Pazza?

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Dicono che io sia pazza, ma non è vero. Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per amore. E l'amore non è per i pazzi, ma per le persone buone. Ecco, io non sono affatto pazza, bensì buona come il pane. Non mi crede commissario? Mi ascolti e vedrà che mi darà ragione. 

Mi sposai molto giovane, ero una bambina a quei tempi. Quando il capitano Moore volse gli occhi su di me, capii che quella poteva essere una chiara via d'uscita. No, non una buona via d'uscita, utilizzerei unicamente l'aggettivo "chiara". Il capitano non era cattivo, ma era vecchio e puzzava sempre di pesce e intrugli alcolici. Non ho mai capito la gente che beve  e mai la capirò. Sì, può starci un bicchierino di rosso ogni tanto, ma scolarsi bottiglie su bottiglie ogni notte per conciliare il sonno ha decisamente poco senso. Il capitano... aveva gli occhi grigi come la strada e vuoti come un banco di nebbia. Ma era la mia via d'uscita e la colsi rapidamente.

Crebbi in una famiglia numerosa, circondata da uomini comandati a bacchetta da mia madre. Mia madre... quella stronza. Non mi guardi così, era stronza per davvero glielo garantisco! La Bibbia dice "Onora il padre e la madre", ma posso assicurarle che ad onorare quei pezzenti avrei commesso peccato! Di mio padre ricordo solo il mutismo e la cinghia mentre di mia madre lo sguardo accigliato e le dure parole. Era una donna cattiva perché era triste, ma questa non può essere una buona giustificazione. Perché dobbiamo giustificare chi ci fa del male? Io me lo chiedo spesso e non trovo una risposta. In ogni caso, la casa dove abitavamo era una catapecchia composta da due stanze: l'ingresso e la camera da letto con un minuscolo bagno. Ci arrangiavamo come potevamo, ma soffrivamo terribilmente e io soffrivo più di tutti. Una fanciulla per crescere ha bisogno dei propri spazi, della propria intimità. Io invece ero sempre alla mercé di quegli zotici dei miei fratellini, uno più stupido dell'altro. Mi domando che fine hanno fatto... probabilmente avranno seguito le orme paterne finendo sgozzati in qualche bordello. Poco importa, quando incontrai il capitano la mia anima venne salvata.

Moore era un uomo silenzioso e prudente, mai avventato. Aveva visto il mondo a bordo di innumerevoli vascelli e non aveva alcuna intenzione di muoversi oltre. Pigro e ozioso, trascorreva le sue giornate in poltrona leggendo il giornale e fumando la pipa. Ogni tanto, circa una volta alla settimana, richiedeva i miei obblighi coniugali ed io, con grande sopportazione, svolgevo i miei doveri soffocando il disgusto. Ma mi andava più che bene! La casa era grande e su due piani, con cantina e soffitta. La famiglia del capitano gli aveva lasciato in eredità quella dimora e lui se la godeva. Buon dio, quanto amavo quella casa: aveva persino il giardino. Ricordo con affetto il mio bellissimo cagnolino. L'avevo chiamato Fortunato perché anche lui, come la sottoscritta, aveva trovato una via d'uscita dalla sua pietosa condizione e quella via d'uscita ero stata io. Con Fortunato sentivo un'affinità che non avevo mai provato prima. Un legame unico e inossidabile. Così per i futuri sette anni, vissi una vita agiata, priva di grandi emozioni. Poi morì Fortunato e io piansi tutte le mie lacrime. Le giuro che da quel giorno non sono più riuscita a piangere, come se il mio condotto lacrimale si fosse definitivamente ostruito. Fu con la morte di Fortunato che tutto prese una piega differente...

Nei pressi della nostra abitazione, per la precisione nella casa di fronte a quella del capitano, venne a vivere una coppia. Fu una ventata di aria fresca, in quel paesino sperduto non capitava mai nulla di insoliti e un arrivo era un episodio che raramente si vedeva. Non scherzo quando le dico che nel paese del capitano, le occasioni più frizzanti erano i rinfreschi per i funerali. Data l'età della popolazione locale, capitano sovente ed era per me una gioia poter frequentare i banchetti, spiluccando un po' di cibo e un po' di vino. Vero è che le lacrime e le lamentele dei parenti dei defunti guastavano un poco l'atmosfera, ma era sempre divertente chiacchierare con chi, come la sottoscritta, partecipava  a quegli eventi unicamente per svagarsi un poco. Fu proprio a una di quelle occasioni che ebbi il mio primo incontro con lei, la mia vicina. Sino ad allora, l'avevo vista unicamente di sfuggita e non mi era sembrata una ragazza tanto sveglia. Si faceva accompagnare da suo marito, un omone con i baffetti orrendamente impomatati all'insù  e gli zigomi alti e duri. Lei invece la vidi bene solo al funerale e le giuro, mai vidi una creatura più bella. Sembrava che tutti i maestri d'arte si fossero radunati per cesellarle i lineamenti. Si chiamava Lauren e aveva occhi profondi come il mare e capelli sferzati dall'oro. Fu amore immediato. Mai mi ero sentita come in quel momento, con il cuore a martellarmi nel petto con viva forza. Ecco, finalmente mi sentii viva!

Confessioni di malandriniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora