Capitolo 1.

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Mi svegliai, era notte fonda, ero sudato e impaurito. Uno dei miei soliti incubi. Non avevo la minima idea del perché avevo iniziato a farne.

Mi sedetti sul letto ormai troppo pensieroso per tornare a dormire.

Sconcertato mi passai le mani tra i capelli umidi di sudore. Dopo aver sbattuto più volte le palpebre mi stiracchiai e voltai il viso verso la finestra semi- illuminata da un lampione.

Mentre ero assorto nei miei pensieri un'immagine si fece spazio nella mia mente, lo riconobbi: era il riccio, i suoi occhi mi scrutavano curiosi e il mio cuore iniziò a battere sempre più forte. La paura si impossessò del mio corpo, tremai. Ero stato scoperto, quel giardino non era più mio, quel giardino non poteva più nascondermi, proteggermi. Quel posto che dopo tanti anni mi aveva sempre tenuto al sicuro adesso era luogo di insicurezza, di tenebre, un luogo che nascondeva mille segreti.

Scoppiai in lacrime all'idea di non poter più tornare dal mio Salice, all'idea di dover trovare un altro posto da far mio, all'idea di dovermi fare nuovi amici, all'idea di dover parlare a qualcun altro della mia malattia.

Di fretta mi alzai e infilai vestiti a caso, poi uscii e a passo svelto mi ci recai senza pensarci due volte, ma una volta a metà strada capii di aver fatto una totale cazzata, se lo avessi nuovamente trovato li cosa sarebbe successo? Quel giardino era ormai pericoloso perché sapendo che anche lui lo frequentava avrei potuto incontrarlo in qualsiasi momento, non sarei più stato solo, non avrei potuto più lasciarmi andare; e tutto questo mi lacerava dentro .

Arrivato lì, notai che il ragazzo stava accarezzando i petali delle rose addormentate. Il respiro mi si bloccò in gola e mi nascosi dopo aver lanciato un'occhiata disperata all'imponente albero. Una delicata folata di vento mi solleticò una guancia e sorrisi, era una carezza, segno che dovevo tranquillizzami perché non c'era nessun pericolo.

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Ero arrabbiato, deluso, triste, sconfortato, ma felice. Quel ragazzo si stava prendendo cura del mio piccolo paradiso; allo stesso tempo però era entrato nel mio mondo, nella mia sicurezza.

Mi mossi di poco per trovare una posizione più comoda per stare rannicchiato ma ecco che un fottuto ramoscello scricchiolò sotto ai miei piedi. Mi morsi la lingua per non mugolare di paura non volendo creare altri rumori indesiderati. Dei passi si avvicinavano, li sentivo. Sospirai prima di alzarmi per uscire allo scoperto. Tenevo lo sguardo basso, le guance arrossate. Potevo udire i respiri lenti e calmi del ragazzo contrastare con i miei ansiosi, rapidi ed affannati. Presi coraggio e lo guardai, infondo il Salice era li a proteggermi, non mi sarebbe successo niente se avessi dato una sbirciatina. Decisi di scappare ancora, come avevo fatto già nel pomeriggio. Mi voltai pronto a tornare a casa ma le mie intenzioni furono fermate da una voce roca e gentile quasi come quella del salice. Rabbrividii. "Ti prego, resta qui." Quattro parole che mi fecero pentire di essere uscito di casa. Spalancai gli occhi e lentamente mi voltai puntando lo sguardo in quelli del riccio mentre quest'ultimo mi scrutava. Il suo sguardo era indecifrabile, non sapevo cosa fare: se sedermi accanto al mio Salice o andarmene.

"Sai, molti sorvolano questo grazioso giardino non curandosene. Nessuno viene qua, ma tu si, e non ti ho mai visto qui. Questo mi fa pensare che tu sia speciale, diverso dagli altri, che ammirano questo angolo di paradiso abbandonato senza mai entrarci." Soffocò in un mormorio flebile lui, guadagnandosi subito la mia attenzione mentre già a piccoli passi mi ero avvicinato a lui senza rendermene conto. Aveva si e no ragione: ero diverso, diverso dalle altre persone ma non ero affatto speciale, ero malato, malato di Borderline e lui non l'avrebbe mai saputo, non gliene avrei mai parlato, non ne sarei stato capace, non riuscivo a fidarmi delle persone. Però in qualche modo dovevo ringraziarlo per quello che faceva, per prendersi cura del mio mondo, renderlo speciale, accogliente e amico. Eppure qualcosa mi diceva di non fidami nonostante il Salice mi avesse rassicurato, qualcosa mi diceva che mi avrebbe fatto del male.

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