Ep.5 Un patto è un patto

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Con un tarlo in testa l'Artista guardava la città oltre la finestra del suo studio, come in una sfera di cristallo. Non era preoccupato, ma qualcosa nella sua mente gli diceva che aveva sbagliato mossa. Aprì meglio gli occhi. Incrociò le mani dietro la schiena e iniziò a contare le decine di fiaccole che si avvicinavano alla sua dimora, come una processione di formiche. Avere una Malleus per nemica non era cosa di tutti i giorni e quegli avvoltoi dei suoi soci in affari non si erano lasciati sfuggire l'occasione di guadagnare qualche credito prestandogli qualche uomo. Ogni fiamma era un mercenario, una guardia o un tagliagole in più messo a sua disposizione per risolvere la faccenda. Otto uomini dal notaio Navira. Quattordici da casa Anrat. Venti gendarmi prestati dal capitano Tucà della guardia cittadina, più altri ancora. Erano molti ma il dubbio rimaneva; sarebbero serviti a qualcosa? Erano sufficienti? Troppo scarsi? O erano solo la contrazione di un inutile debito?

Qualcosa nei piani dell'Artista era andato storto, eppure non era uno sprovveduto. Aveva capito fin dall'inizio che Niobe era la Malleus proprietaria di quel sangue nero, e l'aveva compreso per due ragioni. Due provette erano troppe e il sangue era stato spillato da pochissime ore. Di chi poteva essere se non il suo? L'Artista buttò un occhio alla scacchiera con la partita lasciata in sospeso. Si avvicinò e studiò il gioco impostato dalla sua avversaria. Quel maledetto cavallo nero in d4. Doveva distruggerlo. Mosse il suo a elle da f3 e lo tolse di mezzo. Perché esporsi così tanto? Cosa c'era in agguato?

In un primo momento l'idea di imprigionare una Malleus lo aveva entusiasmato. L'avrebbe spremuta fino all'ultima goccia e trasformata in arte. Tuttavia, la sicurezza aveva lasciato campo alla disattenzione e quando dal Mercato Nero erano giunte le ultime notizie, la paura di una conseguenza gli strisciò lungo la schiena come una lumaca di ghiaccio. Cos'era andata a fare Niobe in quel luogo? Si chiese l'Artista. Come era fuggita da quella dimensione? Che fine aveva fatto sua moglie? Il mattino... avrebbe portato delle risposte? Spense lo stoppino e nell'aria rimase solo un tenue odore di olio combustibile.

Dall'altra parte della strada, pochi tetti più in là, Niobe vide la luce nella stanza del suo bersaglio spegnersi. Appostato in strada, Har-Canis colse il suo segnale e contò una ventina di guardie sul lato della villa che avevano deciso di attaccare. Erano in molte e in tutta probabilità non si aspettavano di essere assalite. "Un lavoretto facile facile" pensò il Lu-Har.

Con dei gesti indicò ai suoi piccoli ghoul di farli fuori tutti, nessuno escluso. Poi indicò un bersaglio ad Aenlin e la costrinse a prendere la mira con la balestra magica che Niobe aveva preso dal suo negozio. «Non preoccuparti per le munizioni. Su questa balestra i dardi appaiono da soli nel momento in cui premi il grilletto. L'impugnatura risucchia un po' della tua essenza vitale e la trasforma nelle munizioni che utilizzerai. Perciò mira bene e se puoi falli crepare assieme.» Indicò un gruppetto di sentinelle. «Fammi vedere se gli elfi sono tanto bravi con le frecce come dicono.» Sorrise e fece un passo indietro nell'oscurità.

Aenlin spinse la spalla contro il calcio dell'arma e un secondo prima che tre guardie fossero sulla stessa linea di tiro piegò l'indice sul grilletto, come un piccolo artiglio. Una freccia di luce si formò sulla pista d'incocco e quando la corda partì, il dardo si conficcò all'istante nella tempia del primo uomo, sfondò l'elmo e uscì dall'altra parte. Trapassò poi la gola di quello alle sue spalle e fermò la corsa nell'occhio dell'ultimo della fila, toccandogli irrimediabilmente il cervello. Nessuno dei tre urlò e i ghoul di Har-Canis trascinarono i corpi nei cespugli, per nasconderli, forse mangiarli. Aenlin uccise altre quattro persone prima che il tonfo sordo di uno dei colpiti mettesse in allarme tutte le altre guardie.

«Ci attaccano!» urlò un uomo accucciandosi dietro la roccia al centro del giardino di sabbia. Quando si sporse per guardare un dardo lo colpì e gli attraversò la fronte, strisciando sulla guancia del mercenario alle sue spalle. L'uomo sfiorò il graffio con il dito e guardò il sangue sulla stoffa del guanto «da dove...?» Cadde a terra scosso dalle convulsioni, con la schiuma alla bocca. Gli occhi smarrirono la pupilla e all'improvviso il suo corpo si rilassò nella morte con una palpebra più chiusa dell'altra. Il sangue non smise di uscire dal naso, né dagli occhi, né dalle orecchie.

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