Capitolo Dodici: "Middle Finger"

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A differenza degli altri giorni, oggi, non mi sono seduta con le mie amiche davanti al bar, anzi, sono andata nel piccolo porticato vicino a scuola e sono stata con le altre ragazze della mia classe. Devo dire che anche se nella mia classe siamo in maggioranza ragazze e molte le considero delle galline ci sono tre o quattro elementi che si salvano.

<< Mi accompagni al panificio? >> annuisco a Lena, una mia compagna con caschetto rosso e occhi verdi, mi alzo dal pavimento mattonato dei portici, purtroppo non ci sono sedute e i più fortunati si siedono negli atri di palazzine ricevendo sempre dei rimproveri dai condomini mentre i più sfortunati, come noi, si accontentano della pavimentazione gelida.

Per andare al panificio passiamo davanti al solito bar e vedo le mie amiche fissarmi ma io, come se nulla fosse, gli passo davanti senza degnarle di uno sguardo. Sono una persona molto rancorosa, se non si fosse ancora capito, non mi dispiace affatto non parlargli per un po', anzi, alcune volte fa bene separarsi dalle persone e legare con altre: per cambiare aria e soprattutto per capire se sono tossiche o meno. Entro con Lena e sorriso quando vedo due mie vecchie compagne del biennio, le saluto e iniziamo a parlare un pochettino della scuola, quando vedo entrare nel panificio Andrea e le altre; Andrea mi sorride e poi si incammina verso la cassa, mentre le altre - Alma e Vic - rimangono in disparte vicino all'ingresso; Lena accorgendosi di tutte le salute con un sorriso in volto e poi si avvicina a me. << Io ho finito, ma se vuoi le aspettiamo >> prende dal sacchetto di carta una brioche appena sfornata e dà un morso, io scuoto la testa << Possiamo entrare tranquilla >> così ci avviamo in classe, accompagnando il tutto con degli sbuffi per la stanchezza delle scale e con delle risate quando entrambe stavamo cadendo.

Entrate in classe notiamo che ancora il professore non è ancora arrivato, lei posa la sua borsa al banco opposto al mio e io mi ci vado a sedere vicina. Lena la conosco dal terzo anno di superiori ed è sempre stata una ragazza con gli attributi, dal carattere forte ed è simpatica e solo ora mi chiedo il perché non ci ho legato prima. Lei mi sorride prima di chiedere se andassi in bagno con lei, accetto subito. In bagno va verso il balconcino, al contrario io rimango dentro - senza avere la curiosità di affacciarmi per vedere quanto sia alto, già essere al sesto piano mi fa immaginare come può essere sotto.
<< Ne hai una in più? >> indico il pacchetto di sigarette che le spunta dalla tasca della felpa e lei annuisce. << Ne vuoi una? >> prende il pacchetto e lo apre, offrendomi una sigaretta.
Annuisco ringraziandola e poi poggiandola tra le labbra, lei fa dei passi verso di me, avvicinando l'accendino verso la sigaretta e facendo accendere la fiamma. Aspiro e già mi sento più rilassata.

<< Non ti ho mai visto fumare >> sbuffa una risata guardandomi incuriosita e io alzo le spalle avvicinandomi al posacenere. << Non fumo sempre, solo quando sono stressata >> mi avvicino alla porta finestra cercando di non far diventare il bagno una cappa di fumo.
<< Scelta saggia, io ho preso il vizio >> si appoggia alla ringhiera del balcone dandomi le spalle ed io faccio un tiro mentre dei brividi mi percorrono la schiena. La porta che si apre subito mi fa girare subito dall'altra parte e vedo Bella, una mia compagna di classe, entrare in un bagno e chiudersi a chiave. La porta generale viene riaperta da Penelope, sempre una mia compagna, che le urla se sta bene senza ricevere risposta. Mi giro verso la rossa in cerca di risposte ma lei, spegnendo subito la sigaretta, si avvicina prontamente alla porta del wc e inizia a bussare. << Bella, non fare scherzi >> dall'altra parte si sente solo silenzio e poi lo scarico che va. Si sente che leva il blocco e poi la porta che si apre lentamente.

Il volto piano di lacrime e segni neri - dati dal mascara - sono la prima cosa che vedo, poi la sofferenza che incornicia tutta la sua persona. Non avevo mai visto Bella in condizioni, di solito è sempre una ragazza solare e piena di ilarità e vederla in questo stato - con tutta la sua fragilità a galla - mi fa sentire come se stessi invadendo la sua privacy.
<< Vado a vedere se c'è il prof >> mi fermo un attimo, a contemplare la situazione e mi sembra proprio di essere di troppo. << Grazie, puoi andare >> Penelope mi lancia un'occhiata e io mi stringo nelle spalle << Devo dire qualcosa al prof o devo fare altro? >> poso la mia mano sulla maniglia, pronta a svignarmela da quella situazione. X sbuffa e si rigira verso di me, mentre Lena è accovacciata vicino a Bella. << Te ne devi solo andare, non devi fare nient'altro >> mi rivolge un sorriso più falso dei capelli della Celentano al serale di Amici.

Ed io dopo quelle bellissime parole non faccio altro che uscire dal bagno e ritornare in classe, dove il prof ancora non è arrivato, vedo le mie "amiche" sedute ai loro banchi intente a parlare ma si fermano un attimo quando entro, per poi continuare a parlare. Mi dirigo verso il banco accanto a quello di Lena e noto che al posto della mia borsa c'è uno zaino nero, mi giro alla ricerca della mia borsa e la trovo appesa allo schienale della sedia del mio solito posto - posto di cui oggi volevo fare a meno - non mi faccio troppe domande e mi vado a sedere fin quando non vedo un bigliettino sul mio banco.

"La tipa con lo zaino nero è una stronza, ti ha buttato la borsa vicino al cestino.
Ho cercato di pulirla dalla polvere e te l'ho messa al tuo solito posto"

Non c'è neanche bisogno che legga la firma, mancante per altro, per capire chi sia e la cosa che mi preoccupa di più è il fatto che io stia sorridendo come una scema.

<< Possiamo parlare? >>
Mi giro alla mia destra e vedo Andrea che mi sorride, le braccia che cadono sui fianchi.
Non ricambo il sorriso e alzo le sopracciglia come per dire 'se dobbiamo proprio'.

La campanella della pausa pranzo è suonata da meno di dieci minuti e tutta la classe era fuori, teoricamente nessuno può rimanere a scuola per il pranzo perché la scuola non aveva la responsabilità sugli alunni durante quest'ora ma in qualche modo strategico alcuni potevano rimanere, come me. Ero solita non mangiare a pranzo e quindi era inutile uscire dalla scuola per non fare niente e anche se passavo tempo con le mie amiche il mio stomaco chiedeva pietà. Erano tutti che mangiavano, panini, pasta e molto volte pezzi fritti di rosticceria tra le mani; a loro facevano venire fame e anche a me, l'unica differenza però che ormai ero abituata a vedere il cibo oscurato, risaltavano solo le ipotetiche calorie che avevano, troppe per me e per il mio corpo.

<< Usciamo, no? Andiamo a prenderci qualcosa >> Andrea fece dei passi verso la porta dell'aula col portafogli in mano. << In realtà preferisco rimanere in classe >> non mi alzo neanche dalla sedia, mi appoggio solo al suo schienale. Andrea si gira lentamente e mi guarda per un po'. << Okay, non insisto. Parliamo subito, allora >> si avvicina al mio banco, e si siede nella sedia di Enea a cavalcioni. << Parli tu, io non ti devo dire niente >> specifico incrociando le braccia al petto e mettendo più distanza tra di noi. Lei socchiude gli occhi, appoggiando gli avambracci sullo schienale delle sedia. << Non credo proprio. Sei stata tu la prima a isolarci, noi abbiamo solo continuato >> sgrano gli occhi a quello che ha detto.

Dio, non ci credo.

<< Ma che cazzo dici? >> mi alzo, rimanendo sempre di fronte a lei.
<< Non vi ho ignorato, siete state voi. Forse non te lo ricordi, ma sabato dovevamo vederci tutte insieme in centro e quando sono arrivata non mi avete cagato, mi sono anche seduta accanto a voi e sono rimasta per una mezz'oretta ma niente. Parlavate tra di voi, vi facevate i cazzi vostri e non mi avete calcolata >> sbuffo una risata nervosa << E tu stamattina che hai fatto, invece? Ci sei passata davanti, ci hai visto e non ci hai salutato >>

<< Cazzo, ci mancherebbe >> apro le braccia, scioccata da quello che ha appena detto.
<< Cosa dovevo fare? Vi raggiungevo, mi mettevo in ginocchio e vi baciavo i piedi? >>
Scuote la testa mentre io sto davvero perdendo la pazienza.
<< Mi è venuta in mente una cosa ma non la dirò >> si morde il labbro per evitare di ridere e io sollevo un sopracciglio. Ma c'è o ci fa?
<< Certo, ora lanci la pietra e nascondi la mano. Dilla e basta.>>
<< No, non posso Ambra. Sei troppo debole, se te la dico non ce la faresti? >>

Sono troppo debole. Non ce la farei.

<< Non ce la farei cosa Andrea, non riuscirei a fare due passi e darti uno schiaffo o non riuscirei a mandarti a fare in culo, perché entrambi sono due dei miei desideri più grandi.>>
Lei sbuffa e poi se ne va verso la porta, si gira un attimo.

<< La festa? >> sbatte leggermente il piede per terra, come se avesse fretta.
Fretta di andare a raccontare tutto quanto alle altre.
<< E' domani, siete fortunate che ho già pagato e che mi dà fastidio dare spiegazioni ai miei >> fa un cenno positivo del capo senza aggiungere niente - ed è meglio così - per poi uscire dall'aula.

Ma perché non se ne vanno a fare in culo? Lei, Alma e Victoria. Penso questo mentre sono appoggiata alla tazza del water, coi capelli dietro la testa e il secondo conato di vomito che mi sale in gola.

Amare è come volare Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora