66. Ma perché non siamo nati tutti finocchi?

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"Ragazzi, ma come si sta bene tra noi, tra uomini... Ma perché non siamo nati tutti finocchi?"

(P. Germi, L. Benvenuti, P. De Bernardi, T. Pinelli, Amici miei, 1975)

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Il contatto durò solo pochi secondi, prima che Nic avesse la forza di allontanarsi. 

Si guardarono negli occhi senza dire niente.

Nic non sapeva perché Raf stesse zitto. Lui non diceva nulla perché era confuso, agitato e affannato quasi al limite dell'angoscia.

Non capiva. Non riusciva a capire il gesto di Raf e non riusciva nemmeno a ragionarci su. Ogni volta che i suoi pensieri prendevano una direzione, venivano travolti da altri pensieri che andavano in direzione opposta.

L'espressione di Raf era dolce e triste. Indecifrabile. Il suo viso si avvicinò di nuovo a quello di Nic, che aveva desiderato troppo, e troppo lungo che qualcosa di simile accadesse, per avere il coraggio e la razionalità di sottrarsi.

Chiuse gli occhi e le loro labbra si incontrarono di nuovo, solo che adesso quelle di Raf erano dischiuse, e anche Nic, allora, aprì un po' le sue, fece scivolare la sua mano dietro la nuca di Raf, lo tenne a sé quasi avesse paura che potesse allontanarsi e che quel sogno potesse finire.

Nic non riusciva a crederci. Quello era davvero un luogo che non esisteva nello spazio e nel tempo, dove i desideri più impossibili si realizzavano.

Raf lo stava tenendo per le spalle, mentre si baciavano, e quel contatto così semplice rendeva l'esperienza ancora più vera. Lo vuole davvero, diceva una voce nella testa di Nic, mi tiene vicino, lo vuole davvero. Nic era al culmine della felicità, e quando Raf allontanò le sue labbra e nascose la fronte sulla spalla di Nic, Nic gli accarezzò i capelli, appoggiò la guancia alla sua tempia, e la felicità più grande che avesse mai provato in tutta la sua vita lo spinse a sussurrare di nuovo delle parole che pensava di non saper più come dire: «Ti amo, Raf.»

Il respirò di Raf accelerò, si trasformò in pianto. Nic, che era sempre infastidito dalle lacrime troppo facili di Raffaele, quella volta non si irritò, gli diede un bacio sulla tempia. «Cosa c'è? Non piangere...» sussurrò con il cuore che traboccava d'amore e un unico desiderio: che Raf fosse felice quanto era felice lui stesso in quel momento. 

«Oh, Nic» disse lui singhiozzante. «Ti amo anch'io. Ma non come mi ami tu.»

Quelle parole rimasero sospese nel nulla per parecchi secondi, prima che Nic si scostasse un po' da Raf, sollevasse il suo viso in lacrime con un dito. 

Raf lo guardò, con quei suoi incredibili occhi verdi, ora annegati nelle lacrime. «Perdonami, Nic, non avrei dovuto.»

Il cuore di Nic stava facendo resistenza, stava rifiutando la realtà e cercava scappatoie, cercava disperatamente di rimanere aggrappato a quella felicità irreale, alla favola che poteva realizzarsi solo in un luogo che non esisteva nello spazio nel tempo. 

Ma il suo cervello, che lo aveva sempre salvato dalle derive del suo stupido cuore, anche quella volta venne in suo aiuto, lo riportò alla realtà, la realtà è vera e difficile in cui le favole non si realizzavano mai, in cui non poteva esistere quel tipo di felicità per uno come lui.

«Perché l'hai fatto?» gli chiese. Non era arrabbiato con lui. Era solo triste, e voleva una spiegazione.

Raf apri la bocca. Poi la strinse e scosse la testa. «Stavo per dirti: perché ti amo. Ma non so più se abbia senso definirlo amore. Chiamarlo amore nella mia testa ha creato equivoci anche a me stesso.»

REWIND - Amore è una parola proibita (BoyxBoy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora