Minho guardava inespressivo fuori dalla finestra, lo sguardo spento e annoiato vagava sul via vai di medici e veicoli nel parcheggio, il viso sorretto dalla mano premuta contro la guancia.
Un giorno come ogni altro da due anni a quella parte, rinchiuso nella stessa stanza dall'età di 17 anni a seguito di un ricovero che doveva durare solamente qualche giorno per degli accertamenti sulla sua salute mentale.
La sua famiglia divenne intollerabile nei confronti dei suoi comportamenti, se prima non ricordavano dell'esistenza del loro unico figlio, quando iniziò a star male desideravano solo non averlo più attorno.
Minho era convinto di essere in perfetta salute e non riusciva a comprendere il motivo per il quale chi gli volesse bene insistesse per farlo sottoporre a dei controlli; decise infine di farlo, semplicemente per dimostrare di essere sano come un pesce ai suoi amici, seriamente preoccupati nel vederlo continuamente assente, ormai prosciugato della sua vivacità, del suo grande amore per la danza, privato di tutto quello che caratterizzava la sua personalità unica e soprattutto del suo sorriso, che oramai era assente da quel suo volto angelico segnato dalla stanchezza, dal peso di quella che oramai neanche lui considerava più vita, i suoi occhi, una volta pieni di luce e passione, erano spenti, vacui, assenti, cerchiati da un vago rossore ed evidenti occhiaie costantemente presenti nonostante dormisse per gran parte delle sue giornate, la mandibola ben distinta così come i suoi naturalmente pronunciati zigomi, ora accentuati dalla magrezza delle sue guance scavate.
Da quel controllo Minho fu ricoverato per quelli che da 7 giorni divennero una data di dimissione ancora inesistente.