«Lieto di conoscerti, Luna. Senti, io...». Rain fece per indicare col pollice il furgone - o, più nello specifico, gli scatoloni -, così che la ragazza potesse spiegargli come poter procedere con il trasloco, ma prima che potesse finire un discorso, lei l'aveva già battuto sul tempo.
«Sì sì, molto interessante». Enunciò con fare sbrigativo, mentre prendeva un mazzetto di chiavi da un comò adiacente alla porta e lo schiaffava con forza tra le mani di Rain, il quale rimaneva sempre più interdetto. «Questo è il tuo mazzo di chiavi. Fai come se fossi a casa tua». Fece una leggera risata, che a Rain provocò un brivido di freddo lungo la spina dorsale. «Bè, teoricamente questa è più casa tua che mia. Divertiti, ci si vede in giro!». Enunciò infine la giovane, mentre tirava sulla testa il cappuccio grigio della sua felpa e si dirigeva chissà dove.
Rain non riuscì a proferire subito parola o a compiere un solo movimento. Era appena stato umiliato da una ragazza. Era abituato a quella situazione, ormai. Ma con Luna qualcosa non tornava. C'era qualcosa di diverso in lei, e Rain era abbastanza testardo da poterlo scoprire senza molti indugi.
Prima di fare ciò, tuttavia, doveva iniziare la sua nuova vita. Nessuna distrazione.
La madre intanto, che lo guardava dall'abitacolo con un'espressione tanto sbigottita quanto la sua, cercava di fare più gesti possibili con braccia e mani per attirare l'attenzione del ragazzo.
Quando Rain finalmente riuscì a riprendersi dall'accaduto, prese sua madre e l'accompagnò sotto braccio - con molta attenzione e cura, perché chi mai avrebbe voluto sentirla se si fosse bagnata un centimetro di capelli - all'interno della sua dimora.
La casa si presentava come un qualsiasi cottage sgualcito di periferia. La striminzita hall d'ingresso si affacciava sul soggiorno, caratterizzato da un semplice divano grigio in similpelle evidentemente consumato dal tempo e una vecchia tv poggiata su un'altrettanto antiquata superficie in legno. Alla loro sinistra, scorsero un esiguo tavolino rotondo in legno, contornato da tre sedie del medesimo materiale e, dietro quest'ultimo, si ergeva un muretto a mezza altezza che lasciava intravedere la cucina, prettamente arredata in conformità al color senape e allo stile inglese. Alla sua destra, invece, erano presenti due porte in legno chiuse, e quelle - pensò Rain - avrebbero dovuto essere le camere da letto.
Il ragazzo non poté fare a meno di notare l'espressione delusa e quasi schifata della madre. «Solo tu potevi scegliere un posto del genere». Enunciò infatti, mentre toglieva lentamente il braccio dalla presa del figlio e arricciava la bocca in segno di dissenso.
Rain trattenne a stento una risata, prima di mettersi all'opera per poter portare dentro tutto il necessario che ancora era dentro al furgone.
Rain amava molto la pioggia: lo calmava e lo aiutava a pensare in maniera lucida.
Il giorno prima, tuttavia, era stato stancante portare tutti quegli scatoloni fino alla sua camera - che, tra l'altro, aveva scoperto essere spoglia di qualsiasi cosa, perfino della carta da parati.
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La pioggia di luna piena
FantasíaRain non aveva vissuto un'infanzia felice. Costretto a lavorare in fabbrica fin dalla tenera età, non appena possibile colse l'occasione per scappare dalla sua piccola casa trasandata e respirare la libertà di cui aveva sempre avuto bisogno. Tuttavi...