Capitolo 3

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L'incubo


Sono steso per terra privo di sensi, avverto un dolore atroce alla gamba destra; devo essere svenuto perchè non riesco a vedere più niente, solo oscurità. Non capisco ne dove mi trovo ne cosa mi è appena accaduto.

Non riesco a muovere nemmeno un muscolo, non sono più padrone del mio corpo.

Avverto in lontananza un rumore di passi, che si allontanano correndo e si fanno sempre più distanti. Qualcuno o qualcosa sta scappando.
Un brivido gelido mi attraversa, sono intrappolato nel mio corpo.
Le palpebre, troppo pesanti per cercare di ribellarmi e provare ad aprire gli occhi.
L'ultima immagine che mi passa davanti è una maschera nera dal naso lungo. Venezia è famosa per il carnevale e quindi so per certo che si tratta della maschera di Pulcinella; ma perchè proprio Pulcinella? Cosa significa?

Una voce profonda sussurra "Te la sei cercata andando a curiosare in affari che non ti riguardano, adesso quello che hai visto non lo saprà nessuno, il nostro segreto finirà con te nella tua tomba".
Non riesco a riconoscere la voce perchè mascherata da un modulatore vocale, quegli aggeggi che anche in televisione modificano la voce di chi non vuole o non puo farsi vedere. Non capisco se si tratta di un uomo o una donna.

Mi sveglio di soprassalto e ci metto un po a rendermi conto che era solo uno dei miei soliti incubi ricorrenti. Eppure sembrava tutto così reale.
Ormai questi sogni sono all'ordine del giorno, anzi della notte, ma ogni volta è come se fossero nuovi.
Ogni dannata volta si aggiunge un dettaglio; questa è la prima volta che sento la voce della persona mascherata.

"Te la sei cercata", cosa vorrá significare.

Starò senza dubbio impazzendo. Sono tutto sudato e in preda al panico.

Con calma, decido di alzarmi dal mio letto, vado in bagno, una stanza un pò vecchia e angusta, ma per lo meno c'è il minimo indispensabile. Mi rinfresco il viso con una bella gettata di acqua fresca e cerco di tornare alla realtà il più in fretta possibile.

"E'stato solo un incubo" penso.

Guardo l'ora nel piccolo orologio appeso alla parete della cella, sono le sette e quarantacinque minuti; tra poco dovrebbero passare con il carrello della colazione.

Menomale.
Il caffè fornito dalla cucina del carcere è una mera schifezza, ma pur sempre caffè e non posso rinunciare alla mia dose di caffeina giornaliera, questione di sopravvivenza.
Ecco cosa devo fare la prossima volta che mamma verrà a trovarmi, farmi portare un fornelletto, moca e caffè. Almeno potrò anche gustarmelo invece di berlo tutto d'un fiato per evitare di lasciarlo li.
Invenzione divina, il caffè!

"Colazione"esclama l'inserviente accompagnato da un agente.

Finalmente penso tra me e me.

Nel giro di qualche minuto sono davanti alla mia cella.

"Nottataccia signor Russo, eh?" asserisce la guardia rivolto a me forse notando la mia faccia spaurata, il mio viso pallido e le borse sotto gli occhi gonfie e nere.

"Soliti incubi" rispondo cercando di non dare troppo peso alla situazione.
Non voglio far vedere di essere debole e depresso.

"Russo,si prepari e faccia colazione in fretta, oggi è giornata di colloqui. Alle nove arriverà il suo avvocato per discutere con lei di alcune cose. Abbiamo convocato noi qui la signorina Vitale. Forse potrebbe raccontarle dei suoi incubi, le farebbe bene, magari la mette in contatto con un bravo strizzacervelli di sua conoscenza".

"Non ho bisogno di uno psicologo, voglio solo che mi crediate. Non ho fatto nulla, sono innocente. E' assolutamente ingiusto che io sia qui dentro in attesa di processo per qualcosa che non ho fatto. Non mi stancherò mai di ripetervelo. Dovete farmi uscire, cercare altre prove, interrogare persone. Perchè non fate nulla, diamine! Qualcuno deve aver visto qualcosa."

"Si certo, ah Paolì, e io sono il Doge di Venezia" mi schernisce mettendomi così a tacere.

Se ne va ridacchiando dopo avermi passato il vassoio con una tazza di caffè annaquato, un succo di frutta e una confezione monoporzione di biscotti.

Amareggiato bevo il mio caffè; il resto lo lascio sul tavolo. Non ho molta fame. Se ne avrò voglia mangerò qualcosa più tardi.

E' proprio vero, non tutti gli agenti sono come Biagio. Qualche volta mi ritrovo di fronte a soggetti che non hanno nessun rispetto ne umanità per lo stato d'animo della persona che si trovano ad avere davanti. Anche se non mi credono, va bene lo stesso ma non è giusto infierire. Credo si possa anche stare in silenzio piuttosto che farsi beffa degli altri. So per certo che qui dentro ci sono persone che hanno commesso azioni terribili e che non meritano di essere compresi e trattati con cortesia, ma non siamo tutti uguali.

Sono colpevole forse di essere un ragazzo un pò ribelle, quello si; ho sempre pensato che i miei capelli ricci e arruffati, il mio eskimo, la mia kefiah e le mie All stars rosse e sgualcite, agli occhi della gente di giustizia dessero un po fastidio. Ma da qui a volermi accusare a tutti i costi, no davvero.

Lascio stare i miei pensieri per un attimo e vado a preparami. Tra un po' il mio avvocato sarà qui. Farò meglio ad avere per lo meno un aspetto presentabile. Certo, forse meglio che accenni qualcosa dei miei incubi. Magari potrei farmi prescrivere qualche tranquillante o sonnifero per rendere il mio sonno un po' più piacevole e rilassato. Ho estremo bisogno di riposare.

Spazio autrice:

Ormai posso dire che la mia storia, pian piano sta iniziando a prendere forma, non so come andrà ma è certo che mi sto divertendo un sacco a scriverla. Per questo ringrazio infinitamente AsiaDiCarlo3 che mi ha spronato a iniziare a scrivere. Se non fosse per lei non mi sarei mai lanciata in questa avventura.

LA CUPOLA DI SAN MARCODove le storie prendono vita. Scoprilo ora