4. I sogni son desideri

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I sogni son desideri
di felicità.
Nel sonno non hai pensieri
ti esprimi con sincerità

(S. Freud? No, in realtà A. Curci, I sogni son desideri, 1951)

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Avviso importante: la versione che state per leggere di questo capitolo è stata editata per non violare le regole di Wattpad. Ho tagliato alcune parti e riscritto altre, cercando di non cambiare il senso di ciò che accade. Se volete leggere la versione completa del capitolo trovate un link a un PDF pubblico qui a destra. Vi prego di leggere quella versione perché più completa, autentica e aderente alle mie intenzioni narrative e psicologiche.

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15 settembre 1980

L'appello della seconda D contò ventisei nomi, diciotto maschi e otto femmine. Il quarto nome della lista era stato Bressan. Nicolò Bressan.

Gorizia era una città piccola, ma in confronto a Capriva sembrava una metropoli, e i ragazzi di Gorizia si distinguevano subito da quelli della campagna, a occhio, da come si vestivano: meno sfigati, più cose di marca, ma niente di troppo ostentato.

A Gorizia c'era il cinema e c'erano i bar più belli. Quando si voleva fare qualcosa di interessante, lì in provincia, si finiva sempre a Gorizia. 

Nico la conosceva bene, Gorizia, era ormai un anno che frequentava l'istituto tecnico e ci andava due volte a settimana da quando aveva sei anni, perché il suo circolo di tennis si trovava lì. 

Nico aveva giocato a calcio per mezzo anno, quando ne aveva cinque, nei pulcini del Pro Capriva, ma il suo rapporto col calcio si era interrotto quando un altro bambino aveva deciso di prenderlo a pugni durante un litigio, facendogli un occhio nero.

Era stata sua madre a decidere di toglierlo dalla squadra e Nico ricordava grandi litigi tra i suoi genitori, in merito. «Il calcio lo giocano solo bambini di famiglie contadine povere, invidiano Nico perché ha i soldi e lo pestano» era stata la teoria della madre. Il padre, da iscritto al PCI della prima ora, era inorridito di fronte a quelle parole e aveva accusato la madre di classismo, di essere una «democristiana di merda» e aveva osannato il calcio come sport del popolo. Nico aveva ascoltato quei litigi, da bambino, senza capirne bene il senso, ed era stata sua sorella Fulvia a spiegarglieli, diversi anni dopo: era sempre stata appassionata di politica, sin da ragazzina, leggeva il giornale ogni mattina.

In quella discussione, infine, l'aveva avuta vinta la madre, che aveva proposto a Nico vari sport: pallavolo, nuoto, atletica, tennis. Nico aveva scelto il tennis perché gli era sembrato il più divertente.

E ci aveva visto giusto. Aveva trovato in quello sport una vera passione e un talento che non avrebbe mai sospettato di avere; nel corso degli anni aveva sempre battuto con regolarità tutti i bambini e ragazzi più grandi di lui e aveva già vinto diversi tornei locali, il più importante proprio all'inizio di quell'estate: le provinciali under sedici.

C'erano tre ragazzi nuovi in classe con lui, quell'anno, due maschi e una femmina, molto carina, che si stava dirigendo proprio verso il suo banco a metà classe e lo sorprese con un: «Nicolò?»

Nico aggrottò le sopracciglia. Gli sembrava di aver già visto quella ragazza da qualche parte... ma dove? 

«Sei Nicolò Bressan, vero?» chiese lei. Era davvero molto carina, capelli castani raccolti in una coda a lato della testa, lineamenti minuti e due grandi occhi azzurri decorati da una riga nera sulla palpebra. 

«Sì» rispose infine lui.

«Non so se ti ricordi di me... sto qua a Gorizia da poco, ma ho fatto un paio di allenamenti col gruppo degli scarsi che gioca il martedì dopo di te.»

REWIND - Amore è una parola proibita (BoyxBoy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora