3. Oliver

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L'amicizia è più tragica dell'amore perché dura più a lungo.

Oscar Wilde


▫️


Ora o mai più.

Mi tremano le mani dall'agitazione. Sudo come un maiale anche se indosso una semplice maglietta a maniche corte e l'estate non ha ancora bussato alle porte.

La biblioteca è un luogo sacro dove parlare è una bestemmia, ma, sento l'esigenza di guardarla negli occhi e di esprimere ciò che provo.

Non posso più essere solo un amico.

Le labbra di Alexa sono di un colore rosa delicato: racconta a bassa voce la trama dell'ultimo libro che ha letto e di altre cose futili, ha un viso angelico, i capelli lisci e neri che le cadono lungo le spalle, è davvero bella e sembra non rendersene conto.

Mi tocca il braccio e sorride.

«Davvero mi faresti questo favore?»

«Sì, certo!» Annuisco spostando lo sguardo verso la sua piccola mano sopra il mio braccio. La bibliotecaria mi lancia un'occhiataccia da lontano e m'intima di zittirmi, sussurro le mie scuse imbarazzato.

«Quando lo chiederai a Michael?»

Appena sento il nome di mio fratello cado nella realtà.

Osservo Alexa perplesso.

«Che cosa dovrei chiedere a lui?»

«Te l'ho detto un attimo fa, Oliver! Dove hai la testa? Devo preparare una ricerca approfondita sulle opere di Virginia Woolf entro questa settimana, e, visto che tuo fratello è un appassionato di letteratura inglese ho pensato di farmi aiutare da lui.»

«Sta studiando medicina, ha cambiato strada. Non so se accetterebbe.»

«Tu prova a chiedere, no? Gli ruberò un paio d'ore al massimo, promesso. Sono una tua amica, non credo che si rifiuterebbe di aiutarmi.»

«Non credo nemmeno io.»

«Perfetto, no?» Esclama la ragazza allargando il sorriso contagioso.

Acconsento muto. Alexa mi ringrazia, afferma che sono il suo migliore amico insieme a Jenna.

«Siamo un trio eccezionale.»

Ha ragione, ma la carica d'adrenalina è sparita di botto.

Mi vede solo come un amico, niente di più.

E come posso biasimarla, sono uno sfigato. Ho diciassette anni e non ho mai baciato una ragazza.

Sono timido, impacciato, magrolino e senza muscoli.

Michael dice che l'autostima si costruisce con la pazienza e che io dovrei essere più sicuro di me. Ha ragione, spesso lo invidio per le sue qualità palesi.

E io non sono come lui, forse è per questo motivo che Alexa non mi vede nemmeno.



Non sono mai stato innamorato di Valentina.

Lei lo sa, è il motivo principale per cui ha deciso di cacciarmi di casa con un calcio in culo dopo appena sei mesi di convivenza.

Insieme alle chiavi dell'appartamento le ho lasciato la mia indifferenza sul piano del tavolo dal valore di cinquantamila sterline, sono sparito senza emettere rumore. Sono andato avanti concentrandomi sul lavoro e sulla ricerca di un posto in affitto sostenibile per le mie tasche e, alla fine, sono riuscito a trovare un buco di bilocale nel pieno centro della città.

Valentina continua a cercarmi, piange troppo e mi mette a disagio.

Chiama mio fratello e gli chiede se frequento altre donne, non si leva dalla mia vita e ogni tanto si arrende dandomi il solito appuntamento riparatore che distrugge ancora di più quel poco che è rimasto della nostra misera relazione.

Subisco.

Non la rifiuto ogni volta che vuole avere rapporti sessuali con me, anche se subito dopo si pente dandomi dello stronzo insensibile che la sfrutta per lo stesso motivo per cui mi cerca lei, ma il mio comportamento la carica di rancore, accendo la miccia.

Ogni mio gesto è un passo falso.

È stancante avere una relazione.

L'ho portata a cena in un ristorante italiano, un posto intimo e accogliente collocato in uno scorcio nascosto della zona, con luci calde come sfondo e lampadari minimali che scendono dal soffitto.

Sospiro sotto lo sguardo incattivito della ragazza, è sul piede di guerra: indossa un tailleur color panna, mi scruta con i suoi grandi occhi neri accentuati da un velo quasi invisibile di trucco, butta indietro i capelli mossi ramati con fare teatrale e termina a piccoli sorsi il suo calice di vino rosso.

Elenca uno alla volta i miei difetti anche se li conosco a memoria, ed è una scena pietosa che si è ripetuta tantissime volte, nell'ultimo periodo.

«Se sono così pessimo che cosa vuoi da me, esattamente?»

La mia domanda legittima peggiora la situazione.

Valentina si alza in piedi regalandomi uno sguardo omicida.

Esce dal ristorante con una nota di teatralità che nemmeno m'impressiona più per quanto mi sono abituato, mentre s'incammina continua a interpretare la sua scenata attirando l'attenzione di tutti i presenti.

«Sei un fallito! Un disperato che lavora gratis per il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, finirai per diventare l'avvocato delle cause perse! Non posso avere un futuro decente con te, addio!»

«Speriamo che sia la volta buona.»

Valentina si ferma e torna indietro, oh no.

Prende il calice di vino e me lo getta in faccia, resto allibito. Il liquido rosso macchia in parte la camicia bianca, il viso diventa dello stesso colore del vino dalla vergogna.

Vengo soccorso da un cameriere imbranato che mi porta un pacco di tovaglioli di carta con cui asciugarmi, mormora che la mia fidanzata è fuori di testa.

«Non è più la mia fidanzata, grazie al cielo» preciso io seccato dall'ennesima brutta figura.

Partono le note del ritornello di Mad about you, rispondo al cellulare in maniera distratta mentre cerco di alleviare un minimo la macchia rossa sulla camicia.

«Sì, pronto?»

«Oliver?»

«Scusami, non è un buon momento... Sono in un ristorante e ho appena litigato con quella sclerata della tua amica» rispondo a Jenna tenendo lo schermo del cellulare abbastanza vicino all'orecchio.

Chiedo il conto al cameriere con un cenno della mano e lui sparisce in fretta portando in cucina i piatti vuoti e un mucchio di tovaglioli impregnati di vino dal sapore amaro. 

«Domani sera non porterò a cena nessuno, forse non verrò nemmeno. Sono ufficialmente single, se è questo che mi vuoi domandare.»

«Non ti ho chiamato per questo motivo» replica lei con un tono di voce strano. «Alexa è tornata.»

«Ma che dici?»

Per un momento penso di aver capito male.

«Stai scherzando, vero?»

«Sono seria. È venuta a trovarmi questo pomeriggio e abbiamo parlato del più e del meno, ed è stato strano... Ma bello. Credo che possa farle piacere incontrare anche te.»

«Michael lo sa?»

Jenna evita di rispondere alla mia domanda.

«Domani sera, per favore... Vieni.»

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