Stringo la penna. Le mani mi sudano. Mi danno fastidio, molto fastidio. È un tic nervoso, ne ho tanti, ne ho troppi. No, non sono troppi. O forse sì Mah, chi può saperlo. Non importa, poco importa: ho la penna. Ora un foglio. Un foglio bianco, candido, pulito e senza righe. Odio le righe. Mi danno il mal di testa. Anche i maglioni a righe mi danno il mal di testa, per non parlare delle zebre. Detesto le zebre: animali puzzolenti con le righe. Righe! Odiose e fastidiose righe!
Calma. prendo un bel respiro, agguanto il foglio e... da dove comincio? Come comincio? Non ne ho idea. Non l'ho mai fatto. Comincio dalla data, ho deciso. È importante la data, anzi è essenziale.
Essenziale è una parola che mia moglie ripete in continuazione: "È essenziale che tu faccia questo, è essenziale che tu non dica questo". Guardo l'ora: è tempo di caffè. Mia moglie ripete sempre che una buona tazzina di caffè è essenziale, ma solo una al giorno. Si fotta l'essenziale: oggi sono io che comando.
Il foglio è ancora bianco. Non ho molto tempo, insomma devo scrivere. Voglio scrivere. Appoggio la punta della mia stilografica sulla superficie della carta sottile. Assaporo il momento del contatto. La penna è la continuazione del mio braccio, la sento prudere. Inizio a farla volteggiare.
Merda! Non scrive! Com'è possibile? L'inchiostro è finito. La agito, la picchio a terra, la accarezzo, le sussurro dolci parole d'amore. Niente. È morta. Anche lei.
Ho un lampo di genio. Mi volto verso mia moglie. "Amore mio, è essenziale che io scriva questa lettera ai tuoi genitori. Mi capsici?"
Intingo la punta. Magia, la mia stilografica scrive. Ed eccole che sbocciano le lettere: rosse, scarlatte, come le piastrelle delle nostra cucina.
"Tranquilla tesoro, non ho intenzione di dilungarmi: scrivo solo l'essenziale".
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Confessioni di malandrini
HorrorOgni racconto è a sé e rivela la confessione di un protagonista, il quale narra in prima persona gli eventi che ruotano attorno alla sua vita.