Capitolo 1

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4 mesi dopo.

Matricola 41732, il mio vero nome qui dentro non conta. Mi hanno rinchiuso in questa cella di tre metri quadrati, in attesa di processo e condanna, una pena ingiusta per un reato che non ho commesso. Mi hanno accusato di aver ucciso il mio coinquilino e amico, Jeremy Caine dopo una serata passata insieme a una festa.

Secondo i rapporti della polizia scientifica lo avrei ucciso con alcuni colpi di pistola calibro trentotto che sono andati dritti a colpire organi vitali. Morto nel giro di pochi secondi. Non c'è stato proprio nulla da fare. I soccorsi non hanno che potuto decretarne la morte e lo hanno portato via coperto da un lenzuolo bianco, un immagine che a distanza di mesi ancora fa molto male.

Poi per fuggire alle mie responsabilità e dai sensi di colpa avrei anche tentato di suicidarmi, ma non ci sono riuscito. Mi sarei sparato alla gamba e poi svenendo avrei battuto la testa sul duro pavimento.

Ma io, il porto d'armi non l'ho mai avuto. Una pistola, non l'ho nemmeno mai impugnata e non ho la più pallida idea di come funziona. Sono sempre stato contrario ad ogni sorta di arma.
Eppure, in questa hanno trovato le mie impronte digitali.

Non ricordo niente.

Passo le mie giornate isolato nella mia cella, tra letto e sgabello, a leggere, pensare e rimurginare.
La maggiorparte della giornata, la passo studiando perchè voglio finire gli ultimi esami che mi restano per laurearmi e, avere qualcosa da fare mi permette di occupare il più possibile le tristi e monotone giornate chiuso qui.
Sono iscritto alla facoltà di Lettere, mi mancano davvero pochi esami per pensare di mollare tutto proprio ora.

Ogni tanto guardo fuori dalla finestra e vedo solo il grande cortile del carcere. Oltre il muro di cinta ci sono i canali, il mare, la folla di turisti che tutto l'anno popolano le calle di Venezia; provo a immaginare il profumo di salsedine.
Chiudo gli occhi e penso a quel momento in cui finalmente potrò respirare nuovamente a pieni polmoni aria di libertá.
Chissa, se e quando riuscirò a far valere la mia innocenza.

Non riesco a darmi pace.
Devo riuscire a raccogliere un po di cocci e ricordare quello che è successo la notte tra il 3 e il 4 settembre 2012.

Ho il permesso di fare qualche telefonata al mese, non ricordo bene le istruzioni che mi ha dato l'agente matricolista, forse una a settimana, ma non ha importanza, non ho voglia di sentire ne vedere nessuno, nemmeno i miei genitori, anche se sono ancora tra le poche persone che credono ancora alla mia innocenza. Giusto per correttezza accetto le chiamate e i colloqui con il mio avvocato che mi tiene costantemente aggiornato sulla situazione e sta facendo di tutto per tirarmi fuori di qui. Ogni tanto mia madre mi fa avere un pacco con viveri, vestiti puliti e qualcosa da leggere.

Tra un po ci sará il cambio di turno nella mia sezione. Chissà chi mi toccherá oggi come controllore; spero vivamente che ci sia Biagio, è l'unico agente comprensivo con il quale posso scambiare qualche parola. Ah, Biagio non è il suo vero nome, per questioni di sicurezza e di privacy non possiamo sapere il nome degli agenti in servizio. Lo chiamo così semplicemente perchè non mi piace chiamarlo agente, ed è il primo nome che mi passava per la testa, così appena presa un po di confidenza gli ho affibbiato questo pseudonimo. Penso abbia sulla quarantina ed è diventato per me un amico; non è arrogante e autoritario come molti altri, fa il suo lavoro con passione e finito il suo turno mi saluta sempre prima di tornare a casa dalla sua famiglia. Certe volte penso che ci voglia proprio un bel coraggio per fare il mestiere di secondino.

Lui, alla mia innocenza sostiene di crederci davvero, però mi dice sempre di aver pazienza e non parlare troppo se voglio uscire di qui e salvarmi la reputazione perchè c'è tanta corruzione anche dove e da chi meno ci si aspetta; che molto spesso è difficile stare qui dentro ma se sei convinto di essere nel giusto le cose si sistemano, di fidarmi di chi mi sta vicino. Presto forse potrei tornare a ricordare cosa è successo quella maledetta notte. È solo questione di tempo.

La sera qui invece purtroppo è sempre triste, sopratutto quando arriva il momento di coricarsi perchè ultimamente continuo a fare incubi ricorrenti e mi sveglio di soprassalto urlando. Sogno sempre gli stessi eventi. Quella maledetta notte.

Vorrei poterne parlare con qualcuno, penso mi aiutarebbe a fare più chiarezza sulla situazione che sto vivendo e sulla grande ingiustizia che mi ha investito. Proverò a parlarne al mio avvocato al prossimo colloquio, sembrano sogni così realistici. Magari qualcosa si può tirarne fuori per riuscire a risolvere questo caso.

LA CUPOLA DI SAN MARCODove le storie prendono vita. Scoprilo ora