Storia di un Gatto che amava la Luna (e della Luna che amava il Gatto)

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Quando Kei aprì gli occhi ci mise un secondo a mettere a fuoco dove si trovasse – e no, per una volta non era colpa della sua fastidiosa miopia – ma semplicemente gli ci volle qualche attimo per riconoscere le pareti della camera di Tetsurou. Si ritrovò a sorridere come un cretino al pensiero che il giorno prima avevano vinto magistralmente la Battaglia della Discarica contro il Nekoma e perso miseramente la partita contro il Kamomedai eppure, alla fine, quello che era il loro fine ultimo – vincere contro i loro storici rivali - alla fine era stato solo un modo per trascorrere la giornata in attesa di quelle ore che erano riusciti a passare insieme.

Quando Tetsurou glielo aveva proposto, quando anche il Karasuno era caduto, Kei non aveva esitato a rispondere affermativamente. Le problematiche logistiche le avrebbe affrontate successivamente, ma non aveva resistito all'idea di concludere quella giornata bella, euforica e al tempo stesso frustrante e carica di rimpianti, in un modo assolutamente fuori personaggio ma semplicemente... perfetto.

Non avevano fatto nulla, il padre e i nonni di Kuroo erano in casa e tranne che indossare l'uno la divisa dell'altro e scambiarsi qualche bacio più o meno – più più che meno – eccitato, avevano parlato, parlato tantissimo, molto più di quanto avevano fatto nei mesi precedenti via Line e in videochiamata.

Avevano parlato così tanto che in piena notte Tetsurou era dovuto scendere in cucina a riempire le rispettive borracce.

Kei si girò piano nel letto – nell'abbraccio di Kuroo – per voltarsi verso il comodino dove aveva appoggiato il telefono. Fece per allungare un braccio e prenderlo quando la voce di Tetsurou lo raggiunse in un borbottio indistinto.

"Eh?" si ritrovò a sussurrare il biondo sentendo poi il corpo dell'altro muoversi dietro di lui, sfilando la faccia dall'incastro di cuscini in cui aveva cercando di soffocarsi come suo solito.

"Ti ho chiesto se fossi già sveglio..."

La voce roca del moro s'infranse sulla pelle del collo di Kei, infilandosi insidiosa sotto il colletto della divisa bianca del Nekoma che ancora indossava. Non faceva freddo, ma la vicinanza così improvvisa e il braccio dell'altro che lo aveva stretto con fermezza gli mandò una scarica di brividi di eccitazione.

"Anche troppo..." gli rispose Kei afferrando il telefono constatando che c'era solo un messaggio di Sugawara che lo informava che Hinata aveva ancora la febbre alta e che sarebbero pariti alle nove per tornare a casa.

"Che ore sono?"

"Le cinque e tre minuti" rispose Kei mentre impostava una sveglia per le sette. Se fosse partito da lì per le otto sarebbe arrivato anche in anticipo. Ma sicuramente quel cretino che aveva a fianco gli avrebbe fatto fare tardi, quindi le sette era l'orario minimo accettabile per non farsi lasciare a Tokyo (anche se non gli sarebbe dispiaciuto).

Erano stanchi tutti e due, ma sembrava che i loro cervelli sapessero che il tempo a loro disposizione era davvero poco e non volevano fargli sprecare nemmeno un attimo. Tempo per dormire ne avrebbero avuto (Kei di sicuro, Tetsurou un po' meno, visto gli imminenti esami di ammissione all'università, ma per quanto si atteggiasse da cretino, era intelligente, persino troppo... non era tanto un problema di se, quanto più di dove sarebbe stato ammesso).

"Sei mio ancora per un'ora e cinquantasette minuti" mormorò Kuroo spingendosi verso di lui, facendo aderire il suo petto alla schiena di Kei, andando inspirare il suo profumo e sfregando il naso sulla pelle del collo, accanto all'attaccatura dei capelli.

"Cinquantasei, oramai" rispose il biondo, inarcando la schiena di riflesso, alla ricerca di un contatto maggiore con il corpo dell'altro dietro di lui. Per tutta risposta Tetsurou, colto di sorpresa e con il cervello già in panne nel sentire il corpo flessuoso di Tsukki spingersi verso di lui, gli morse lievemente quel lembo di pelle, affamato e desideroso di assaggiarlo e farlo suo. Tirò leggermente il tessuto per avere un maggior accesso a quella pelle chiara a deliziosa e morse, succhiò e strinse a sé Kei, desideroso di lasciargli un segno inequivocabile sulla pelle. Non l'avrebbero scoperto, non subito per lo meno, non se Kei non si fosse tolto la maglia. E se anche fosse successo, non era del tutto certo che gli sarebbe dispiaciuto se quella squadra di folli sapesse che Tsukishima era suo, e suo soltanto. E la mano di Kei sulla sua nuca che lo spingeva ulteriormente verso di sé affinché non lasciasse il lavoro incompiuto, diede la conferma a Kuroo che il desiderio era reciproco. Anche lui voleva un marchio e avrebbe fatto di tutto per poterlo sfoggiare con orgoglio facendo morire d'invidia tutti gli altri membri della squadra.

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