4.This is the first day of my life

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And you said
"This is the first day of my life
I'm glad I didn't die before I met you...

-Bright eyes

***
All' inizio nasce come un semplice mal di testa e credi che prima o poi passerà, ma con il trascorrere dei giorni  questo dolore diventa uno stato mentale. Le piccole cose che una volta ti rendevano felice ora non lo fanno più e anche le azioni più semplici diventano sempre più difficili. Tutte le soddisfazioni che avevi sono ormai svanite. I giorni diventano ripetitivi, caratterizzati dal monotono rumore bianco che sovrasta i tuoi pensieri, rendendoli pesanti. Vuoi semplicemente nasconderti, confonderti tra le altre persone, perciò indossi una maschera e vai in scena. Il problema nasce però quando fatichi anche a recitare. Da quel momento tutto ti cade addosso e senti che non ritornerai mai più a sorridere. Sei quindi in un bivio dove o chiedi aiuto o tenti il suicidio.

Quando Matt aveva diagnosticato la depressione ad Oscar, gli aveva chiesto di scrivere su un foglio cosa, questa , rappresentasse per lui, come si sentisse e come la vivesse.

Lui aveva scritto ciò, lasciando Matt senza parole.

Oscar si trovava in quel bivio e aveva scelto di chiedere aiuto.

La mattina seguente Oscar si svegliò a causa della luce che filtrava dagli spiragli della persiana. cercò di abituare gli occhi a quel chiarore, stropicciandoseli lentamente. Analizzò la sua camera da quella prospettiva e si accorse di aver dormito sul letto. Era da tempo che non ci riusciva. Con le braccia si fece forza e si mise seduto sul bordo, appoggiando bene i piedi a terra. La sua stanza era un disastro: vestiti sul pavimento, fogli sparsi per la scrivania e pile di libri appartenenti ad Ethan. Improvvisamente gli risuonarono in mente le parole di Matt: "Devi reagire. Ti  stai lasciando andare senza lottare. Inizia uscendo dalla tua camera"

Era vero, non stava lottando affatto, ma voleva farlo; così si impose di uscire quella mattina. In fondo non usciva di casa da 3 settimane, cambiare aria gli avrebbe fatto bene. Si recò in bagno, si lavò il viso e il corpo e successivamente si vestì. Aveva deciso di restare comodo, un jeans con un lavaggio chiaro, una maglietta nera e una giacca oversized sarebbero andate bene. Era pronto, ma non aveva pensato alla cosa più importante: dove andare.

L' unico posto che gli venne in mente fu il lago: non aveva voglia di incontrare persone, voleva semplicemente restare solo a contemplare un paesaggio che non vedeva da tempo. Tornare lì era rischioso, lo sapeva. Stava, forse, correndo troppo? Forse era troppo presto per tornarci...

Si mise le cuffie al collo, scese le scale fino a raggiungere la cucina e scrisse un bigliettino per sua madre, che era al lavoro.

"Sono andato a fare una passeggiata, oggi sto meglio:)" 

Non ne era sicuro, ma voleva semplicemente rassicurare sua madre.

Il lago si trovava all' interno di una piccola foresta, vicino al paese in cui viveva. Oscar e i suoi amici lo reputavano il loro posto segreto dato che solo loro lo conoscevano. Lo avevano trovato, un giorno, quasi per sbaglio, addentrandosi leggermente più del solito tra gli alberi di quella foresta. Non era grandissimo, ma a loro piaceva così: era il loro lago, dove si sentivano protetti, lontani da tutto e da tutti. Durante le prime due settimane dalla sua scoperta, i tre si impegnarono nella costruzione di un piccolo molo di legno, così da potersi sedere o da utilizzare come piattaforma per tuffarsi. Bastò poco tempo per far si che quel luogo diventasse un pezzo del loro cuore.

Passo dopo passo, Oscar si stava avvicinando alla meta. Si sentiva strano: le mani gli formicolavano e il respiro si faceva sempre più pesante. Non ci fece troppo caso e continuò a camminare fino ad arrivare a pochi metri dal lago. In quel momento si paralizzò: il suo respiro accelerò, sentì un forte dolore al petto e successivamente come spilli infilzati in tutto il corpo. Si sentì come dissociato dai suoi sensi, non riusciva a ragionare o ad interpretare quello che vedeva e sentiva. le cose gli apparirono in maniera diversa : lente , artificiose, irreali.

Stava avendo un attacco di panico.

In quell'istante aveva creduto di morire, ma nel giro di qualche minuto l' attaccò finì, lasciandolo accasciato a terra madido di sudore.

Sentiva l' esigenza di andarsene da quel luogo. In fondo era troppo presto per tornarci e lui non era pronto. Si fece forza sulle braccia e una volta in piedi proseguì lungo il sentiero, stavolta addentrandosi nella foresta. gli alberi erano ammassati in file irregolari, alcuni di loro erano altissimi e rendevano penombra la luce piena del giorno. i loro enormi rami si allungavano e si incastravano tra di loro e le loro cime sembravano quasi congiungersi. Lo scricchiolio delle foglie sotto i suoi piedi, il rumore del vento che muoveva le chiome degli alberi e lo scorrere di un rivolo d' acqua vicino a lui, erano suoni che non sentiva da tempo. Era una sensazione piacevole, ma nonostante ciò non riusciva a godersela a pieno. iniziò a camminare più velocemente, nonostante la testa gli girasse. Voleva dimostrare a se stesso che stava bene, che poteva farcela, non era debole come credeva. Continuò ad aumentare il passo, cercando di ignorare i giramenti. Teneva gli occhi fissi sui piedi, li guardava compiere ogni spostamento, ma più andava avanti più la sua vista si faceva sfocata e l'immagine delle scarpe offuscata. Oscar non aveva intenzione di fermarsi, ma se solo l'avesse fatto non sarebbe caduto, inciampando su una radice che non vide neanche.

***

"Juno, dove vai! perché scappi! aspettami!" Urlò una ragazza inseguendo il suo gatto.

Correva a perdifiato a piedi nudi per la foresta.

"Juno, fermati!" Ripeté.

L' animale si bloccò a pochi metri dal corpo di Oscar ed entrambi rimasero in piedi a guardarlo con occhi sgranati.

Juno si avvicinò al viso del ragazzo ed iniziò ad annusarlo, mentre la ragazza si limitò a girargli intorno cercando di analizzarlo meglio.

Il gatto si voltò verso di lei e miagolò qualcosa.

"No, è fuori questione. Non lo aiuteremo, non mi fido di loro, lo sai!"

L' animale continuò stavolta con più insistenza.

" Juno, puoi scordartelo" Concluse la ragazza avvicinandosi ad Oscar.

Cercò di girare il suo corpo facendolo distendere sulla schiena. Squadrò quel viso con attenzione: si era procurato un taglio sulla fronte ed il sangue era colato sui riccioli biondi, sporcandoglieli. Gli appoggiò due dita vicino alla gola e sentì il battito del cuore: era vivo.

Un altro miagolio richiamò l' attenzione della ragazza.

" Basta ce ne andiamo ora. Sta bene ha solo perso i sensi, se la caverà" Rispose la ragazza freddamente.

Si allontanò, lasciandosi Oscar alle spalle.

Improvvisamente una folata di vento le si creò intorno, facendola cadere in una sorta di trans. Era sollevata di qualche centimetro da terra e aveva il viso rivolto verso l' alto. Le braccia erano abbandonate lungo il corpo e le pupille completamente bianche.
" Salvalo, curalo..." Sibilò il vento, lasciandola poi cadere a terra.

La natura le stava ordinando di aiutarlo e lei non poteva disobbedirle.

Nessuno si salva da soloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora