3. Il Dubbio

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Draco inciampò uscendo dal camino della metropolvere e finì carponi, sbattendo la testa contro il tavolino di cristallo. Cadde in mille pezzi, frantumandosi e, nel tentativo di rialzarsi in piedi, appoggiò una mano su una scheggia di vetro tagliandosi. "Cazzo", imprecò tra i denti. Il sangue scorreva scarlatto dalla ferita aperta. Trasfigurò uno dei raffinati soprammobili acquistati in Francia da sua madre in un fazzoletto di stoffa per cercare di fermare il flusso. La testa gli girava e a mala pena riusciva a comprendere dove si trovava, gli occhi ancora troppo poco abituati al buio della stanza. Quanto aveva bevuto quella sera? Un bicchiere a casa di Not, due con Zabini, più una bottiglia di qualcosa che assomigliava più a detersivo per i pavimenti che liquore, una volta da solo al pub. Tutte le sere la stessa storia, gli stessi errori. Sua madre non c'era. Aveva deciso di abbandonare Londra e lasciarsi il loro passato alle spalle, lui non poteva. Sapeva che anche andandosene quel luogo, si sarebbe portato appresso gli scheletri che teneva chiusi nell'armadio. Un "crack" secco lo fece sobbalzare, mentre qualcosa o meglio qualcuno si materializzava a pochi metri da lui. "Padron Malfoy!", "Polky", il piccolo elfo domestico si portò subito le mani alla bocca vedendo il disastro che lo circondava e le bende improvvisate. "Polky ha sentito un rumore, Polky era molto preoccupato! Padron Malfoy è ferito, ha bisogno di cure immediatamente!", "Non ho bisogno di cure, Polky. È solo uno stupido taglio, basterà un po' di acqua fredda e qualche giorno per rimarginarsi". La creatura notò inoltre con disapprovazione la bottiglia di alcol dove lui sedeva perfetta, ancora carponi. "Padron Malfoy aveva detto che avrebbe smesso! Padron Malfoy finirà per farsi seriamente del male una volta o l'altra. Polky non può sopportare tutto questo!", Draco sospirò. Sapeva che l'elfo gli voleva veramente bene e che le sue parole erano sincere. Nemmeno lui avrebbe voluto farlo preoccupare così. Il loro rapporto era molto diverso rispetto a quello che aveva mai avuto con altri elfi domestici in casa Malfoy. Ricordava ancora le bastonate che suo padre era solito dare a Dobby ogni qual volta lui avesse osato rallentare, come se fosse stato nient'altro che una bestia o un oggetto al suo servizio. In fondo suo padre era solito trattare così anche gli esseri umani, compreso suo figlio. Si alzò in piedi ripulendosi dalla polvere dei pavimenti. "Polky è venuto a portare un messaggio", Draco rimase un attimo perplesso. L'orologio segnava ormai le due di notte passate. Di quale messaggio poteva mai trattarsi? "Il signor Potter vorrebbe conversare con padron Malfoy", "Il signor Potter? Adesso?". Draco si chiese come diamine fosse possibile che quel dannato quattr'occhi non avesse nulla da fare di meglio a quell'ora di venirgli a fare la predica. Sbuffò rassegnato sapendo che non poteva certo sbattere la porta in faccia ad un suo superiore. La sola consapevolezza di essere ad un livello inferiore rispetto a Potter nella gerarchia del Ministero gli fece venire voglia di vomitare. "Fallo entrare, come se avessi scelta...", un altro "crack" ruppe il silenzio nella stanza e Potter apparve con i suoi capelli arruffati e gli occhialetti tondi puntati sul naso. "Harry Potter! Nella villa Malfoy per giunta! A saperlo avrei chiesto ai domestici di rassettare le stanze!", Draco fece un ampio gesto teatrale ad arco con la mano per indicargli i divanetti in pelle nera. "Prego, accomodati". Harry rimase per qualche secondo immobile a fissarlo, indeciso se sputargli in un occhio per il suo atteggiamento strafottente o se lasciar correre. Optò infine per la seconda, onde evitare di partire già con il piede sbagliato. "Immagino che tu sappia perché sono qui", Draco si sedette di fronte a lui e divaricò le gambe, allungando le braccia lungo lo schienale della poltrona. "Illuminami", lo sfidò senza mai interrompere il contatto visivo. "Vedi oggi quando hai deciso di fare la tua splendida entrata al Ministero...", "Oh è per quello! Ne ero certo!", lo interruppe Malfoy. "Dispiace se fumo?", chiese poi raggiungendo una scatola di Marlboro presa da qualche babbano in centro a Londra. "È casa tua, fa' come ti pare", i capelli biondo platino si illuminato per qualche istante davanti alla fiamma dell'accendino e una nuvola di fumo grigio si sollevò nell'aria finendo in faccia ad Harry, il quale cercò di trattenere alcuni colpi di tosse. "Non sono qua solo per farti la predica riguardo quello che hai combinato davanti a tutti, sebbene penso che non ci sia bisogno che io ti rinfreschi la memoria riguardo al fatto che sono io a farti da garante da dopo il processo", Draco sorrise e fece un altro tiro. "Il processo, vero", disse dopo aver espirato il fumo, "sai Potter, a volte vorrei che tu fossi nei miei panni, per capire cosa vuol dire essere tenuti al guinzaglio così", "Ehi", Harry lo zittì con il gesto della mano, "non venire a fare la predica a me, se non fosse stato per me...", "Se non fosse stato per te sarei ad Azkaban a farmi baciare dai dissennatori, già". La voce di Draco era spenta, priva di emozioni, lo sguardo perso nel vuoto mentre fissava un punto indistinto sulle vetrate della stanza. "Ho cercato più volte di spiegare il tuo pentimento e ho convinto la giuria anche riguardo tua madre, lo sai bene". Lo sapeva e gli era eternamente riconoscente, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Quando tutto era finito, e l'impero di Voldemort era crollato, l'intera famiglia Malfoy, o almeno quello che ne restava, era stata messa a processo per crimini di guerra contro il mondo magico. Suo padre non era stato risparmiato, in quanto braccio destro del signore oscuro, ma Potter si era battuto strenuamente per risparmiare lui e sua madre, dopo che entrambi avevano mentito più volte per salvargli la vita. Un'altra cosa che lo vincolava al ragazzo predestinato, a colui che era stato salvato dall'amore. Ora si ritrovava a svolgere del servizio forzato come Auror all'interno del Ministero. "Le tue doti", gli avevano detto, "seppur controverse, possono esserci di estremo aiuto". Legimenzia, arti oscure, tutte cose che nessuno dell'Esercito di Silente o dell'Ordine della Fenice aveva mai toccato con mano, lui sì. Questo lo sapeva anche Potter, che segretamente provava stima per lui, altrimenti ora non si sarebbero trovati faccia a faccia a discutere. "Allora se non è per le mie sbronzate e per la mia mania di protagonismo sputa il rospo", "Riguarda Neville", Harry si fece immediatamente più serio mentre pronunciava il nome di uno dei suoi migliori amici. Draco annuì con quello sguardo saccente, come se già sapesse che era questo l'argomento di cui voleva discutere. "La lettera che mi hai dato... l'ha scritta veramente lui?", Harry tentennò per qualche secondo. "Non farmi domande di cui sai già la risposta, Potter. Sei molte cose, ma sicuramente non sei uno stupido", "Malfoy, perché mi hai dato quella lettera?", "Perché non me lo dici tu?", i loro sguardi si incrociarono, quattro occhi azzurri come il ghiaccio, impenetrabili. In quei momenti erano più simili di quanto avrebbero mai voluto ammettere. Harry si alzò in piedi e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza nervoso. "Queste violenze di cui parla Neville ad Hogwarts, non sono altro che opere di vandalismo, noia trasformata in rabbia da parte degli studenti Serpeverde", commentò Harry quasi come se stesse parlando a sé stesso. "Davvero? Dove l'hai letto Serpeverde?", Draco sorrise approfittandone dello scivolone, "Vedi, è questo che ti ha sempre fregato: il pregiudizio". Calamai infranti, libri bruciati, scritte sui muri. Harry aveva immediatamente dato la colpa ai giovani membri della casata di Salazar in persona. Neville era stato molto preciso nelle sue descrizioni, il tono della lettera era pieno di preoccupazione ed ansia, ma mai aveva precisato quali studenti fossero coinvolti. "Non ha mai detto Serpeverde", concluse Harry in un sussurro. "Hogwarts non è più la cara vecchia scuola che eravamo soliti conoscere, Potter. C'è stata una guerra di mezzo, ci sono degli orfani in quelle case. Non devo certo essere io a spiegarti cosa si provi". Ancora una volta aveva fatto centro. "Questa questione non mi piace", "Neanche a me", si guardarono per un istante stupiti di essere della stessa opinione. Proprio loro due, che si erano detestati per anni. "Ti andrebbe di occupartene? Un giro veloce, niente più. Aggiungerò una menzione speciale per la tua valutazione al Ministero", "Consideralo fatto". Harry camminò verso il camino senza dire un'altra parola, poi il suo volto scomparve tra le fiamme verdi e sparì.

Secret Santa (Dramione Fanfiction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora