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L'istinto di Manuel è quello di cercare la lingua di Simone, di tirarselo addosso fino a sentirne il petto collidere con il suo, i loro cuori impazzire a contatto. Il primo istinto.

Il secondo è quello di scappare, scappare il più lontano possibile.

Allora si stacca, spinge via Simone con irruenza e poi si mette in piedi. Corre nello spogliatoio mormorando una serie di «no, no, no...» che l'altro sente ma non capisce.

Lo segue Simone, approfittando della momentanea assenza di altre persone in palestra in quel momento.

«Manuel?»

Il suo tono è confuso e se una parte di lui gli suggerisce che ciò che è appena successo sia profondamente sbagliato, poco professionale e decisamente indecoroso, un'altra parte lo prega di supplicare l'altro affinché possano riprendere da dove hanno interrotto.

Quando raggiunge Manuel, lo trova senza maglia, intento a cambiarsi, pronto ad infilare la felpa per tornare a casa.
Resta per qualche millesimo di secondo spiazzato a guardare poche gocce di sudore colare sui suoi muscoli ancora poco definiti, poi si avvicina piano.

«Oh?» sussurra, cercando di sorridere.

Allunga anche una mano verso di lui, vorrebbe toccarlo, magari poggiarla sulla sua spalla nuda.

«Aspetta.» aggiunge ma Manuel non lo degna di uno sguardo. Sembra che il suo unico obiettivo sia sfuggirgli e ci sta riuscendo, si sta rivestendo in silenzio, come se lui non esistesse.

Ma Simone non ci sta. Non ci sta a tornarsene a casa con la testa piena di dubbi.

Allora proprio quando ormai l'altro ha infilato anche il giubbotto ed è pronto ad uscire, chiude la porta frapponendosi tra essa e Manuel.

«Ora mi dici che cazzo ti prende.» esclama, la fronte aggrottata in un'espressione chiaramente disorientata.

«Prima mi odi, poi mi cerchi, poi mi allontani...»

Il petto di Simone sale e scende a ritmo frenetico, sta urlando e respira a fatica. Sbatte anche una mano sulla porta facendo sobbalzare Manuel, per rabbia.

Continua a non muoversi, bloccandogli il passaggio, impedendogli di uscire.

«Fammi passare.» borbotta allora l'altro, a denti stretti, apparentemente furioso.

«Col cazzo! Adesso mi dici che cazzo vuoi da me, oppure esci da questa porta e non ti fai vedere mai più, chiaro?»

Simone si pente nello stesso istante in cui finisce la frase di ciò che ha detto, a dir la verità, perché in fin dei conti lui una via d'uscita a Manuel non vuole concederla. Non davvero.

«Prima mi tratti come se ti facessi schifo e poi mi baci, si può sapere che cazzo vuoi?» urla ancora, facendo questa volta un passo verso di lui, allontanandosi leggermente dalla porta.

Si aspetta che Manuel prenda quel suo spostamento come un invito ad uscire, a passare oltre, aprire la porta ed andare via, ma piuttosto lascia cadere il suo zaino, producendo un rumore che a lui sembra assordante, lo scruta per qualche secondo che a lui sembra un'eternità e poi lo spinge violentemente contro la porta, di nuovo.

Lo colpisce su entrambe le spalle, costringendolo a barcollare all'indietro.
Lo fissa ancora, poi stringe la sua maglietta tra le mani, in due pugni. Si avvicina.

Sono così vicini che i loro respiri sono fusi in uno, le loro bocche autonomamente schiuse, i loro nasi pronti a sfiorarsi alla minima mossa.

Lo osserva per un altro secondo Manuel, come se volesse memorizzarne i tratti angelici prima di finire all'inferno. Poi si avventa sulle sue labbra, baciandolo con così tanta foga da non permettergli di respirare.

Part-time loverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora