Prologo.

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Non appena la campanella suonò mi precipitai fuori dall'edificio con le lacrime agli occhi volendo andarmene al più presto. Vidi il pullman vuoto ma sapevo già che qualche minuto dopo si sarebbe riempito a tal punto che tutte le urla degli studenti avrebbero soffocato i miei pensieri, quindi decisi di tornare a casa a pedi.

Più ci ripensavo più le lacrime minacciavano di uscire di nuovo, dunque afferrai il mio telefono dalla tasca dei pantaloni, digitai un messaggio a mia mamma «Non torno per pranzo.» ed inviai.

Accelerai il passo bisognoso di sedermi ai piedi dell'unico amico che avevo e del quale potevo fidarmi ciecamente: un Salice, un Salice dal grosso tronco e dalle accoglienti fronde. Ero solito trascorrere li molti dei miei pomeriggi.

Mi sedetti dove sempre, tra le sue radici, poggiando la schiena al suo busto e sospirai prima di salutarlo come mio solito.

Ogni volta facevo così, mi rifugiavo in lui e lo avvertivo della mia presenza prima di lasciarmi andare e raccontargli il problema tra le lacrime ed infine restare in silenzio con gli occhi chiusi ad ascoltare la sua risposta calmandomi poco dopo.

Louis Tomlinson, sedici anni, affetto di Borderline (disturbo della personalità).

"Ero in bagno oggi, mi stavo lavando le mani e ho finito il sapone messo a disposizione dai bidelli. Dopo di me Mattew, quello stronzo, non trovando più del sapone sai cosa mi ha detto?" sospirai tra i singhiozzi ancora una volta prima di citare le parole del ragazzo "Brutto frocio, nessuno ti ha autorizzato ad usare il nostro sapone." nella sua frase traboccavano l'odio e la rabbia. Si, ero gay, e quindi? Per quale fottuto motivo doveva sminuirmi così? 

Con "nostro" intendeva delle persone normali e non dei brutti froci come ci definiva lui.

E poi quello schiaffo in piena guancia che ancora bruciava sulla mia pelle leggermente ambrata.

Poi dopo essermi sfogato calò il silenzio.

Lasciai che il Salice, come d'abitudine, mi calmasse e chiusi gli occhi. Ero al sicuro nel mio mondo, quello era il mio nascondiglio, era da tanto che mi riparavo lì quando qualcosa non andava.

Il giardino era ben tenuto e accogliente, piacevole. Il Salice era al centro di questo, imponente e amico. C'erano qua e là delle Margherite curiose ed impiccione, ogni volta che arrivavo, il Salice mi chiedeva se potessero ascoltare, io mi riducevo ad annuire. Mi sentivo così a mio agio.


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D'un tratto un rametto scricchiolò ed aprii allarmato gli occhi. Non era stato il Salice o il Vento, ne tanto meno le Margherite.

C'era un ragazzo davanti a me, un ragazzo riccio dai bellissimi occhi verdi che mi fissava curioso come le Margherite.

"Non ho mai visto persone in questo parco." sussurrò lo sconosciuto, ammirando il panico nei miei occhi.

Raccolsi furtivo lo zaino da terra e lo sistemai di fretta sulle spalle poi scappai correndo a più non posso col cuore in palpito pregando che il Salice non rivelasse niente all'intruso.

Arrivato a casa, una volta salutata mamma, salii in camera lasciando la cartella vicino alla porta, buttandomi infine sul letto, posando una mano sul petto per riprendere il fiato perso nello scatto e proprio in quel momento mi accorsi si non aver mai visto quel ragazzo riccio prima d'ora.

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