DOVE TUTTO EBBE INIZIO
Forse la nostra più grande paura
è accettare che un giorno qualcuno possa
amarci per come siamo
Arrivata a scuola, scomparsi tra la folla, io ero il nulla in un tutt'uno di battiti.
Nessuno si era mai accorto che i miei occhi non brillavano più come prima e quel sorriso non era unico come una volta, era solo ... Un sorriso.
Erano passati solo 5 mesi dalla morte dei miei genitori e mai nessuno era riuscito a darmi delle risposte.
Da quel tragico incidente, non ero più me stessa, non avevo amici, non uscivo, ero diventata letteralmente "asociale" e il che mi suonava molto strano, perché prima della morte dei miei, ero completamente diversa, invece adesso esistevo solo io, la musica e i miei libri.
Perché mia zia, diventata ormai il mio tutore legale, decise che, per dimenticare il dolore e avere un nuovo inizio, bisognava ricominciare da capo in un'altra città, almeno così diceva, infatti andammo a vivere a New York, la grande mela, e io andai al college.
Nella mia vecchia città tutti mi conoscevano come "La ragazza dai genitori fantasmi" ogni volta che mi chiamavano così coglievo sempre un minimo di cattiveria in loro, ma non facevo nulla, li lasciavo fare, perché era più semplice nascondere il dolore che provavo e fare finta di nulla.
Ogni volta la mia anima, si frantumava e cercava da sola di ricomporsi, ma sapevo che un giorno avrebbe smesso, fino a quando sarebbero rimasti solo cocci rotti o semplicemente solo cenere.
Camminavo nel corridoio, con gli auricolari alle orecchie che mi permettevano di isolarmi completamente.
Osservavo, tra una canzone e l'altra, le goccioline che scendevano lentamente nei vetri delle finestre. Tolsi un auricolare per sentire meglio il ticchettio della pioggia ma me ne pentii subito, al suo posto le orecchie sentirono solo il balbettio delle matricole che parlavano di come potesse essere così meravigliosa la scuola.
Avrei dovuto farlo anch'io, peccato che non conoscevo nessuno.
Rimisi l'auricolare e ritornai nella mia –confort zone-.
Arrivai al mio armadietto.
Il preside aveva dato un lucchetto ad ogni nuovo alunno della scuola.
Lessi le cifre che vi erano incise sopra...479.
Aprii l'armadietto e cominciai a metterci dentro le mie cose.
"June ... Lopez" mi sentii chiamare.
Era una ragazza e con lei c'era anche un ragazzo.
"Eccoti qui ... Ciao June"
"Ciao ..."
Sorridi ... June sorridi ...
"Voi chi sareste?"
"Io sono Charli e lui è Ares, il mio migliore amico, io sono del secondo anno, lui ... bhe, lui dovrebbe essere con me, ma per problemi familiari deve ripetere l'anno e ..." stava per continuare ma il ragazzo la bloccò.
" So parlare, grazie. In poche parole farò alcune mie materie nel tuo stesso corso e purtroppo sono stato incaricato a farti conoscere la scuola" disse –Ares- con aria sfacciata.
"Tranquillo, se proprio non vuoi posso vederla io da sola" qualcosa andò storto quando mi guardò le labbra, un brivido mi percorse la schiena e percepii le mie guance tingersi di rosa, sperai che non se ne accorgessero.
"Bene meglio così, bye bye Venere" disse lui mentre stava cominciando a indietreggiare per andare via, ma Charli lo prese per il braccio e lo fece ritornare al suo posto.
"Ehy ehy ehy... tu non vai da nessuna parte signorino, adesso farai vedere la scuola a June e poi te ne vai dritto in classe, capito?!" le disse Charli facendomi scappare un piccolo sorriso, quelli che non facevo da tempo, ma poi ritornai subito alla realtà.
Aspettate un attimo ... Ares mi aveva chiamato Venere?
"Si mammina, come vuoi, basta che facciamo in fretta" la voce di Ares mi risvegliò dai pensieri.
" Ecco qui il mio numero, quando vuoi scrivimi, o chiamami, questo bestione è difficile da controllare" mi disse all'orecchio Charli e ridacchiammo insieme.
La salutai e appena mi voltai mi ritrovai a pochi centimetri dal viso il petto di un ragazzo.
"Venere capisco che sei attratta da me, ma non è passata neanche una notte, sei molto affrettata" sgranai gli occhi.
Che diavolerie stava dicendo?
"Senti, mettiamo in chiaro due cose. Uno ... Non sono attratta da te e due ... Perché mi chiami Venere?"
Indicò il diario che portavo con me.
Era un regalo che mi aveva fatto mamma il giorno del mio diciottesimo compleanno ovvero l'ultimo in cui mi ha visto spegnere le candeline. La copertina era di un blu scuro, con delle costellazioni raffigurate sopra e al centro c'era una grande scritta,
-Venere & Ares- non sapevo cosa significasse ma ero sicura che se mia madre non fosse morta, un giorno l'avrei scoperto.
"Oh ... capito, beh –Ares-, sei pronto a farmi vedere questa scuola?" Ares si accigliò e la sua espressione sembrò così buffa che mi misi a ridere.
"Se proprio devo"
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Venere & Ares
Storie d'amoreJune Lopez, è una ragazza che deve affrontare la morte dei propri genitori. Tante domande ma nessuna risposta. Solo un diario. Regalato dalla madre. Può davvero aiutarla a scoprire cos'è realmente successo? Ares Ward, un ragazzo particolare con deg...