Oceano Atlantico, 1757
Quella mattina di gennaio il cielo era insolitamente limpido per il periodo dell'anno, tanto che l'occhio poteva spaziare per miglia in qualsiasi direzione, fino all'orizzonte, senza che un'ombra di foschia ne impedisse la veduta. Il vento gelido gonfiava le vele spiegate come enormi palloni, facendole vibrare a ogni raffica, e le sei navi, come spinte dalla mano di Dio, scivolavano senza peso sull'acqua, in un'incessante altalena tra onde voraci e mulinelli gorgoglianti.
L' odore della salsedine investiva l'aria umida, diventando sempre più pungente man mano che la flotta procedeva verso il largo, lasciandosi alle spalle la costa che scompariva progressivamente oltre la superficie argentea del mare. In poco tempo lo sciabordare incessante e lamentoso delle navi sovrastò ogni altro rumore e il rollio aumentò.Roland De Chêne, a bordo della 'Jules', una fregata di ottanta tonnellate armata di ventiquattro cannoni, scorreva pensieroso con lo sguardo da un vascello all'altro, soffermandosi sulle forme tozze, che li rendevano troppo lenti e difficili da manovrare, e divagando in modo distratto sulle modifiche che si sarebbero rese necessarie una volta giunti a destinazione. Avevano lasciato l'ammiraglia Soleil Royal, dopo la battaglia di Minorca, e ora procedevano con il vento in poppa verso una nuova missione.
Involontariamente i ricordi, che niente avevano a che fare con la missione, riaffiorarono. Cullate dalla sensazione di tranquillità che il mare aveva sempre saputo infondergli, immagini del passato si sovrapposero alla visione reale, in una dolorosa giostra di rimpianti.
L' immagine di Dike che lo guardava delusa irruppe con prepotenza nella mente, balenandogli davanti agli occhi e riempiendogli le orecchie di un silenzio opprimente. Il timore di una frattura irreparabile tra di loro incombeva nel suo animo.Si appoggiò con lentezza al parapetto, lo sguardo fisso, l'espressione indecifrabile. La rivide scagliarsi contro di lui, silenziosa e rapida. Piccola, bella e con gli occhi bui, come una notte senza stelle. «Come hai potuto!»
Inutile difendersi, a lei non importava che lo avesse fatto per vendicarla. Per lei contava solo che avesse rotto la promessa che le aveva fatto di non uccidere umani, se non strettamente necessario. Il piccolo sfregio sulla guancia di lei non era abbastanza. Il fatto che quel miserabile uomo le avesse messo le mani addosso non era rilevante.
L'espressione di Reaper divenne una maschera di collera. Avrebbe ucciso Filippo de Touret mille e poi mille altre volte ancora al solo pensiero che l'aveva sfiorata. No, non l'avrebbe persa per quello! Tornato dalla missione che il Re di Francia gli aveva affidato, l'avrebbe riconquistata.
Era più di un secolo che si amavano e una piccola incomprensione non avrebbe cambiato le cose. La sua mente vagò negli anni trascorsi fino a trovare un antico ricordo.Era il 1649, avevano entrambi diciannove anni. Si stavano allenando duramente a combattere sotto gli occhi vigili della Tarasova. Devil si era accanito più del solito contro di lei, la cercava sempre durante le battaglie di allenamento perché considerava una sfida troppo allettante riuscire a batterla. Non gli era mai riuscito. Quella volta stava esagerando e lui si era messo di mezzo. Dike allora aveva lasciato infastidita gli allenamenti, lui l'aveva seguita fin dentro la camera da letto. Quella che un tempo avevano diviso, ma che da qualche anno la Tarasova l'aveva costretto a lasciare. «Siete troppo cresciuti per dormire insieme», aveva sentenziato quando entrambi avevano protestato.
«Non sono debole», gli aveva detto Dike, accigliata. «Non mi nasconderò dietro di te ogni volta che ci sarà pericolo solo per farti stare più tranquillo. Non sono stata abituata a farlo e non comincerò adesso. Non mi vedrai umiliata a elemosinare la tua protezione.»
«Cosa diavolo stai dicendo», aveva ribattuto lui, infastidito. «Devil stava esagerando e mi sono sentito in dovere di intervenire!»
Lei aveva scosso la testa. «Sono forte e so proteggermi. La mia cecità non fa di me un'inferma. Sono abituata a non contare su nessuno all'infuori di me stessa. La Tarasova mi ha sempre messo in guardia dal mettere la mia vita nelle mani di chi mi sta accanto...»
Si erano guardati negli occhi, anche se lei non aveva potuto vedere quelli di lui. La forza di volontà che lui le aveva letto nello sguardo lo aveva annichilito. Non aveva mai incontrato una creatura così incantevole e altrettanto forte e determinata. E ne era rimasto affascinato. Avvinghiato come un pesce nella rete.
«Vieni qui» le aveva detto, roco. Lei aveva obbedito. Le aveva sollevato il mento e l'aveva baciata, assaporando le labbra morbide e godendo del suo tenue respiro, del tremito impercettibile della sua gola, sotto la sua carezza.
«Hai acceso un incendio» le aveva bisbigliato contro la bocca. «Adesso dovrai domarlo.»
Aveva aspettato la reazione oltraggiata di lei, che non era arrivata. Aveva esultato. Era stanco di reprimere ciò che sentiva per lei, stanco di baci rubati, di cui poi nessuno dei due parlava, come se non ci fossero mai stati. Stanco soprattutto dei divieti della Tarasova. Andasse al diavolo pure lei! Erano loro ad avere il potere, non la balia umana che ormai aveva assolto il compito di guidarli fuori dall'infanzia. Era andato verso il letto e si era steso, le braccia dietro la nuca, in una languida posa di attesa.
«Spogliati, Dike. Dammi il piacere di guardarti.»
Lei gli era sembrata, per la prima volta, come una bambina impaurita. Gli aveva dato le spalle, intimidita.
Reaper aveva aspettato con una pazienza che non avrebbe mai creduto di possedere, fino a quando, finalmente nuda, lei non si era fermata, e aveva incrociato le mani sul petto. Allora lui si era sporto, l'aveva presa per la vita e se l'era tirata in grembo.
Le aveva infilato una mano tra i capelli e baciata, di nuovo, con passione, accogliendo con un gemito lo schiudersi delle sue labbra. Dike non aveva potuto fare altro che abbandonarsi a una risposta che le era salita dal cuore. Aveva intrecciato le dita sottili al suo collo, gli aveva premuto contro il proprio corpo, scosso da brividi infuocati, desiderosa di perdersi tra le sue braccia, pronta a dargli tutto.
Nell'istante in cui lui aveva staccato le proprie labbra dalle sue, Dike aveva sentito il freddo contatto di qualcosa di freddo sulla pelle, all'altezza del cuore. Aveva afferrato e riconosciuto un piccolo pugnale gioiello. Lui lo aveva comprato tempo prima da un mercante con l'intenzione di regalarglielo come pegno d'amore, non aveva mai trovato il coraggio fino a ora. Lei aveva sorriso. Lo aveva toccato accarezzando l'impugnatura tempestata di pietre preziose. «Meglio di un anello nuziale!» aveva esclamato.
«Penso di averlo comprato per te con questa precisa intenzione.»
«È per sempre?» gli aveva chiesto.
«Per sempre» gli aveva risposto.
Era appena riuscito a togliersi le brache che lei lo aveva circondato con le braccia e gli aveva stampato un candido bacio sulle labbra chiuse. Reaper aveva sentito un fremito di eccitazione. «Sai fare di meglio, Dike.»
Con il cuore che galoppava nel petto, Dike lo aveva attirato di nuovo verso di sé e baciato. Lo aveva fatto con trasporto, mettendoci amore, passione, desiderio. Lo aveva stuzzicato con la lingua, e quando aveva incontrato quella prepotente di lui, era stata attirata irrimediabilmente in un erotico duello, nella lotta appassionata per il dominio.
Era divenuto un contatto frenetico, violento. Lui aveva perso ogni senso della realtà, il sapore di lei lo aveva drogato, i suoi gemiti, i suoi ansimi incalzavano nel suo cervello come ondate di tempesta. Una scarica di adrenalina gli si era riversata nel sangue, le pulsazioni erano diventate frenetiche, dolorose... e aveva perso il controllo. Lui di solito così freddo e controllato, come solo La Morte poteva essere, era impazzito.
Le aveva allargato le gambe con forza, sollevato i fianchi e con un solo furioso movimento si era immerso completamente dentro di lei. Dike aveva gridato, inarcandosi contro di lui. Aveva stretto i pugni, confusamente colpita dal dolore e piacere insieme, mentre la promessa dell'estasi la faceva contorcere, gemere, urlare, in totale balìa dei movimenti febbrili di Reaper, del suo continuo spingersi dentro e fuori, strappandola ogni volta di più alla realtà e innalzandola verso le alte vette della passione. Fino a quando i loro sensi, i loro gemiti e il loro appagamento si erano mischiati insieme, vertiginosamente, in una selvaggia devastante esplosione.
Sfinito, scosso da un tremore profondo, la pelle madida di sudore, le era crollato sopra con un sospiro di intenso piacere. La testa gli rimbombava come se gli fosse scoppiata dentro una cannonata, aveva le orecchie piene del proprio sordo respiro e del battito impazzito del proprio cuore. Lei era rimasta immobile, completamente abbandonata sotto di lui. Si era allora sollevato per guardarla e aveva incontrato i suoi occhi bui, gli erano parsi più luminosi di qualsiasi stella del firmamento. Le aveva scostato i capelli scuri dal volto, assaporando un' intensa sensazione di benessere. Non era stato certo di essere del tutto in sé. Sto delirando, di era detto, per nessuno ho mai provato ciò che sento per lei.
«Perdonarmi» aveva mormorato. «Mi sono comportato come un animale.»
Lei aveva sorriso. «Sei uno splendido animale.»
Quelle parole lo avevano riempito di orgoglio. Si era ritratto, rotolandole a fianco e stringendola contro di sé.Quando ritornò al presente, l'aria fredda lo fece rabbrividire, scompigliandogli i lunghi capelli biondi e insinuandosi sotto la sottile stoffa della camicia.
Dal ponte della 'Vengeange', che navigava alla sua destra, Devil, Il Diavolo, gli fece un cenno con le mani, strappandogli un sorriso divertito, mentre alcune parole oscene si persero nel fragore del vento e delle onde.«Quando pensi a lei ti si legge in faccia.»
Appoggiato al parapetto sul ponte di comando, Watt, La Torre, cannocchiale alla mano, si mise a studiare l'orizzonte alla loro sinistra.
Reaper si rizzò in tutta la sua considerevole statura e una luce ambigua lampeggiò per un istante nei suoi occhi, grigi come un cielo coperto di nubi, minacciosi come la tempesta. Con passo veloce e sicuro, indisturbato dall'oscillare costante della nave, attraversò il ponte controllando a rapide occhiate il lavoro degli uomini, e si diresse al timone.
Watt lo seguì. Due occhi limpidi, verdi come i mari verso cui erano diretti, si alzarono al cielo e sul viso giovane, nonostante i cento e passa anni, cosparso di lentiggini, si dipinse un sorriso ironico. «Fratello, vedrai che al nostro ritorno ti perdonerà... se striscerai ai suoi piedi per bene. E allora sul tuo brutto muso tornerà quell'aria ebete da innamorato perso.»
Reaper gli lanciò un'occhiata truce.Il vento cominciava a soffiare con violenza, e a ogni raffica nuvole di goccioline gelide e salmastre li investivano schiaffeggiandoli.
«Siamo troppo veloci!» sbottò una voce adirata alle loro spalle. «La vela di trinchetto è sotto sforzo non regge a questa andatura. Se continuiamo così la perderemo.»
«Abbi fiducia, Antoine!» lo ammonì Watt, e tuttavia non poté evitare di lanciare un'occhiata preoccupata all'albero di prua. Alzò lo sguardo alla vedetta e attirò la sua attenzione con un fischio, dall'alto un ragazzino si sporse, facendogli un cenno negativo con la mano. Si passò le dita tra i capelli castani bagnati, distrattamente, quindi chiudendo il cannocchiale che stringeva ancora tra le mani, si accinse a seguire Reaper sottocoperta.La flotta mantenne l'andatura imposta dalla nave ammiraglia per tutta la giornata, solo verso il tramonto Reaper fece serrate trinchetto, velaccio, fiocco e controfiocco; il veliero diminuì sensibilmente la velocità, ed egli finse di non accorgersi dei sospiri di sollievo che s'alzavano tra l'equipaggio.
Durante la notte il vento calò, e il beccheggiare degli scafi sull'acqua si addolcì. La temperatura era scesa sensibilmente, e gli uomini di guardia, protetti da qualche coperta o mantello di lana, tentavano di riattivare la circolazione nelle membra gelate camminando continuamente, su e giù per le loro postazioni.
Ad avvistare la flotta per primo fu la vedetta della 'Victoire'. Quindi, il grido "Vele a babordo!" si spostò di nave in nave fino a che tutti, silenziosi per l'eccitazione, si volsero verso l'orizzonte in una mistica attesa.
Il sole stava sorgendo e cominciava a rischiarare, quando, come apparsi dal nulla, avvolti da un lieve foschia, si stagliarono gli alberi velati di un numero indefinito di galeoni. Reaper urlò gli ordini e la 'Jules', subito imitata dalle altre, abbassò il fanale di poppa e virò a dritta. Le vele vennero orientate al vento e, protetti dall'oscurità, si misero a navigare a grande velocità verso ovest, parallelamente alla flotta nemica, che ora appariva immensa.
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Fino alla fine del mondo. Arcani e dintorni.
FantasyUna lotta attraverso i secoli, giunta ormai agli sgoccioli, determinerà il destino della Terra e dei suoi abitanti. Dei 22 contendenti solo tre sono sopravvissuti e pronti ad affrontarsi nell'ultima battaglia. La Morte vuole scatenare l'apocalisse...