È giusto

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Scendo dall'autobus avvolta nel mio vestitino azzurro.

È della stessa tonalità fredda e scura del cielo nel tardo pomeriggio, proprio quella che adesso si trova sopra i miei occhi. Le giornate si sono allungate da un pezzo, regalandoci quei pigri e lenti tramonti che sembrano dilatare il tempo all'infinito.

Credo che quella distesa priva di nuvole abbia in qualche modo influenzato la mia scelta di vestiario. La scritta "appuntamento" è incisa in rosso sulla mia fronte, in bella vista. Sarà per via dei capelli lavorati con cura, o per l'attenzione particolare che ho riservato al trucco, fatto sta che mi sento diversa dal solito.

Più carina.

Eppure, nonostante i presupposti per una prima uscita da favola insieme a Kyle, non sono scesa alla fermata davanti al bowling, quella dove ci siamo dati appuntamento.

No, sono scesa cinque fermate prima, e davanti a me c'è l'ospedale.

Non sono certa del perché le mie gambe mi abbiano portata fin qui, so soltanto che non sono affatto convinta di quello che sto facendo. Anzi, è una pessima idea. Certo io non ho mai brillato per la mia intelligenza: non a caso sono costretta ad andare ai corsi di recupero.

Ad ogni modo l'idea di presentarmi in ospedale è stupida persino per me, che da piccola pensavo che in pescheria vendessero le pesche.

Però, adesso che mi trovo qui, mi sembra altrettanto stupido girare i tacchi e andare via — o forse sarebbe proprio la cosa più intelligente da fare, ma io non riesco proprio a prendere decisioni logiche e degne di nota.

Le schifo proprio.

L'edificio che ospita l'ospedale è meno importante di ciò che si potrebbe immaginare, ma perfettamente coerente al numero di abitanti della zona. È bianco, ma vista l'ora ha rubato qualche sfumatura blu dal cielo e l'ha fatta propria. Alle sue spalle ci sono ettari e ettari di campi e, al di là di quel grano e quei trattori, la linea sottile dell'orizzonte che sta ospitando il tramonto.

Il sole si è già nascosto e, se soltanto fossi un po' più furba, farei la stessa cosa anziché starmene qui in bella mostra.

L'aria è fresca, colorata da quella brezza piacevole che è prerogativa delle sere estive.

Mi avvio verso l'ingresso illuminato, salgo i gradini e attendo che la porta automatica si apra davanti a me. Sono tante azioni, queste. Abbastanza da permettermi di cambiare idea e svignarmela, ma credo che il mio tempo sia finito non appena ho messo piede giù dall'autobus, alla fermata sbagliata.

All'interno c'è poca gente, e molti stanno tornando a casa. L'orario di visite dev'essere finito da un po', ma nessuno sembra badare a me.

Mi fermo giusto al bancone all'ingresso per accertarmi del reparto, poi cammino indisturbata verso l'ascensore che porta al quarto piano, dove si trova il reparto di terapia intensiva.

Tamburello le dita contro la coscia nuda, agitata. Mentre fisso il mio riflesso contro le porte di metallo mi dico che indossare la mia collana a forma di coniglio è stata una decisione stupida.

Non vedo perché dovrei indossare un vecchio regalo di Ash — molto vecchio — il giorno del mio primo appuntamento.

Ad ogni modo sono qui per Ruth, che sia chiaro. Non sono così stupida da pensare che Ash abbia bisogno di me in un momento come questo — la mia possibilità l'ho sprecata. Esco dall'ascensore e mi dirigo verso la porta antipanico che separa l'atrio dal reparto.

Quando appoggio la mano sulla maniglia tentenno un po', ma quando una signora la spalanca dall'interno mi sento costretta a entrare.

Ormai sono qui, tornare indietro sarebbe altrettanto stupido.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 19, 2023 ⏰

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