Chapter II - A life on the brink (1/2)

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CHAPTER II - A LIFE ON THE BRINK (1/2) ; 




"Oppa?"

Un bisbiglìo di voci complici accerchiò la fonte di quelle parole e tanti occhi da civetta si illuminarono con fare lezioso.
I gomiti sottili e scarni, così pallidi da riflettere la luce del neon posto poco sopra dei corpi femminili ai quali appartenevano, si incatenarono tra loro generando un botta-risposta di piccoli colpi ravvicinati ed insistenti che, sebbene muti, non passarono di certo inosservati agli occhi del ragazzo indaffarato dall'altro lato del bancone.
La loquacità del picchiettio non trovò alcun riscontro, ma ciò non placò la determinazione imbottigliata in quelle teste cotonate con così tanta lacca da offuscare e quasi annullare l'odore di olio esausto che contaminava l'aria di quel posto, la cui unica fonte sporadica di vento era l'aprirsi e chiudersi della porta d'ingresso situata alle spalle delle giovani.
Labbra gonfie e cariche di rossetto mostravano compulsivamente sorrisi dal chiarore evidentemente falso e, di tanto in tanto, si ricordavano di giocherellare e succhiare con scarsa sensualità ora una cannuccia immersa in qualche bicchiere di Coca-Cola zeppo di ghiaccio, ora le dita pepate di sale proveniente dalle patatine – ormai fredde – accumulate ai bordi dei loro piatti stesi per quasi tutta la lunghezza del bancone dell'American Diner.
Nessuna delle graziose fanciulle sembrava aver ben presente dove si trovasse, e ciò lo si deduceva dall'abbigliamento tutt'altro che casual: paillettes, ombretti turchesi, vestitini blu attillati e corti che stonavano non poco con i bomber verdi e scarpe platform dall'eccessiva colorazione – notevolmente amplificata dalla luce artificiale e a tratti nauseabonda. I suoni circostanti scivolavano in secondo piano man mano che la porta principale sfiorava la campanella posta al suo angolo in alto, i clienti abbandonavano con stanchezza i loro posti tra uno sbadiglio ed un bacio, e ad ogni 'Arrivederci' la serata sembrava finalmente mostrare la fine prossima e tanto agognata di quel turno interminabile.
Le mani impegnate nel reggere gli ultimi bicchieri bagnati e lo strofinaccio pulito per asciugarli non appena estratti dalla lavastoviglie iniziavano ad accusare tutta la stanchezza di quelle ore, ed il freddo appena tollerabile si faceva spazio nell'ultima fase di quel sabato sera dei primi di ottobre.

"Oppa?!"

La voce di prima tornò a solleticargli i timpani, e nonostante fosse di spalle, accovacciato per poter caricare un nuovo ciclo della lavastoviglie – al di sotto del piano lucido su cui si poggiavano piatti e gomiti femminili – la sensazione del giovane fu identica a quella provata durante tutta la serata: fastidio.
Respirò a fondo, chiuse gli occhi e strinse la mascella cercando di modulare per bene frustrazione e parole, e solo dopo essersi lentamente rialzato ed aver dato uno sguardo veloce al grande orologio nero affisso alla parete di fronte, si sentì capace di gestire la conversazione; o meglio, di terminarla: erano le 02:00 quasi, aveva un'ottima scusa per liberarsi di chiunque continuasse ad assillarlo.
Park Seong-Hwa non credeva di avere grandi abilità: non aveva alcun titolo di studio oltre ad un diploma abborracciato, qualche classe di ripetizione in inglese e matematica, 15 anni di calcio alle spalle e nessuno che avesse mai creduto in lui e nelle sue capacità, nemmeno la sua padrona di casa sembrava credergli quando – ogni 15 del mese – il ragazzo le prometteva che la sera le avrebbe pagato l'affitto del suo monolocale. Se c'era una cosa in cui poteva definirsi veramente bravo, però, questa era senza dubbio quella di attirare le persone anche quando sceglieva di respingerle. Più le allontanava, più le attraeva. Era un po' un mistero la meccanica di questo evento che sembrava ripetersi in maniera uguale e precisa, ma lo era tanto per lui quanto per chi gli stava attorno. Nessuno riusciva a spiegarsi come facesse ad attirare così tanto l'attenzione senza desiderarla; soprattutto, nessuno riusciva a spiegarsi perché finisse sistematicamente per rifiutarla. La sua autostima non era di certo delle migliori, e a detta di qualcuno era anche molto meno di quanto lui stesso cercasse di dimostrare, ma per la maggior parte delle persone che incrociavano il proprio cammino con quello del giovane, Seong-Hwa era una sorta di calamita dall'aspetto affascinante e la mente brillante difficile da non voler osservare più da vicino.
Soltanto lui sembrava quello desideroso di essere lasciato in pace, e durante i suoi turni all'American Diner Pub, questa, era davvero l'ultima cosa che potesse capitargli.

Closer ||| ATEEZ AU FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora