi da mangiare, ma cercando di raggiungere un tavolo libero caddi rovinosamente per terra, insieme al mio pranzo. Sentii arrivare il mio pedinatore di corsa e mi aiutò a rialzarmi. Nel frattempo mi resi conto che intorno a noi c'era un brusio fastidioso, una piccola folla si era radunata intorno a noi. Cercai di capire cosa stessero dicendo, ma forse sarebbe stato meglio se non l'avessi fatto.

"È quello cieco", "sì, ma che fa?", "ma perché era da solo, è cieco, come fa a girare per la scuola senza nessuno?", "ma era solo?!"

Commenti come questi si diffusero piano piano in tutta la mensa. Vi ho già detto che sono davvero troppo orgoglioso, potete ben immaginare la mia reazione.

Trattenni le lacrime di rabbia e delusione verso me stesso e chiesi al pedinatore di portarmi in segreteria. Chiamai a casa con la scusa di un mal di testa e appena giunsi nella mia camera scoppiai a piangere.

Con quelle lacrime gettai fuori tutto quello che avevo dentro, fatto sta che compresi che avevo bisogno di qualcuno, da solo non ce la potevo fare.

Comunque durante quell'ultimo anno conobbi una ragazza e diventammo amici, si chiamava Emma.

Era davvero dolce e mi aiutava in tutto, non si tirava mai indietro, e durante quegli anni fu la mia salvezza.

Andammo all'università insieme, ma lì lei conobbe un ragazzo inglese e dopo la laurea mi annunciò che si sarebbe trasferita in Europa con lui.

Fu un brutto colpo, ma mi ripresi abbastanza in fretta. D'altra parte lei doveva costruirsi la sua vita ed io la mia.

Ovviamente mi laureai anche io, Belle Arti, e cominciai seriamente a dipingere. Lo avevo sempre fatto, ma così, per svago, da quel momento iniziai da vero pittore, se così mi posso definire.

No, non sto scherzando, sono davvero un pittore. Come faccio? Sono più che consapevole di essere cieco, ma di certo questo non mi ferma, anzi, mi da una spinta in più.

Amo prendere in mano il pennello, mescolare i colori. Il fatto di non vederli rende tutto ancora più eccitante e misterioso. La curiosità di vedere cosa è venuto fuori è tale che avvolte scoppierei, ma fa parte del gioco, non posso vedere le mie creazioni, e mai le vedrò.

Però la storia del pittore cieco è piaciuta a molti e mi guadagnai da vivere vendendo i miei quadri, ovviamente tutti molto astratti.

Dopo l'università passai poco meno di un anno a casa mia, per lo più dipingendo, poi compresi che non volevo essere un peso per i miei e decisi di trovare una soluzione. Mia mamma e mio padre cercarono in tutti i modi di persuadermi a non farlo, a non andare via, ma prima o poi loro sarebbero morti, e a quel punto di me che sarebbe stato? Mio fratello Mikey avrebbe messo su famiglia e io non potevo essere un fardello per lui, non volevo.

Con l'aiuto dei miei trovai una sorta di clinica per ciechi in New Jersey, accoglieva non vedenti di tutte le età. Il costo era piuttosto alto, ma lì avrei potuto continuare a dipingere e vendere i miei quadri per pagare l'istituto. Per fortuna potei portare Lily.

E così cominciò la mia vita in quel posto.

Come vivo lì ve l'ho già detto, ma ora è meglio riprendere da dove avevo lasciato.

Moonlight ShadowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora