Ep7 L'indagine del Capitano Lepracaun

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La notte precedente il Capitano Uipelet aveva lasciato gli scuri aperti delle finestre apposta per far entrare la luce dell'alba. I raggi di sole attraversarono i vetri trasparenti, diventarono più caldi, più luminosi, elusero la protezione delle palpebre e svegliarono la ragazza con le guance ancora calde di sonno.

Si sedette sul bordo del letto scostando le coperte, poi camminò a passi decisi e gli occhi ancora semichiusi al tavolo da trucco per darsi una sistemata. Qualcuno aveva lasciato lì una bacinella, un panno e una brocca d'acqua. Fu grata di quel gesto, ma ancora non era abituata al servilismo dei suoi subalterni. Era stata educata a provvedere a se stessa, ma comprendeva anche che il ruolo di Capitano esigeva un certo distacco da parte sua. Perché lei potesse svolgere al meglio il suo ruolo, altri dovevano provvedere al posto suo a certe cose. Si raddrizzò, si strofinò i profondi occhi color fantasma per sentirli meno stanchi e si asciugò il viso, scuotendo il piccolo naso roseo, caratterizzato da un taglio longitudinale, come quello di una lepre. Non riuscì a guardare nello specchio davanti a lei per via della sua cecità, ma si chiese lo stesso se il riflesso le stesse restituendo lo sguardo. Era una lepracaun molto slanciata, con gambe più lunghe delle braccia, abile nel salto e nella corsa. Aveva la pelle color caffelatte, il volto leggermente a punta, sottili dita artigliate alle mani, grossi piedi da coniglia, lunghe orecchie leporine coperte da una fine pelliccia color argento, nera sulle punte, e lunghissimi capelli bianchi come neve che toccavano le natiche, dove spuntava il batuffolo della coda. I sui tratti, a metà tra quelli di una ragazza e una lepre, la rendevano una creatura esile e incantevole, quasi fiabesca, ma se il suo fisico rifletteva il bisogno di avvertire con estremo anticipo il pericolo, lei non era mai fuggita davanti a un predatore, e questo le era valso il titolo di Primo Capocaccia.

A tal proposito il Consiglio dei Giudici le aveva affidato la missione di ritrovare Aenlin Ered Luin, sorellastra di uno di quei Giudici, più importanti dei re, che dovevano preservare la pace e l'armonia tra le nazioni.

Tre cameriere entrarono nella stanza, ma Uipelet le cacciò via come un branco di galline invadenti. Chiuse la porta a chiave e finalmente poté indossare il suo completo da caccia. Aprì il baule che lo conteneva e lo annusò. Quanto tempo era passato dall'ultima volta?

L'odore di quel leggero completo di pelle scura le ricordava i tempi in cui era ancora un'apprendista cacciatrice, quando dormiva nelle stalle e le notti erano dolci e sfumate sotto le stelle. Ricordò i suoi sogni rivestiti dalla calda e stanca soddisfazione degli animali trattati bene che dormivano, si muovevano, e facevano rumore nel buio intorno a lei.

Il suo cuore sorrise mentre ricordava gli uggiolii dei cani e dei puledri che sognavano sgambettando vicini. Sì, gli animali sognavano e si lanciavano in corse immaginarie coricati sul pavimento. Per un istante con il naso respirò il profumo di quei vecchi compagni. Il corpo ne riprodusse il calore, e tutto si unì per dar vita a un dolce ricordo, come il profumo di pane che si sollevava da una pagnotta appena sfornata. Eppure, adesso, quel mondo non esisteva più.

Tra quelle mura, in quelle stanze di stoffe ricamate, mobili intarsiati e fredde pietre, non c'era nessuna giumenta contro cui rannicchiarsi per sentire il calore del cucciolo nel suo pancione. Nessun guaito di piccoli fratellini dalle orecchie penzolanti, né altri animali nelle vicinanze che potessero farla sentire meno sola. Ora era diventata il Primo Capocaccia, e dopo quel ruolo le era stato offerto il posto di Capitano della guardia al servizio di un Giudice ambasciatore.

Con quei pensieri in testa, si vestì. Infilò il body nero di pelle filigranata. Indossò un secondo strato di veli trasparenti, e un terzo composto da una sottile armatura lavorata a sbalzo. Sul metallo erano raffigurati tralci argentati che salivano, ma somigliavano anche a onde del mare, a nuvole e a piccoli animali che cambiavano forma. Allacciò i parastinchi e i para-cosce di metallo modellati apposta per sembrare delle autoreggenti, mentre ai piedi calzò delle scarpette corazzate dotate di quattro artigli sulle punte e un tacco altissimo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 31, 2022 ⏰

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