Finestra

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Non si era mai sentito più stupido di così.
Aspettava pazientemente dietro la porta di Manuel con tutte le sue speranze in una mano, mentre fuori da quel palazzo la notte metteva tutto a tacere, arrivando al suo punto più profondo.

Simone non aveva chiuso occhio, come ogni notte.
La verità, arrivati a questo punto, era che la paura di dormire solo in casa lo annebbiava così tanto da non renderlo razionale. Gli faceva analizzare ogni singolo rumore, ogni scricchiolio, ogni miagolio dei gatti che se ne stavano spiaggiati sui tetti delle case limitrofe.

Manuel non si era fatto problemi ad invadere lo spazio di Simone, a buttare giù i suoi muri, le sue insicurezze, a pretendere un posto nella sua vita, ed ora Simone sperava che anche a lui sarebbe stato concesso fare lo stesso.

Quindi se ne stava lì, attendendo che qualcuno gli aprisse la porta, mentre si spostava di peso da un piede all'altro e stringeva forte fra le dita di una mano l'orlo della felpa che aveva addosso.

La porta alla fine si aprì nel buio più totale, rivelando un Manuel giustamente assonnato, ma anche un po' spaventato.

"Simo sono le tre di notte"
"Voglio un caffè"
"Cosa?"
"Voglio un caffè ma io non ho una macchinetta, ti rendi conto? Beh stavo pensando al fatto che è da folli non avere una macchinetta del caffè e che quindi tu l'avresti avuta sicuramente. Quindi sono qui per sfruttarla."

Ora, la reazione che chiunque sano di mente doveva aspettarsi era una porta chiusa in faccia e l'essere bloccato su ogni piattaforma social esistente, ma era già stato ampiamente appurato che la sanità in quei due aveva poco spazio.

"Lo sai che dovrei mandarti a fanculo, vero?" fece notare il più grande, portandosi una mano in testa.
E si, Simone lo sapeva, ma sperava che le cose andassero diversamente.

Sperava che Manuel lo accettasse ad occhi chiusi come avrebbe fatto lui, a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Sperava che anche Manuel percepisse quell'assenza di confini fra di loro, in quella bolla fatta di pareti di cartongesso che si erano creati al sesto piano di un palazzo fatiscente, ma metteva anche in conto un minimo di buon senso.

"Hai ragione, mi dispiace averti svegliato" sussurrò a testa bassa "ci vediamo, va bene?" e quella frase fu carica di speranza.

Non poteva neanche immaginare come sarebbe stato non rivedere Manuel, la sua vita sarebbe nuovamente sprofondata nel buio più totale.
Il più piccolo fece in tempo a girarsi, mentre si dava mentalmente dello stupido per la voglia viscerale che aveva di piangere, che una mano lo afferrò con prepotenza trascinandolo dentro l'abitacolo.

"Ma chissene frega se mi hai svegliato, Simo"
C'era troppo, troppo contatto fra loro in quel momento.

Manuel lo teneva premuto contro la porta con una forza che non gli aveva mai visto usare prima, e Simone bruciava in ogni punto del corpo che subiva quel contatto.

Una mano stringeva un fianco, tenendolo ben ancorato contro quella superficie verticale, mentre l'altra puntava il suo petto, e chissà se riusciva a sentire da quella posizione i battiti accelerati ed i respiri trattenuti.

"Come lo vuoi sto caffè?" e la sua voce fu poco più di un sussurro
"Cosa?"
"Il caffè, Simo"
"Normale?"
Cosa avrebbe dovuto rispondere?

Avrebbe onestamente bevuto qualsiasi cosa gli fosse offerta da quel dio clemente che aveva davanti.
Manuel stava visibilmente trattenendo una risata quando ad un tratto si fermò completamente, ogni minimo movimento del suo corpo fu messo per un secondo a tacere.

"Hai cambiato profumo" e non sembrava affatto una domanda
"no, è uhm, è uno di quelli spray che si usano per rilassarti e che dovrebbero farti dormire"
"vuoi dormire?"
"volevo"
"non vuoi più?"
"Vorrei quel caffè"

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