III. La soluzione meno ovvia

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Quando mi svegliai, mi resi conto del bisogno smodato che possedevo nei suoi riguardi. Il problema era che ogni singolo giorno i miei occhi, il mio cuore e il mio corpo si dividevano per delle persone che non dovevano avere alcuna rilevanza per me.

C'era Alicent Hightower. Era una donna, questo è vero. Ma morivo dalla voglia di stare con lei. I miei occhi la cercavano in ogni momento, alla ricerca delle sue labbra. Il suo décolleté, formoso e sempre coperto dava l'impressione di essere immancabilmente morbido.

Dal lato opposto c'era Daemon Targaryen, mio zio. Per quanto la differenza d'età tra noi fosse evidente e il suo carattere facesse tremare tutta la corte, provavo un'attrazione fatale per lui. Era come se il suo corpo e il mio si richiamassero, pronti a unirsi alla prima occasione. Senza sapere cosa comportava una vera e propria unione carnale, desideravo stare con lui.

Ero in pratica al centro di questo triangolo che avevo creato e dal mio canto, mi veniva più che ovvio tentare di reprimere i miei sentimenti per Alicent. Quale futuro avrei potuto avere? Ero in un vicolo cieco. Lei era una donna e come tale non avremmo avuto vita facile, non avrei avuto eredi e avrei deluso tutte le aspirazioni di mio padre. E infine c'era Daemon. Tra noi Targaryen c'è sempre stato l'incesto e il matrimonio tra consanguinei, ma mio padre non mi avrebbe mai lasciato sposare suo fratello.

Mentre mi crogiolavo in queste riflessioni che avevano il solo effetto di deprimermi, constatai quanto Alicent apprezzasse la mia presenza.

E così elaborai un piano. Avrei avuto Alicent prima di sistemarmi, di fare ciò che era nei miei doveri. Questo comportava una sola regola: potevo esplorare la carnalità, la sensualità di quella donna in segreto, ma non avrei mai dovuto lasciarmi coinvolgere emotivamente.

Mi avvicinai sorridente a lei.
- Non riesco a dormire in queste notti. Sento come se mi mancasse qualcosa. - mormorai e lei parve un attimo corrucciarsi.
- Forse avreste bisogno di latte di papavero. Dovreste parlarne con il gran maestro. - suggerì ansiosa, stringendomi delicatamente le mani.
- Latte di papavero? Suvvia... Credo sia un'esagerazione. - minimizzai con la mano.
- O forse mangiate troppi dolci.-
- Non mangio mai troppi dolci. - mi lamentai e lei inclinò la testa divertita.
- Septa Marlow potrebbe dire qualcosa in tal proposito. - suggerì ridacchiando.
- Non arriveresti a tanto. - borbottai ridendo.

- Se questo costasse alla tua salute e al tuo benessere certo che lo farei presente. - affermò lei, sistemandosi il vestito azzurro che si era un po' sgualcito mentre eravamo sedute nel cortile.
- Allora dovresti vedermi di persona, quando ho questo tipo di problematiche. - suggerii io, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
- Cosa intendete dire? -
- Ho bisogno di compagnia Alicent. Non riesco a dormire bene, ho continui incubi riguardo a mia madre e a Syrax. Non voglio dirlo al gran maestro o allarmerà l'intera corte. - ed ammetto che un fondo di verità c'era davvero.
- Dormirò con voi allora, spero che questo possa aiutarvi. Resterò sveglia finché non vi addormenterete. - propose lei con un sorriso dolce. Ricambiai e quella sera, Alicent Hightower mi seguì nella mia stanza.

La verità è che da quando avevo dormito su di lei, continuavo a desiderare il calore del suo corpo e qualcosa dentro di me stava crescendo: era il desiderio di baciare una donna. Non sapevo ancora cosa comportasse l'atto sessuale, avevo più volte tentato di capirlo ma avevo avuto mezze risposte che non mi avevano affatto convinta. Non capivo nulla dei rapporti tra coniugi, figuriamoci di cosa potessero fare due donne assieme. Per cui, il mio unico desiderio era starle vicino e baciarla.

Che male ci sarebbe stato in fin dei conti?

Così quando ci stendemmo l'una affianco all'altra, capii che avrei dovuto capire tutto su quel mondo che era l'amore. La stanza era grande, il camino era acceso e il fuoco crepitava allegro. Nonostante questo, faceva molto freddo. Ci coprimmo con le coperte in pelliccia di orso e tentai di stringerla a me quanto più mi fosse possibile.

- Principessa... - bisbigliò lei, quando sentì la mia mano che scorreva lungo le sue spalle e si fermava all'altezza del fondoschiena.
- Scusa. - mormorai, ma erano scuse false. La verità è che volevo affondare le mie mani nei suoi capelli, nel suo corpo.
- N-non capisco...- sussurrò piantando i suoi occhi nei miei. Sembrava così persa, così sola e bisognosa di affetto.
- Non devi capire. Mi fa freddo. Stai qui. - le imposi con un ghignetto e vidi che lei ricambiò quello sguardo.

Lei era rigida, non aveva la più pallida idea di ciò che mi passava nella mente. Erano anni che la pensavo, volevo condividere il mio letto con lei e non se ne rendeva neppure conto.

Così quando allungai la mano e serrai la mia presa sui suoi morbidi capelli castani, emise un mugugno di sorpresa. La spinsi verso di me. Un calore che non avevo mai sentito si propagò in me e in un attimo mi ritrovai a baciarla. Lo avevo già fatto, ma ormai ci avevo provato gusto. E sentivo che anche lei sotto sotto amava farlo.

Spinsi la mia lingua nella sua bocca con irruenza, oltrepassando tutti i limiti del decoro che mi erano imposti.

- Dormi sempre con me, ti prego. Solo tu sei capace di farmi stare bene. - bisbigliai e lei nascose il viso imbarazzata tra le coperte.
- No... - borbottò lei rossa in volto. - È sbagliato. Lo abbiamo già fatto una volta. Se ci scoprono... -
- Non lo scopriranno. Siamo solo due amiche che imparano a baciare... - mentii.
- Le amiche non si baciano. - mormorò lei girandosi dall'altra parte e dandomi le spalle. Fu come una pugnalata alle spalle.

- Che male c'è? Ti sto facendo male? - domandai a bassa voce.
- No, ma...- continuò lei.
- Non ti sto facendo male, non lo saprà nessuno. A te non piace? - domandai. E lei non rispose.

- Non ho detto questo... - mormorò Alicent. A quel punto le presi il polso e la voltai forzatamente a pancia in su e salii ancora una volta a cavalcioni su di lei. Sentivo una sensazione strana nascere in me, ma era troppo presto per capirlo.
- Che vuoi fare? - domandò lei un po' restia.
- Ti piace o no quando ti bacio? Perché a me piace molto. Ci stiamo solo esercitando per quando avremo dei mariti. E poi siamo tra donne, non vale mica. - mentii spudoratamente. Sentii un calore al basso ventre, quindi feci scorrere la mia mano sul mio viso e mi chinai ancora a baciarla. Era completamente sottomessa a me, china alla mia volontà. Non provò a scostarsi, cosa che apprezzai molto.

- Anche a me... piace... - sussurrò. E fu così che quella notte e tante altre a venire passarono. Sotto le coperte, ad abbracciarci e a baciarci.

Quando ci siamo amate - RHALICENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora