Sognando... ANTOINE GRIEZMANN

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Ciaooo RomanticCiurmaaaa!!! Mado' ho aggiornato la storia di Mbappè solo ieri e già sono qui! Eh, ma mi sentivo ispiratissima eheheh Fin dal primo istante in cui mi è stato proposto questo calciatore ho subito avuto un'ispirazione, che per fortuna è stata confermata dalla richiedente, ma... partiamo con ordine!

Questa request è per @AliceBuratti4 , che appunto nel post in bacheca ha suggerito il nome di Antoine Griezmann! Ciò che ho subito notato, cercando su Google, erano le foto in cui era più giovane, con quei bei ricci ramati (eeeeh sì ho un debole per i redhead ahaha). Lui non è proprio rosso ma di sicuro c'è del rouge caldo nei suoi capelli... e anche il riccio selvaggio alla Jamie di Outlander mi fa impazzire (vi prego ditemi che lo conoscete lol io ADOROH). Coooooooomunque chiedendo ad Alice ulteriori specifiche, mi ha detto solo che le sarebbe piaciuto se Griezmann avesse avuto nella storia i capelli proprio a quel modo, lunghi, rossi e selvaggi <3 E così ho cercato di accontentarla, non solo ritraendolo con questi capelli, ma rendendo la sua criniera il tema principale attorno cui tutto ruota in questa One-Shot!!!
In che senso? Beh, non vi resta che leggere! Ci sentiamo a fine storia! <3

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"Posso toccarli?"
Sono le prime parole che dissi ad Antoine quando, a 3 anni, la maestra lo mise a sedere di fianco a me il primo giorno d'asilo. Ricordo ancora il suo faccino stranito. 
"Cosa?" mi aveva chiesto. 
Io allora avevo alzato il mio ditino ciccioso verso la sua capoccetta piena di ricci dai riflessi rossi, che fissavo senza alcun ritegno. "I tuoi capelli. Sono così brillanti che sembrano bruciare".
Forse un adulto si sarebbe messo a ridere, ma la mia domanda innocente aveva incontrato orecchie altrettanto pure e così, anziché deridermi, Antoine si era avvicinato e aveva chinato la nuca, porgendomi la sua chioma spettinata. "No, non bruciano. Senti".
Ci misi qualche secondo a trovare il coraggio; poi, alla fine, mi convinsi ad affondare le dita tremanti tra le ciocche. Scoprii con stupore che aveva ragione, non erano calde; però erano morbide, soffici come sbuffi di nuvole.
Tanto bastò per scatenare un'istintiva simpatia tra di noi, e ben presto diventammo inseparabili. I nostri genitori si accorsero del legame e, facendoci incontrare anche dopo la scuola, divennero amici tra di loro; gli incontri si fecero quindi sempre più frequenti: non solo pomeriggi, ma anche cene e vacanze insieme. Non ho un singolo ricordo della mia infanzia e giovinezza in cui Antoine non sia presente. Lui e i suoi riccioli caldi. Ogni scusa era buona per toccarglieli: glieli scompigliavo quando litigavamo, glieli aggiustavo quando si scomponevano col vento; glieli accarezzavo piano, come una coccola, quando guardavamo qualche film sul divano o ci addormentavamo insieme.
I nostri giochi spaziavano molto, tra bambole e macchinine, ma se c'era una cosa che ci accomunava entrambi era di sicuro il pallone. Ci inventammo il gioco del calcio prima ancora di sapere cosa fosse: io mi mettevo sempre spalle al muro e lui tirava la palla verso di me, cercando di non farmela prendere. 

Chissà se lo ha detto, al suo allenatore, che gli ho insegnato io a segnare i calci di rigore, quando i suoi tiri lo hanno impressionato tanto da portarlo a fare l'audizione per l'associazione professionistica. Quel pensiero mi fa provare una fitta al naso; le nuvole fuori dall'oblò dell'aereo si fanno sfocate, per via delle lacrime che si accavallano nei miei occhi. 

Come ero felice per lui! Lo accompagnai, quel giorno; gli tenevo la mano prima che iniziasse il provino. "Non ce la farò mai" mi continuava a sussurrare; se ci penso, riesco ancora a sentire il tremore nella sua voce. Dopo aver tentato invano di calmarlo con le parole, gli passai una mano tra i ricci, i suoi ricci tanto brillanti da sembrare caldi. A quell'età si scocciava quando lo facevo... o per lo meno gli piaceva far finta che così fosse, quando eravamo in pubblico; brutta bestia l'adolescenza. Quando sentì qualcuno degli altri ragazzi del provino insinuare che io fossi la sua fidanzata e ridacchiare prendendoci in giro, sfilò la mano dalla mia e si allontanò di un passo. 
Non me la presi a male. Lo conoscevo, e gli volevo troppo bene per farmi influenzare da una simile sciocchezza. Anche perché poi fu tutto cancellato quando, a quella prima prova, non lo presero, e lui cercò conforto tra le mie braccia. Fu solo il primo di tanti rifiuti, tanti "no" motivati dalla sia figura leggera e non molto imponente. Ero sempre lì per lui, a credere nelle sue capacità quando nemmeno più lui ci credeva. 
Poi, alla fine, arrivò lo scout del Real Sociedad, e il suo sogno iniziò a diventare realtà. Una realtà in Spagna, però, lontana dalla nostra città natale... e lontano da me.  All'inizio lui mi telefonava tutti i giorni; si sentiva solo e sperso, laggiù, e tornava tutti i weekend a casa. Tornava per farsi spettinare, diceva, perché durante il gioco gli toccava sempre tenere i ricci legati e sentiva tirare la pelle. Lo accontentavo con gioia: passavo ore a far scorrere le dita tra le sue ciocche ramate, in un dolce massaggio sulla cute. Una volta, durante una di queste sessioni di coccole, mi chiese di raggiungerlo a San Sebastiàn per stare là con lui; ma lo fece di sfuggita, in un farfugliare indeciso, e quando io gli chiesi di parlare più chiaramente mi disse che non era niente di importante.
Piano piano cominciò ad ambientarsi laggiù, rallentò i ritorni a casa fino a farsi vedere solo di rado. Le telefonate si fecero sempre più sporadiche. A volte erano i suoi genitori a raggiungerlo, assenza che, alla lunga, fece allontanare le nostre famiglie. 
E, inevitabilmente, anche me e Antoine. 

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