A KNOCK AT THE DOOR (parte 1)

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Quando mi risveglio, riesco a sentire una voce.

«Buongiorno, Bella Addormentata.»

Stavolta, apro immediatamente gli occhi. Ma ho a malapena il tempo di prendere coscienza della stipata baracca in cui mi trovo, perché la priorità maggiore è l'uomo davanti a me. Che ha una pistola puntata alla mia testa. Mi siedo di scatto. Lui non muove neanche un muscolo, continua a tenere la pistola verso di me e sorride in modo spaventoso.

«Che situazione sconveniente! Una ragazza così carina nel mio letto e non so neanche il suo nome. Cosa direbbe mia madre? Beh, probabilmente... di farti saltare le cervella prima che ti venga qualche strana idea.»

In un istante, capisco: questo tizio mi vuole ammazzare.

Subito balzo in avanti e riesco a mettere un piede fuori dal letto quando un dolore lancinante mi trafigge la caviglia e cado sul pavimento.

Istintivamente cerco di portare le mie braccia alla testa per proteggerla, ma il sapore del sangue nella mia bocca mi suggerisce che mi sono morsa il labbro durante la caduta. L'adrenalina è al massimo e non sento dolore. Sembra che anche il tempo sia rallentato. Mi rialzo e faccio appena in tempo a sfuggire alla mano del tizio che cerca di prendermi, e corro più veloce che posso alla porta.

«Cazzo!» Lo sento imprecare. In un attimo sono fuori... e mi fermo.

Davanti a me si estende un orizzonte senza fine di sabbia e rocce. Non c'è niente. Strade, persone, edifici. Nessuna traccia di civiltà.

«Grazie per avermi aspettato.»

Un dolore acuto e improvviso si espande sul retro della mia testa, e cado in ginocchio, ansimando. Una presa salda mi trattiene la nuca, rendendomi impossibile ogni movimento. La canna fredda della pistola preme contro la mia testa, nel centro del dolore.

«In tutta la mia vita non ho mai visto nessuno di voi correre così. Senti, mi dispiace essere così stronzo, ma non posso permettere che tu venga e te ne vada quando vuoi. Non bramo segretamente di essere sventrato mentre dormo, capisci.» Quel momento si estende in un' agonizzante eternità in cui tutto quello che posso fare è solo stare inginocchiata e aspettare la mia morte.

Dopo un po', realizzo che non è tanto l'adrenalina o la paura a fermare il tempo. L'uomo con la pistola... sta esitando.

«...Ultimo desiderio?»

In qualche modo la domanda sembra pesata.

Apro la mia bocca, ma non posso dire quello che voglio perché ne esce solo un debole rantolo. Improvvisamente il dolore si fa sentire, come se la mia gola fosse in fiamme.

...Oh, no. Non posso parlare.

Sento l'uomo muoversi dietro di me e apro gli occhi. Mi sta guardando in faccia, con la pistola premuta sulla mia fronte. Mi fissa con un'espressione concentrata, come se stesse cercando di risolvere un'equazione complicatissima.

«Ehi, dammi tre dita.»

Raccolgo tutto il mio coraggio, convinta che se avessi dovuto morire, almeno l'avrei fatto con dignità, e alzo il mio dito medio.

I suoi occhi si spalancano per la sorpresa, sorpresa seguita da... qualcosa di più profondo.

«... ...Cazzo. Cazzo. CAZZO.»

Si avvicina lentamente, e i suoi occhi non si muovono dai miei. La pistola è ancora sulla mia fronte però. Lo fisso anch'io, senza fiato. Aspettando. Qualunque cosa stesse cercando nei miei occhi, lo trova.

«Sei... umana

Lentamente, abbassa la pistola e fa un passo indietro. Con fare indeciso, torna nella baracca, in silenzio. «...Dovresti entrare. Devo sistemarti quel bernoccolo sulla testa. Non... non ti farò del male, lo prometto.»

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