I

109 11 4
                                    

Taehyung sospirò arreso e strizzò per una frazione di secondo gli occhi alla ricerca di un po' di sollievo. La schiena gli doleva terribilmente e la testa gli girava in modo sconcertante, facendogli perdere per un attimo la lucidità. Sentiva solo lo scrosciare dell'acqua che scorreva dal rubinetto e che lui stesso stava usando per sciacquare le tazzine. Alle sue orecchie i suoni erano ovattati e perfino il rumore del vociare dei clienti arrivava come un brusio basso ed indistinguibile. Quasi credette di star svenendo e forse avere solo la sensazione era perfino peggio.

Era davvero stanco, il lavoro lo stava distruggendo fisicamente e psicologicamente e l'università non faceva che peggiorare la situazione. Avrebbe davvero voluto starsene a casa, magari con strati e strati di coperte a riscaldarlo in quella stranamente fredda sera di metà ottobre, o sotto il soffione della doccia. La doccia, diamine, quanto gli sarebbe piaciuto stare sotto l'acqua calda in quel momento. Avrebbe sentito i muscoli sicuramente più rilassati e la stanchezza affievolirsi un po'.

Con questo pensiero -e con la convinzione che un bagno caldo avrebbe potuto essere una ricompensa- acquisì un po' di forza per poter finire prima. Lavò con cura i bicchieri in vetro, le tazzine in ceramica e gli immancabili cucchiaini grandi quanto il suo mignolo. Ripose tutto ordinatamente al proprio posto e si affrettò a pulire il ripiano su cui venivano poggiate la maggior parte delle ordinazioni. La stanchezza era tanta, ma forse la voglia di finire quanto prima per andare via era anche di più, tanto da costringerlo a fare più velocemente, ma non con meno attenzione.

Sorrise un po' confortato quando si accorse che, finalmente, era arrivato l'orario di chiusura, che lui avesse finito giusto in quel momento -altrimenti sarebbe stato trattenuto lì fino a quando non avrebbe concluso il suo lavoro- e che quindi sarebbe potuto tornare a casa. Salutò educatamente con un profondo inchino il proprietario nonostante la schiena gli stesse chiedendo pietà e, dopo aver raccattato in fretta il giubbotto ed il telefono, lasciò il bar in cui lavorava per potersi mantenere.

Alzò il cappuccio del cappotto imbottito color caramello sulla testa per ripararsi dal freddo e nascose le mani nelle ampie tasche per evitare che diventassero due ghiaccioli. Percorse il tragitto a piedi, come al solito, con lo sguardo rivolto verso il basso. Alzava la testa di tanto in tanto per non perdersi, ma rimaneva comunque chiuso nella sua bolla di privatezza, lontano dal mondo esterno.

Quando si ritrovò davanti al proprio appartamento estrasse le chiavi dalla tasca anteriore dei jeans e, infilate nella serratura, le girò due volte provocando due schiocchi bassi e dal suono metallico. Abbassò la maniglia con delicatezza e spinse la porta piano, cercando di non fare rumore per paura di disturbare il suo coinquilino nel caso dormisse. Entrò nell'appartamento e immediatamente la piacevole sensazione del profumo di casa gli investì le narici. Richiuse la porta alle proprie spalle e poggiò con noncuranza il mazzo nel piatto di ceramica quando vide Jimin seduto sul divano. Si tolse le scarpe e le mise al loro posto, essendo una persona molto ordinata e amante della pulizia. Come da abitudine rimase a piedi nudi: non era una cosa molto apprezzata da sua madre, ma in quel momento lei non c'era con lui in città, perciò poteva permetterselo, no?

«Sono a casa!» avvertì per far presente al coinquilino -nonché suo migliore amico- di essere arrivato. Lo vide seduto comodo, concentrato su quello che stava guardando in TV, tanto da rivolgergli solo un cenno con la mano, come se quello che stava facendo fosse di vitale importanza. Però forse non era poi così disinteressato o disattento, infatti Jimin era abbastanza preoccupato per Taehyung, sembrava così spento in quegli ultimi tempi, così stanco, distante. Aveva il volto pallido e le occhiaie gli incorniciavano gli occhi come prova del fatto che non dormisse la notte. Non passava il tempo con lui come prima, non gli raccontava come stesse andando con gli esami, né di come fosse andata la giornata. Si stava chiudendo in sé stesso creando una bolla apparentemente impossibile da scalfire.

Ma non per Jimin, no.

Non per lui che ormai aveva imparato a capire l'amico. Sapeva ci fosse qualcosa di abbastanza grande da ridurlo in quello stato: distrutto. Ma sapeva anche che Taehyung non gliene avrebbe parlato fino a quando non si sarebbe sentito pronto. Per questo ricambiò il saluto facendo finta di niente, senza trattarlo come un bambino, senza farlo sentire in difetto, senza costringerlo a parlare.

«Vado a fare una doccia» parlò la voce profonda e bassa del più piccolo fra i due. Era palese quanto fosse stanco, bastava guardarlo: oltre alle occhiaie profonde e scure, stentava a tenersi in piedi ed era costretto ad appoggiarsi allo stipite della porta per non crollare in avanti. In risposta ricevette un annuire e un mugugno di assenso da parte di Jimin che tornò con lo sguardo rivolto verso la televisione.

Taehyung si affrettò a prendere il cambio dall'armadio per godersi la tanto agognata doccia calda. Aveva bisogno di lavare via quella stanchezza per prepararsi alla sessione di studio che lo attendeva -nonostante l'idea di dover passare la serata in compagnia dei libri scolastici non era entusiasmante, non lo era proprio per niente.

Odiava il mercoledì, era così dannatamente stancante, aveva il turno più lungo del solito e come se non bastasse doveva studiare la sera fino ad addormentarsi da seduto, con il libro sulle gambe e gli occhiali sul ponte del naso.

Si spogliò dai vestiti sporchi che l'avevano accompagnato in quella lunga quanto estenuante giornata e li lasciò momentaneamente sul pavimento evitando accuratamente il proprio riflesso. Doveva farlo per sé, per evitare un'altra crisi di pianto, per non sentire la nausea salire, per non sentire i pensieri affollarsi fino a fargli scoppiare il cervello. E sembrava così ridicolo in quel momento, in piedi che si guardava intorno per non guardarsi allo specchio, per non vedere il proprio riflesso e sentirsi disgustato dalla sua figura. E nonostante in fondo già lo sapesse, forse avere solamente il ricordo del proprio aspetto faceva di gran lunga meno male.

Aprì le ante in vetro del box doccia e si mise sotto al soffione dopo aver regolato la temperatura dell'acqua: gli piaceva calda, non bollente, ma nemmeno tiepida. Poggiò la fronte sulle piastrelle bianche in marmo e chiuse gli occhi lasciando che l'acqua calda gli colpisse le spalle per rilassare i muscoli tesi. Sospirò immediatamente come sentì tutto d'un tratto la stanchezza scivolare via, mentre il sonno invece non smetteva di bussare alle porte con insistenza. Si portò i capelli bagnati indietro con un gesto veloce della mano scoprendosi la fronte. Sospirò per l'ennesima volta mentre cercava di impedire ai pensieri di assillarlo troppo, di confonderlo e di farlo sentire immensamente piccolo. Si concesse qualche altro minuto di pausa prima lavarsi per bene ed uscire, riservando nuovamente quel trattamento allo specchio.









Angolino autrice:
hello, primo capitolo, introduttivo, molto breve e non tanto chiaro.
probabilmente sarà anche il capitolo più breve di tutta la ff :)

spero vivamente sia scritto in italiano e nel caso ci fossero errori segnalatemeli pure <3

fatemi anche sapere cosa ne pensate :D

word count: 1151

𝐈𝐍𝐒𝐄𝐂𝐔𝐑𝐄 || TAEKOOKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora