Dittatura

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Marcus si svegliò con gli occhi in fiamme. Vedeva tutto offuscato. Era sdraiato su di una brandina militare, in una stanza nella semioscurità. Attorno a lui echeggiavano i lamenti dei feriti. Cercò di mettersi seduto. Li ci vollerò svariati tentativi. Alla fine ci riuscì. Vedeva male ma riusciva a distinguere le figure. Si alzò e cercò qualcuno in piedi, un infermiere o un dottore. La stanza era enorme ed era piena di brandine, ognuna con sopra un ferito. Vide una figura in camice bianco. Le si avvicinò. La tocco sulla spalla e lei si girò. Era una dottoressa molto anziana. "Vada a sedersi subito, arriverò da lei il prima possibile." Marcus la guardò in faccia poi mentì" Sto benissimo, voglio solo uscire di qui". La dottoressa acconsentì con il capo. " Prendi la porta a destra, poi prendi l' ascensore e sali al piano terrena, se avevi qualcosa con te è sotto la brandina." Dopo aver congedato la dottoressa Marcus si diresse verso la sua brandina, guardò sotto e ci trovò tutti i suoi averi personali tranne le armi e le munizioni. Si rese conto solo in quel momento di avere indosso ancora la sua pettorina anti proiettili e i vestiti resistenti con qui era arrivato. Uscì dalla stanza e si diresse verso l'ascensore.

Si trovava in un enorme complesso di bunker e strutture militari delimitate da un reticolato di filo spinato, con enormi riflettori montati un po ovunque per tenere lontani gli infetti. Marcus appena arrivato al piano terra chiese ad un ufficiale dove potesse trovare una lista dei civili nella base. Lui li rise in faccia. Proprio in quel momento una mano li tocco la spalla. Marcus si voltò e riconobbe Gianni. Aveva il volto rigato dalle lacrime. Dietro di lui stava come un ombra suo padre, anch'esso ridotto ad uno straccio. "L'hanno ucciso Marcus, l' hanno ucciso questi cani rognosi." Disse Gianni. Marcus lo guardò con sguardo vuoto e non proferì parola. "Andiamo alla tenda." propose Giustino. I tre uscirono dal complesso e si trovarono in uno spazio aperto tra le strutture. Era pieno di tende Militari. Soldati e civili zigzagavano da tutte le parti. Era molto più ordinata la situazione rispetto a ciò che avevana visto Marcus a Bellinzona. Entrarono in una tenda, Gianni indicò tre brandine" Queste sono nostre" Disse. Nessuno aveva voglia di parlare. Erano tutti troppo scossi dall'accaduto . Marcus si rese conto che erano state le luci a farlo svenire, gli enormi riflettori tenevano lontani gli infetti, ma se non preparato, potevano accecare un uomo. La luce lo aveva stordito. Chiese a Gianni cos'era successo dopo il suo svenimento. Lui li rispose che dopo aver respinto gli infetti i militari avevano aperto i cancelli e portato dentro i feriti. Chiunque sembrasse malato veniva fucilato. Marcus si sdraiò sulla brandina. Poi si girò verso i suoi ritrovati amici " Ora dormiamo, domattina dobbiamo trovare delle armi, è di vitale importanza.". Giustino lo guardò negli occhi,poi scosse la testa sconsolato "Nessun civile è armato perquisiscono tutti prima di entrare nel campo.". Marcus non si perse d'animo"Domani ci inventeremo qualcosa, per ora dormiamo." Detto questo si sistemò sulla brandina e si addormentò.

Il Mattino dopo Marcus percorse tutto il campo alla ricerca di qualcosa da usare come arma, ma non trovò nulla. Nessun civile era armato, e i militari si rifiutavano di restituirli le sue armi. Qualche poliziotto aveva riconosciuto Marcus, per ora era impossibile allestire un processo, ma un sergente li aveva garantito una punizione per la sua diserzione quando le cose sarebbero tornate alla normalitá. Marcus temeva la fucilazione, reintrodotta a causa della massima gravità della situazione. Tornò alla tenda più scoraggiato che mai.

I giorni passavano lenti. Non arrivavano più sopravvissuti da una settimana.
Marcus, Gianni e Giustino passavano le giornate a svolgere compiti di manovalanza che i militari assegnavano ai profughi. Il cibo per i civili era poco e marcio, non potevano lavarsi se non una volta a settimana e non potevano entrare all' interno dei bunker neppure quando un gruppetto di infetti si avvicinava troppo alla recinzione. L'acqua calda e l'elettricità erano riservate ai militari, come il cibo migliore, i bagni e così via. I profughi dovevano defecare in appositi buchi scavati fuori dalle tende. Un giorno venne a piovere e il prato, ormai senza erba a causa del continuo camminare, su cui si trovavano le loro tende divenne una palude fangosa. La situazione divenne insostenibile e molti civili cominciarono a lamentarsi. Quella sera stessa una pattuglia di militari uscì dalla caserma e  arrestò i capi della contestazione,poi gli portò difronte al cancello principale. Tutti si ammassarono in quella zona per vedere cosa stesse succedendo. Dalle porte della caserma uscì un uomo anziano, magrissimo, con la faccia somigliante ad un teschio vuoto. Era vestito in alta uniforme e un manipolo di soldati lo circondava. Camminò fino al cancello. Si girò verso la folla.
" Sono il colonnello Straus, a capo di questa base." urlò. Nel mentre il vento sferzava il suo pizzetto bianco. "Non tollero nella mia base rivolte di sorta, sopratutto da voi cani pulciosi. In questa installazione da ora vige la legge marziale, e ogni atto contro la mia volontà sará considerato alto tradimento, punito con la morte.". Aggiunse in fine.
I militari spalancarono il cancello e spinsero fuori gli oppositori. Gli obbligarono a correre nella notte sotto la minaccia delle armi. Si sentirono urla di disperazione e alle orecchie di Marcus arrivò il rumore della carne dilaniata e delle ossa spezzate. Nessuno nella folla dei civili osò dire nulla. I militari chiusero il cancello e facendosi largo nella folla con calci e spintoni rientrarono nella caserma, per poi blindarne le porte. Solo le guardie vicino ai lampioni rimasero fuori con i civili.

Appena il fato lo permette l'uomo furbo prende il potere, e l'uomo saggio lo rifiuta

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 13, 2016 ⏰

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