Suona per me

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Va bene, adesso ci vado.

Dovrebbe essere facile, giusto? Scendo i gradini, attraverso il cancello e gli parlo. La gente conversa con altra gente di continuo, quindi non vedo perché io non dovrei farcela. C'è chi lo fa persino per lavoro, o perché ne ha voglia. È come ordinare le pizze, no? Metti in ordine le parole, gli dai voce e speri di aver dato l'indirizzo giusto.

In verità io non ho mai ordinato la pizza — di solito ci pensano mamma e papà —, ma questo è un altro discorso.

Metto un piede sul primo gradino. Sono quasi riuscita ad auto convincermi di potercela fare, dico davvero, ma... no, forse è meglio di no.

Ritiro il piede, come un gatto tanto attratto quanto spaventato dalla superficie dell'acqua.

Alle mie spalle, qualcuno ride.

«Miky, se non ti sbrighi andrà via» mi prende in giro la nonna, mentre taglia alcuni fiori dall'aiuola.

Mi volto e la guardo.

Ha una lunga treccia di capelli bianchi e gli occhiali rotondi. Di fianco a lei, un piccolo gattino nero segue con attenzione i suoi movimenti.

Sta parlando del ragazzino che sta nella casa di fronte, quello che da più di un'ora mi lanciata delle occhiate furtive che io sto ricambiando con sfacciataggine. È da quando l'ho visto che continuo a pensare ossessivamente a lui. Voglio sapere come si chiama, quanti anni ha e quali sono i suoi videogiochi preferiti. Ci stiamo studiando, proprio come fanno gli animali quando si annusano prima di iniziare a giocare.

«Cosa faccio se mi caccia via?»

Sono terrorizzata all'idea di un rifiuto. Non potrei sopportarlo, dico sul serio.

C'è una buca, in giardino. Mi ci potrei infilare e farmi ricoprire di terra dalla nonna. E poi potrei...

«Secondo me sta aspettando che ti avvicini.»

Il mio sguardo ricade su di lui. Per una frazione di secondo i miei occhi allacciano i suoi, poi corriamo entrambi al riparo. Mio Dio, questa situazione mi sta uccidendo. Il mio cuore rischia di schizzare via e arrivare dall'altra parte del cancello, proprio davanti ai suoi piedi. Storco le labbra.

«Non può avvicinarsi lui?» mi lamento.

Così sarebbe tutto molto più semplice.

Sento le forbici della nonna che si chiudono su un altro gambo, spezzandolo. Attorno a lei c'è un cimitero di fresie gialle. Credo le stia raccogliendo per portarle al cimitero, da sua sorella.

«Magari lo farà, ma se hai così tanta fretta di giocare con qualcuno allora dovresti andarci tu.»

Alzo gli occhi al cielo. Roba che se la mamma mi vedesse mi tirerebbe una sberla in grado di ammaccarmi la mandibola. Per quanto detesti ammetterlo, io muoio dalla voglia di giocare con qualcuno. La nonna ha ragione. Al contrario, quel ragazzino non sembra poi così impaziente di conoscermi. Mi fissa, questo è vero, ma forse lo fa solo perché è da quando è uscito in giardino che non gli scollo gli occhi di dosso. Magari lo sto spaventando.

Stringo le mani in due pugni. Va bene, mi sono stufata. Vado.

Affronto i gradini, il sole e il caldo cocente. Affronto le zanzare, quella libellula gigantesca che mi ha tagliato la strada e le siepi di lavanda che pullulano di api. Nulla può fermarmi, ormai. Neanche Orochiumaru, penso, e questa è per pochi intenditori.

Marcio verso di lui con la sicurezza di un soldato, mentre la ghiaia sfrigola sotto i miei piedi, richiamando così la sua attenzione. Fingo che il suo sguardo a metà tra il curioso e il terrorizzato non stia spaventando a morte anche me, ma dato che il mio sogno è diventare Hokage non posso tirarmi indietro proprio adesso. Dopotutto un ninja del villaggio della foglia non lo farebbe mai.

A Summer TaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora