Sognando... BRAHIM DIAZ

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Ciaooooo RomanticCiurmaaaaaaa!!!

Eccomi con una nuova one-shot richiesta da VOI!

Questa volta tocca alla richiesta di Brahim4ever , una super fan del Milan, che mi ha richiesto una storia su Brahim Diaz! Ciò che mi ha specificato è il nome della protagonista e che soffrisse di disturbi di ansia e depressione. Un tema molto delicato che spero di aver trattato con cura <3

Bene, allora vi lascio alla storia e ci sentiamo alla fine a dopoooooooooo

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Malaga non è così male, dopotutto. 
Quando i miei genitori mi hanno spedita qui dalla zia, sotto consiglio dello psicologo - "cambiare aria le farà bene", così ha detto - non ero poi così entusiasta. Ma adesso che mi trovo qui, in questa nazione diversa, con persone calorose dall'accento simpatico, un po' di pessimismo se n'è andato.
Solo un po', però. La zia è un tesoro e la sua villa sul mare è una meraviglia; mi ha dato una camera con vista sulla spiaggia, da cui mi divide solo una stradina pedonale. Mi ha chiesto tante volte di fare una passeggiata sul lungomare, ma io non me la sento: l'idea di uscire proprio non mi va; ci ho provato, giuro, ma nonostante la mia buona volontà, appena metto un piede fuori comincia a mancarmi il respiro e non riesco proprio a proseguire.
La bella porta finestra della mia stanza che volge verso il Mediterraneo, però, è un toccasana; l'aria salmastra riesce a rilassarmi e lo scintillare del sole sulle onde mi scalda un po' il cuore. Non ho bisogno di altro, in fondo: un posticino sicuro in cui nascondermi e una piccola gioia a cui aggrapparmi.

Ormai sono qui da un paio di settimane. Come ogni pomeriggio, sono seduta di fronte alla finestra aperta e scruto il mare al di là del giardino, disturbata solo da qualche passante di tanto in tanto. D'improvviso, però, noto una figura che non mi è di alcun disturbo: è la silhouette di un ragazzo che procede a passo svelto, con un bel pallone di cuoio tra i pedi. I suoi movimenti mi incantano, mi incuriosiscono; sono intrigata dal modo in cui la palla sembri avere vita propria, rispondere perfettamente a ogni stimolo, come se quei due fossero grandi amici. Con un po' di sforzo alzo lo sguardo sul viso del ragazzo: ha due begli occhi castani, così come i suoi capelli; avrà una quindicina d'anni, su per giù la mia età. È carino. 
Mi sorprendo al pensiero. Era tanto che non mi permettevo un'osservazione del genere.
Proprio su quella considerazione, lui fa un palleggio un po' troppo forte e la palla finisce sul mio balconcino. 
Con uno scatto mi nascondo meglio dietro la tenda, il cuore comincia a battermi forte. Lo vedo sporgere il capo in avanti, poi si guarda attorno.
"C'è nessuno?", chiede. 
Le palpitazioni aumentano.
"¡Hola!", insiste, "C'è nessuno in casa?".
Non posso fingere a lungo, so che è così; sono nascosta ma la finestra è socchiusa e la persiana aperta, è ovvio che ci sia qualcuno. Se solo ci fosse la zia potrei chiamarla e dirle di rendergli il pallone, ma è uscita poco fa per andare a fare la spesa e sono sola. Titubo ancora un po', forse troppo, perché non lo sento più chiamare. Che se ne sia andato?
Sposto la tenda e apro un'anta della porta finestra, poi mi sporgo un po' fuori. Rimango letteralmente pietrificata, quando mi ritrovo quel ragazzo a cavalcioni della ringhiera del mio terrazzino, a un palmo dal naso. 
Caccio un grido e salto indietro per la sorpresa.
"Scusa!", lo sento esclamare; sembra mortificato. "Perdonami, ti prego! Credevo non ci fosse nessuno, io... devo riprendere il pallone".
Ma come ha fatto, in così poco tempo, a saltare il muretto del giardino e arrivare alla mia finestra? È una specie di grillo o cosa?
Aspetto un attimo, immaginando che prenda la sua palla e se ne vada; anche se una piccola parte di me spera di no. La tenda sottile che ci divide lascia intravedere la sua figura, di cui colgo ogni movimento. Lo osservo mentre si china e raccoglie il pallone tra le mani, poi si tira di nuovo in piedi, schiena dritta e viso rivolto verso l'interno della stanza.
"Non volevo spaventarti", aggiunge. Ho l'impressione che veda la mia ombra, anche se resto immobile, perché fissa troppo intensamente nella mia direzione. E anche la sua voce è decisamente diretta. 
Proprio in quel momento le onde del mare spingono verso casa mia un alito di vento un po' più forte, che gioca con la mia tenda e la fa ondeggiare; la danza del tessuto rimuove ogni barriera, e io e lo strano ragazzo ci troviamo occhi negli occhi. 
Lui, nel vedermi, sorride; sembra sollevato, forse temeva di aver disturbato qualche vecchio burbero. 
"¡Hola, chica!", mi saluta entusiasta. 
Non so come, le parole mi escono di bocca senza che io possa farci niente: "¡Hola!", rispondo. 
"Scusa se sono entrato, ho chiamato ma-"
"L-lo so", lo interrompo con un filo di voce. Butto subito lo sguardo a terra, devo sembrargli un'idiota; come può immaginare che quell'alito è tutto ciò che mi lascia l'ansia, dopo avermi creato un groppo in gola. 
Sento che mi osserva ancora per qualche istante, poi vedo i suoi piedi muoversi di nuovo verso l'esterno. "Perdonami ancora. Buona serata" e salta di nuovo fuori dal terrazzino, attraversa il giardino e scavalca il muretto. Non appena alzo lo sguardo, la sua figura è già sparita lungo la via.

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