A Strange Place

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Poteri, abilità, magie, cosa aveva appena visto Kata non lo aveva ancora capito, la ferita della freccia era scomparsa lasciando un foro sul maglione e sulla maglia di Festo.

"Ormai è inutile che lo nasconda o simili"

 disse lui e si tolse il maglione e la maglia restando solo in canottiera e cappotto; le sue braccia non erano grosse, ma nemmeno fini, avevano un ché di elegante, nulla a che fare con quel massacro di prima. Kata notò inoltre che gli i suoi occhi brillavano di tonalità dorate e così facevano anche quelli di Karis, ma tendenti al bianco e al rosa.

Festo fece cenno di risalire nella slitta, così fu fatto, lui e Karis parlavano come se non fosse successo niente, quando uno aveva appena evaporato degli esseri umani e l'altra invece aveva creato una barriera che ha resistito a quelle temperature. 
A quel punto Kata si interrogò sulla situazione: poteri - pensava- questi due qui hanno dei poteri con cui hanno spazzato via un gruppo di sei briganti, nonostante fossero in inferiorità numerica e avessero lo svantaggio di essere stati presi alla sprovvista. Perché poi vogliono aiutarmi? Se diventassi un Glaciale, Festo potrebbe semplicemente sciogliermi in un attimo, no? 

Nonostante la enorme quantità di domande, non disse nemmeno una parola per paura di cosa sarebbe potuto accadere.

Arrivarono il giorno dopo a un villaggio; le mura, alte 3 metri erano fatte da palizzate di legno, la porta era imponente ed era controllata da due sentinelle appostate nelle mura, alle quali Festo disse:

" Signori, richiedo il permesso di entrare in città; il motivo della visita è quello di rifornirci con delle provviste e di parlare con il capo."

" Non c'è motivo per cui dovremmo farti entrare, non ci è noto il tuo viso, né la tua compagnia"

" Il vostro capo me ne deve una, chiamatemi S o aprite la porta, devo parlarle non ho tutto il giorno"

" Hey, hey, hey - disse una voce esterna- ma guarda un po' chi è arrivato sotto le porte di casa mia, il conosciuto e riguardevole Festo" 

" La signora S, o dovrei dire Viper"

" Si ricorda chi sono, bene, anche io, e immagino che sia qui per quel favore che le devo"

" Sì, e vorrei che ne discutessimo in un ambiente privato"

"Venite pure"

Entrarono nel campo, i portoni si chiusero dietro di loro lasciando il solco sulla neve, il campo era ben organizzato: c'erano due cerchi concentrici di casette in legna e alcune in mattoni attorno a un grande focolare al centro; l'unica casa diversa dalle altre era quella direttamente davanti all'entrata situata nella parte opposta del campo.
Era più grande delle altre e c'erano delle guardie alle finestre. L'interno era decoroso, un tappeto rosso, sculture di ghiaccio ai lati del grande corridoio che separava la porta da quello che sembrava un trono, la sala era infatti costruita su modello delle sale grandi dei villaggi vichinghi: 
una sola stanza molto spaziosa con tavoli e un focolare al centro, il trono del capo e dei familiari.
Viper viveva però da sola, non era una tipa da compagnia, ma una subdola calcolatrice che rispetta i suoi debiti; e questo è tutto ciò che serviva sapere a Festo, si sedettero in un tavolo e iniziarono a discutere.

Nel mentre, Kata e Karis venivano scortate in una casa allestita confortevolmente, mobili semplici e un divano spazioso; gli diedero anche del latte di capra, munto dai loro allevamenti in un angolo. Non era buono come quello di Riccio Del Gelo, ma era caldo e faceva sempre piacere.

Festo stava ancora discutendo con Viper in quel momento; lei era una donna adulta, più vecchia di Kata, aveva una voce leggermente roca e il viso duro; una cicatrice che usciva dal bordo della manica destra e arrivava fino alle dita che erano rovinate dal duro lavoro. I suoi vestiti erano apparentemente leggeri, aveva in realtà molti strati di maglia termica coperti dalla divisa da soldato che richiamava la sua vecchia mansione.
La conversazione non fu noiosa come Festo pensava, sarebbero rimasti lì pochi giorni per poi partire verso "quel luogo" che era tanto caro a Festo.

Prima di ricongiungersi con le altre, andò a scaricare la sua slitta e a portare i Ricci nella stalla, lì costruì la tettoia per quelli e come ultima cosa andò sopra le mura del campo, si sedette nel luogo più alto a fissare il tramonto.

Il Sole stava calando, Festo rimase lì a scrutare l'ombra che piano piano avanzava e inondava il mondo con un velo scuro, mentre la luce si ritirava fino a rimanere solo nel picco della montagna più alta all'orizzonte per poi scomparire del tutto. Nonostante il suo solito comportamento fosse pratico e logico, era in quei momenti che Festo rivelava la sua vera natura: un ragazzo gentile nel cuore e nell'animo, che si preoccupa per gli altri e che trova la meraviglia nei momenti come quello. Non ci si potrebbe mai stancare di un momento simile, un momento di calma in un mondo dove è mandatoria una costante allerta, dove un attimo può essere decisivo tra la vita e la morte. 

Dopo qualche minuto, decise che era abbastanza, era ora di andare dalle ragazze; sarebbero stati lì ancora una notte per poi andare verso nord. 
Il piano era quello di raggiungere l'ex città di Milano, da lì, avrebbero potuto continuare fino a superare le Alpi, in un modo o nell'altro, per raggiungere infine la Francia e quindi recarsi a Parigi.
Comunque, non era più orario per pensare a piani lungimiranti che non fossero andare a dormire; allora, raggiunta la casetta, entrò con la chiave datagli da Viper. Trovò le due ragazze addormentate: una sul divanetto e l'altra sul tappeto; si distese allora accanto a Karis, che era distesa su quest'ultimo. Il tappeto era inaspettatamente morbido e confortevole; d'altronde, tutto ciò che non era la loro slitta lo era; Festo pensò che fosse stato preso da chissà quale casa del vecchio mondo, di quando tutto era ancora caldo e semplice, di quando non era lui a dover tenere al sicuro chiunque avesse intorno, di quando aveva ancora qualcuno, oltre che Karis.

Si addormentò, non sognò niente, di nuovo, ne era abituato anche se solo fino ad un certo punto; i sogni sono per coloro che ancora hanno qualcosa per cui sognare pensava spesso lui.

Kata stava dormendo; lei, a differenza di Festo fece un sogno, anche se non l'avrebbe voluto fare:
era da sola, dietro ad una lastra di ghiaccio finissima e trasparente che si estendeva fino ad oltre il suo sguardo poteva arrivare, era tutto scuro, così scuro da non capire dove fosse. Tutto ciò che riusciva a vedere, era solo ciò che stava dietro il vetro: i suoi genitori, i suoi amici, sua famiglia che aveva visto congelare per poi iniziare a muoversi qualche istante dopo, mossi da una volontà aliena, dedita al causare male e a portare disgrazia.







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