Il dottor Smith uscì dalla tenda. Stava calando il sole sulla foresta congolese. Il dottore respirò a pieni polmoni la fresca aria della sera. La spedizione durava ormai da tre settimane, ma nessuno nel equipe di scienziati aveva trovato la soluzione all'intricato enigma che erano stati chiamati a risolvere. Smith era uno zoologo, specializzato nello studio di primati. Era in Congo per fermare il veloce declino nella popolazione degli scimpanzé in una piccola area nel folto della giungla. Molti degli animali di quella zona erano stati muniti di un micro chip, per poterli studiare. Ma purtroppo i chip non davano più alcun segnale da mesi, e una volta sul posto il team di Smith non era riuscito a trovare i primati, neppure uno. Nel gruppo cominciava a serpeggiare il malcontento, nessuno riusciva a spiegarsi come quaranta creature fossero potute scomparire nel nulla. I bracconieri non battevano la zona, quindi era improbabile una loro implicazione nella faccenda. Quella notte Smith aveva deciso di perlustrare la foresta, pensando che magari gli scimpanzé, essendo animali molto furbi, si stessero solo nascondendo molto bene dagli umani. Purtroppo era molto improbabile. Smith chiamò a raccolta il gruppo. Una quarantina tra scenziati, apprendisti, aiutanti locali e militari di scorta. Si divisero in quattro gruppi, e una volta pronti si inoltrarono nella giungla. Smith stringeva nelle mani la sua telecamera ad infrarossi per la visione notturna e portava una lampada frontale. Il suo gruppo penetrò nel folto della foresta, la vegetazione molto fitta non faceva neppure filtrare la luce lunare. Erano circondati da un oscurità opprimente. Stranamente tutto teceva, non si vedevano animali, non si sentivano richiami o versi nessun tipo e nessuno nel gruppo osava aprir bocca. Questo insolito silenzio inquietò non poco Smith. La fila di uomini avanzava facendosi strada tra le sterpaglie, quando ad un tratto un urlo non umano spezzo il silenzio. Gli animi si riaccesero, tutti, nessuno escluso corsero impavidi nella direzione del rumore. Una strana adrenalina prese il dottore, che correva davanti a tutti. Senza pensare ai tagli e ai graffi che le sterpaglie li procuravano percorse a grandi falcate i metri che lo separavano dalla fonte dell'urlo. Poi d'improvviso la foresta si aprì in una piccola radura. Smith arrestò bruscamente la sua corsa. La radura era illuminata dalla luce della luna piena che li donava un aria divina, quasi fosse una porta su di un altra dimensione. Tutto sembrava ovattato, i rumori, gli odori e pure la vista sembrava offuscata a causa delle lame di luce lunare. E in mezzo alla radura stava una piccola figura girata di spalle. Sembrava uno scimpanze, ma la sua pelle era bianca, liscia e senza neppure un pelo. Del collare con il micro chip non c'era traccia. Come aveva fatto a toglierselo, era impossibile, ci sarebbe voluta troppa forza per uno scimpanzé di quelle dimensioni. Pensò Smith. Il resto del gruppo lo raggiunse. Un soldato si fermò di fianco a lui. Spezzò con un piede un rametto. Lo scimpanzé si girò. La sua faccia era sfigurata. Gli occhi erano pallodi, e mancava il mento. Al suo posto si trovava una massa di carne informe.
La creatura urlò rabbiosa. Il soldato preso dal panico alzò il suo fucile di origine cecoslovacca e cominciò a sparare. Il panico gli impedì di mirare con cura, e delle sue due raffiche solo una colpi la bestia, che però cadde a terra. Smith allora corse preso dalla curiosità al centro della radura, con il soldato,ancora intento a ricaricare,dietro di lui. Arrivato al centro della radura si chinò sul cadavere dello scimpanzè. La raffica di pallottole calibro 7.63x 3.39 avevano squassato il corpo dell'animale. Era morto. Il soldato lo pungolò con la baionetta del Kalashnikov. Poi improvvisamente dal resto del gruppo salirono urla di dolore e paura. I due si girarono verso la foresta, ma il buio gli impediva di vedere cosa stessa succedendo. Poi tutto tacque. Dalla foresta un branco di creature irruppe nella radura. Il dottore e il soldato provarono a scappare, ma le bestie erano velocissime. Il soldato inciampò, ma Smith non si fermò a soccorerlo. Poi dal nulla sbuco un cucciolo. Era bianco come tutti gli altri e con la bava alla bocca. Il suo muso, senza ferito o graffi si contrasse in una smorfia di dolore, poi attaccò Smith. Con un balzò li fu addosso e lo morse all' avambraccio destro. Con un pugno il dottore se ne liberò, e ricominciò a correre verso l'accampamento. Incredibilmente riuscì ad arrivarci. Li trovò gli altri gruppi, già rientrati. Il sole stava sorgendo sulla giunglá. Vedendolo così malridotto in molti li corsero in contro, ma lui disperato indicò la foresta e cominciò ad urlare parole sconesse. I militari allora si precipitarono alla ricerca del resto del gruppo di Smith, ma non lo trovarono piú, ne gli uomini ne le bestie. Furono chiamati i soccorsi e Smith fu trasportato in elicottero verso la città.Marcus si svegliò per primo, Ilary dormiva ancora. Scese al pianoterra e si preparò la colazione. L'avrebbe lasciata dormire. Era in cinta al terzo mese e questo era il primo giorno di riposo che si concedeva da tempo. Andò in bagnò per prepararsi. Si lavò i denti e con il rasoio elettrico accorcio la barba bionda. Si guardò allo specchio, il fisico scolpito grazie all'addestramento delle forze speciali della polizia lo rendeva molto orgoglioso. Era felice di lavorare nella polizia, amava il suo paese, la svizzera, e voleva tenerlo sicuro. Non dovette pettinarsi i capelli dato che li teneva molto corti. Si vestì e prese le chiavi della sua macchina, una pegeot nera. Uscito silenziosamente di casa si chiuse la porta alle spalle. Salì in macchina e si mise gli occhiali da sole, la giornata era molto chiara e lui doveva difendere i suoi occhi chiari. Partì per andare a lavorare. Abitava Accese la radio. I commentatori parlavano dell'epidemia scoppiata in africa. << Oscar io credo che ora che gli stati uniti hanno mandato i Marines in nord Africa tutto si risolverá.>> Marcus si chiedeva come potessero aiutare i militari in una crisi sanitaria, ma dalla radio uscirono altre parole. << Si Dario, ormai non c'è più nulla da temere>>.
Mai furono dette parole più sbagliate.
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Oltre la fine dell'umanità
Science FictionLa peste del ventunesimo secolo la chiamavano alcuni, altri la chiamavano semplicemente la fine. Un virus nato nelle zone più povere dell'Africa che uccide gli uomini o li trasforma in creature animalesche e crudeli, dedite allo sterminio della razz...