Quella mattina, Rain si svegliò riposato. E per lui, non era affatto un avvenimento scontato.
Quando era più piccolo, spesso gli capitava di avere brutti incubi durante la notte e, come qualsiasi bambino esistente sulla faccia della Terra, il suo primo e unico istinto era quello di scappare in camera dei suoi genitori per farsi coccolare un po'. Tuttavia, suo padre "si era bevuto quel trucchetto" solo per un annetto o giù di lì e, non appena Rain compì sette anni, fu costretto ad andare a trovare una signora anziana - di nome "Dottoressa Mariani" - almeno una volta a settimana. "Lei è capace di aiutare i bambini, e insegna loro come evitare di sognare per non avere brutti incubi": era la frase spesso pronunciata da Olivia quando suo figlio domandava il perché di tutte le visite fatte alla dottoressa. Solo qualche anno dopo, Rain finalmente capì che si trattavano di sedute psichiatriche.
Al giovane erano serviti i metodi astrusi della dottoressa, perché lui non sognava più. Almeno, questo era ciò che il meccanismo ormai ben innescato nella sua mente voleva fargli credere. La dottoressa gli aveva detto che era impossibile non sognare, ma era invece più che possibile dimenticare i propri sogni.
Rain stentava a credere che, in un periodo in cui entrambi i suoi genitori lavoravano e potevano permettersi qualche "lusso" in più, avessero proprio deciso di far dimenticare per sempre al loro stesso figlio come sognare. Gli sembrava uno spreco di tempo per lui, e di denaro per loro. Ma questo non poté mai rivelarlo.
In quel momento il ragazzo dai capelli corvini fissava il soffitto in maniera del tutto rilassata. Ad un certo punto però, quella silenziosa quiete mattutina venne interrotta da due voci.
Una di Luna e l'altra di Kelsey. La prima, aveva a stento salutato il suo coinquilino in quell'ultima settimana: sempre indaffarata, sempre di fretta. La seconda, invece, aveva incuriosito Rain a tal punto che iniziò a uscirci insieme. All'inizio, la considerava una conquista. Adesso non ne era poi tanto certo: si era accorto quasi immediatamente di quanto quella ragazza fosse poco disposta a flirtare. Il motivo? Semplice, era fidanzata, con tanto di promessa e anello sul dito a confermare il tutto.
Un peccato, aveva pensato Rain.
«Credi davvero che non glielo abbiano detto?» Kelsey parlava in maniera talmente trafelata da far rabbrividire per un secondo il giovane, che si alzò su due gomiti improvvisamente incuriosito da quella conversazione quasi sussurrata.
«Kelsey, non lo credo soltanto. Ne sono assolutamente certa». La coinquilina aveva risposto in maniera talmente lesta e sbrigativa, da far rizzare maggiormente la ricrescita di peluria sulle braccia di Rain.
Sapeva che non stessero parlando di lui, eppure non riusciva a smettere di origliare. Odiava farlo, ma più passava il tempo, e più quel ragazzo si sentiva solo: ascoltare le conversazioni altrui, pensava, era l'unico modo che aveva per potersi sentire in compagnia.
La voce bassa e pacata di Kelsey sembrava di essere un'ottava più alta mentre esclamava: «E non credi che sarebbe opportuno fare più attenzione?!».
«Non posso seguirlo, Kelsey. E poi, non è ancora pronto». A Rain non pareva essere possibile, ma Luna era la più tranquilla di tutta la conversazione.
«Non sarà mai pronto, Luna!» Sbraitò l'altra, che ormai sembrava quasi essere in preda a una crisi di nervi bella e buona.
La curiosità, tuttavia, non ebbe la meglio sul giovane ragazzo, perché decise di troncare immediatamente qualsiasi conversazione stessero avendo le due donne all'interno del suo angusto alloggio. Non lo fece per maleducazione, ma perché preferiva fare in questo modo piuttosto che continuare a origliare.
Quando la porta della camera di Rain si spalancò, procurando un sonoro tonfo quando sbadatamente gli scivolò dalle mani e andò a sbattere contro il muro a sinistra, entrambe le ragazze sussultarono e girarono il capo in direzione di Rain, il quale tentò in tutti i modi di rivolgere loro un mezzo sorriso forzato.
«Buongiorno, ragazze!». Se possibile, la voce del giovane parse falsa e insicura anche a sé stesso. «Kelsey» continuò in un secondo momento, chinando il capo verso la bionda, che in contemporanea iniziò a guardarsi le punte delle scarpe.
«Se non ti avessi conosciuto, avrei detto che stessi origliando».
Quando Luna esordì con quella frase, a Rain scappò una risatina, forse dettata dal senso di inadeguatezza che stava provando in quel momento. Luna non lo conosceva, affatto, eppure non era la prima volta che sembrava sapere qualsiasi cosa lo riguardasse.
Perfino meglio di quanto sapesse lui riguardo a sé stesso.
Il ragazzo si passò distrattamente una mano tra i capelli, cercando di sminuire in qualsiasi modo il silenzio imbarazzante che stava andando a crearsi in quel momento.
Tuttavia, quella calma apparente durò poco, perché un tonfo riecheggiò in tutta l'angusta dimora dei giovani, facendoli sobbalzare.
«Che cos'è stato?» Domandò Rain con voce stridula.
Con le spalle larghe che lo contraddistinguevano, sapeva che quell'atteggiamento non lo potesse rappresentare affatto, ma un rumore così forte avrebbe messo in guardia anche un giocatore di boxe.
Il tonfo, tuttavia, non fu l'unico rumore che Rain riuscì ad udire prima di girarsi in direzione della porta d'ingresso.
Un ringhio basso e terrificante iniziò infatti a far eco all'interno dell'angusta dimora dei giovani.
E poi lo videro, era imponente e alto quanto una montagna. Aveva il pelo bianco e gli occhi spiccavano in due accecanti luci rosso fuoco. Rain rimase a bocca aperta, perché non si capacitava di come un lupo a due zampe potesse trovarsi in quel momento preciso lì, nel salotto di casa sua a ringhiargli contro come se non fosse solo un animale, ma anche una persona assetata di sangue.
In un istintivo impeto di protezione, il ragazzo si girò verso le giovani accanto a lui.
Con sua grande sorpresa, però, nessuna delle due sembrava spaventata, scossa, o bisognosa del suo aiuto.
«Puoi anche smetterla, Nate. Lui non sa ancora nulla» Proferì parola Luna, emettendo un sonoro sbuffo e alzando gli occhi al cielo.
Kelsey, nel frattempo, aveva piegato un angolo della bocca verso l'alto, come a voler soffocare una risata di gusto.
La voce gutturale e spaventosa risuonò nella stanza, e se Rain non fosse troppo curioso per capire cosa stesse succedendo, sicuramente sarebbe svenuto dallo sgomento. «Ancora nessuno gliel'ha detto?» Ringhiò la bestia.
«Quando sarà il momento, lo faremo». Luna incrociò le braccia sotto al seno per poi girarsi verso la sua amica dai capelli biondi. «Quando vuoi, Kelsey, procedi».
Un attimo dopo, la ragazza si avvicinò a Rain, che non sapeva più se tremare soltanto, come stava già facendo, o scappare via a gambe levate.
«Durerà solo un attimo» sussurrò la ragazza, mentre prendeva tra i palmi la testa di Rain e la tirava con un leggero strattone all'indietro.
Il ragazzo, ancora scioccato per la scena di poco prima, si mise quasi a singhiozzare dal dolore che iniziò ad attanagliare ogni singola parte del suo corpo, prima di accasciarsi al suolo.
Dopodiché, solo il buio.
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La pioggia di luna piena
FantasyRain non aveva vissuto un'infanzia felice. Costretto a lavorare in fabbrica fin dalla tenera età, non appena possibile colse l'occasione per scappare dalla sua piccola casa trasandata e respirare la libertà di cui aveva sempre avuto bisogno. Tuttavi...