Ep.3 Il Mercato Nero

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«Molto spesso mi chiedono se il nome Aenlin significa qualcosa. Tutti i nomi elfici hanno un significato, ma il mio non è nulla di particolare. È quasi... doloroso. Volete conoscerlo?» La moglie dell'Artista cercò di iniziare una conversazione con Niobe ma questa non le rispose. Continuò a guardare la strada in leggera salita, oltre il finestrino della carrozza. «Non vi aspettavate tanta segretezza? Tutti gli habitué del Mercato Nero hanno i loro metodi per raggiungerlo. Chi è al limite della legge striscia nelle catacombe. I nobili più altolocati se ne lavano le mani assumendo intermediari, mentre chi ha bisogno di scegliere di persona la propria merce si adopera per non farsi scoprire, come ha fatto mio marito.»

«Zuccherino...» tagliò corto Niobe. «Abbiamo già cambiato carrozza due volte e ad ogni cambio alte carrozze identiche sono uscite dalla stessa scuderia prendendo direzioni diverse. All'ultimo cambio le ruote e gli zoccoli dei cavalli sono stati avvolti con stracci e lacci di cuoio per attutire il rumore nelle strade, mentre il cocchiere è più armato e abituato a tagliar gole di noi due messe assieme.» Parlò senza emozione e la guardò in volto solo all'ultimo secondo. «Senza un pezzo di luce» disse come una sentenza. «È questo il significato del tuo nome: Aenlin. Incompleta. Con un intimo bisogno di appartenenza. L'immagine in uno specchio che non si riflette nella realtà.»

Gli occhi delle due si incontrano, irrilevanti e allo stesso tempo sospesi su quel che avrebbe potuto essere. Fu Aenlin a parlare per prima: «Niobe...» nel nome era già contenuta la domanda. «Cosa significa?»

La carrozza si fermò e la ragazza non rispose. Senza parole, alzò il cappuccio e scese dall'abitacolo. Aenlin la seguì e il vagone dondolò leggermente. I cavalli ripartirono e il lamento del vento arrivò da ogni direzione, come il dolore di quella terra. Aenlin s'incamminò svelta su per la collina che era stata l'ultimo scenario della rivoluzione Dorlindoriana, periodo di sconvolgimento sociale, politico e culturale per l'intera nazione. Quella primavera del popolo portò all'abolizione della monarchia assoluta e alla rapida proclamazione della repubblica. Portò alla stesura dei diritti del cittadino, fondò la costituzione e di contro vide l'esecuzione pubblica di tutti i nobili dell'epoca per decapitazione, proprio su quella collina, dove ebbe luogo l'ultima, disperata resistenza.

Era recintata da un muro di pietra ormai crollato in molti punti e sulla sua gobba sterile tetre rovine erano disseminate ovunque. Vecchie dimore spuntavano dai tumuli, come in un cimitero potevano riemergere le bare sopra la terra delle fosse.

Aenlin liberò un passaggio e con la spalla spinse quel poco che bastava un cancello di lance arrugginite. «Entriamo da qui. Siamo quasi arrivate» avvertì. E come ombre nelle ombre, scivolarono sotto lo sguardo di enormi statue angeliche ricoperte da rose essiccate, intagliate con tanta maestria da farle sembrare vive. Gli occhi vitrei dei corvi appollaiati sui rami le osservarono per tutto il tempo. Qualcuno gracchiò e infine Aenlin entrò in una chiesetta diroccata, la cui unica caratteristica era un campanile, alto e ben visibile da ogni punto della collina. In quel luogo, la resistenza nobiliare si era riunita per l'ultimo consiglio, prima di essere sconfitta e infine giustiziata.

«Quando entrai qui la prima volta mi sembrò quasi di aver lascito il mio stomaco da un'altra parte» bisbigliò. Alzò la mano e fece segno a Niobe di fermarsi. Restò in ascolto qualche istante, poi salì le scale a chiocciola del campanile come una freccia. L'ombra le cadeva alle spalle e Niobe la calpestava tenendo il passo, seguendo la curva del muro con le mani. Le scale di pietra erano fredde, consumate, lisce e regolari. E salirono, salirono, salirono, fino a quando a Niobe sembrò di essere più in alto del campanile stesso. Un vento gelido risalì dalla base della torre e s'insinuò sotto i suoi vestiti. Rabbrividì e alla fine arrivò in punta alla costruzione, in silenzio e ammirazione.

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