Un secondo per morire

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Un uomo con un aereo che vola da Milano a New York, malato, inconsapevole del fatto di aver appena condannato a morte milioni di persone. Questo per migliaia di aerei e migliaia di malati, in tutti i luoghi, ecco l'apocalisse.

Ormai a Marcus era chiaro che qualcosa non andasse. In centrale gli era stato dato l'ordine di portare a casa la mitraglietta d'ordinsnza, un mp5 cal.9mm. In italia c'era il caos, l'epidemia non era stata arginata. A causa della gente in fuga l'organizzazione mondiale della sanità registrava i primi casi in tutti i continenti. Tutte le nazioni occidentali avevano ritirato le loro truppe dall'africa della quqle poi non si sapeva più nulla, come se da un giorno all'altro si fosse spenta la corrente in un intero continente. Marcus aveva letto su internet un blog di un italiano che sosteneva di aver visto un infetto, non sapeva dire se uomo o donna, torcere di 360 gradi la testa ad un uomo, solo con un braccio. Ai telegiornali dicevano che alcuni infetti, pochi secondo le stime , presentavano sintomi di aggressività. L' esercito svizzero presidiava i confini e aveva l'ordine di sparare a vista su chiunque si fosse avvicinato a più di 200 metri ad esso. Marcus aveva l'ordine di tenersi pronto in caso di energenza, quindi armi e munizioni a casa. In ticino, il cantone più a sud della svizzera ( dove viveva Marcus), non erano ancora stati registrati casi, ma era solo questione di tempo e Marcus lo sapeva. Doveva tornare subito a casa da Ilary.

Stefano accese le luci del perimetro. Un muro di filo spinato e delle postazioni armate di mitragliatrici cal.50 li separavano dall'apocalisse. Gli ordini del generale eletto in caso di crisi civile, un certo Huber, erano chiari: abbattere qualsiasi cosa si muovesse oltre la rete. Stefano era addetto alle luci perimetrali. Ormai era notte, e non si vedeva ad un palmo dal naso. Prese la sua pistola d'ordinanza cal.9 parabellum e la caricò. Se la mise alla cintola. L'esercito svizzero era organizzato in milizie, richiamate in caso di emergenza civile o di guerra. I militari di professione erano pochissimi, Stefano per esempio non sparava che un caricatore all'anno, e ciò da ben 25 anni,quando aveva finito la scuola reclute. Era sicuro che non avrebbe colpito un elefante da dieci metri. I militari facevano su e giù per il perimetro. Era stato costruito appena oltre al confine, in una zona libera da case e alberi. Dove qualunque cosa aveva ingombrato la vista era stata distrutta. In poco più di una settimana erano stati eretti migliaia di muri e scavati migliaia di fossati per rendere sicuro il confine. La Svizzera era l'unica nazione ad esserci riuscita, e stefano non si spiegava come. Nella rete erano state fatte delle feritoie per permettere alle mitragliatrici di essere posizionate dalla parte sicura della rete. Stefano stava per addormentarsi, ma un urlo lo destò dal sonno. "Contatto" urlò un soldato. Un uomo cicciotto era entrato nel fascio dei fari. Agitava le mani come un ossesso. Urlava "Arrivano, arrivano". Qualcuno lo abbatte quando era a pochi metri dalla ramina. Pochi istanti dopo centinaia di Sagome scure comparvero dal nulla. Erano uomini o donne, non si riusciva a trovare la differenza, completamente nudi, o con stracci addosso. Avevano la pelle lucida e chiarissima, completamente liscia. Correvano velocissimi. I soldati cominciarono a sparare all'inpazzata. Stefano fu preso dalla paura, decise di fuggire. Scese le scale della torretta dove c'era il centro di controllo delle luci, e si diresse verso il parcheggio delle jeep 200 metri dalla rete. Correva a più non posso. Dietro di lui si sentivano urla e spari, ordini ed esplosioni. Si diresse verso la guardiola dove era sicuro di trovare almeno una chive. La guardiola era vuota e c'era una chiave sulla scrivania. La prese e lesse il numero sulla chiave.121m. Doveva trovare il veicolo 121m. Intanto due blindati lo oltrepassarono in direzione del recinto. Si mise a correre in mezzo al parcheggio dove erano allineati decine di veicoli militari. Un infetto che era riuscito ad oltrepassare le difese lo vide, e come un gatto è attirato da un topo che si muove, lo inseguì. In tre salti lo raggiunse e affondo i denti affilati e mutati dal virus nella carne tenera del polpaccio. Stefano urlò. Un colpo partito da chissà dove fece esplodere la testa dell'infetto. Stefano ormai infetto si diresse verso il veicolo 121m, un camioncino da trasporto, lo mise in moto e grazie alla confusione generale fuggi verso la citta. Ormai tutti gli infetti erano morti, i militari erano riusciti a respingerli. Tutti tranne stefano, che si dirigeva verso la città.

Basta un secondo per morire, ma molti in quel periodo non ebbero questa fortuna.

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