Capitolo 4

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Il colloquio

Sono le nove in punto quando l'agente in servizio, viene a chiamarmi per avvertirmi che il mio avvocato è arrivato per il colloquio. Non è lo stesso che mi ha portato la colazione e con cui ho avuto il diverbio poco fa, per fortuna, così mi sento più tranquillo.

Da dietro le sbarre mi invita ad avvicinarmi alla porta per essere pronto a uscire. Estrae dal mazzo la chiave giusta per aprire la serratura blindata; la inserisce nella toppa un pò arruginita e con un piccolo sforzo riesce a spalancare il varco che mi separa dal corrodoio esterno.

Mi infila le manette per essere certo che non mi azzardi a ribellarmi o scappare. Vorrei davvero farlo ma per qualche motivo riesco sempre a trattenermi; forse per paura e sopratutto perchè un tentativo di fuga riserva sempre una punizione esemplare e un peggioramento della pena. Un simile atteggiamento non giocherebbe a mio favore in questo momento sopratutto in tribunale quando inizierá il processo. Cerco di tranquillizzarmi e respirare profondamente. Lungo il tragitto penso a quello che dovrò dire e se ho richieste in particolare da fare.

Percorriamo tutto il corridoio della sezione passando davanti alle altre celle; molto spesso mi chiedo chi ci sia rinchiuso nelle altre stanze e la mia immaginazione gioca spesso con la fantasia creando le storie di chi si cela lì dentro.
Scendiamo le scale e vengo accompagnato fino all'ingresso della sala colloqui.

Il salone è grande e freddo con pavimento in piastrelle azzurre e muri bianchi. Gelido, non tanto per la temperatura ma per il fatto che si respira un'aria priva di una qualsiasi emozione. Le espressioni rigide delle guardie e i colori che mi circondano me ne danno la certezza. Da un lato tre finestroni con sbarre alle finestre. Ad arredare la stanza ci sono una decina di tavolini con due sedie, una di fronte all'altra.

Vicino alla porta due agenti fanno da sentinella, fermi a controllare i colloqui.
Diverse volte ci sono state risse improvvise e occorre quindi intervenire immediatamente. La loro presenza deve essere d'obbligo. Certo è che vederli li armati, sempre pronti e sull'attenti con la pistola sulla fondina mette non poco in soggezione.

Stamattina la stanza non è molto affollata. Oltre a me ci sono altri due detenuti che dal modo di interagire sembra stiano parlando con familiari.
Poco mi importano le questioni altrui perciò cerco di concentrarmi solo sulla mia situazione e spero davvero che ci siano importanti novità a riguardo.

Appena varco la soglia, Letizia mi fa cenno con la mano per invitarmi a prendere posto di fronte a lei. L'agente mi scorta fino al tavolo, mi toglie le manette e poi se ne va congedandosi.

"Torno a riprenderti più tardi" afferma rivolto a me.

Faccio cenno di sì con il capo e mi accomodo. Finalmente riesco a rilassarmi un po e a rilasciare tutte le tensioni accumulate dalla nottataccia fino ad ora.

Letizia Vitale è il mio avvocato.
Per questioni economiche non abbiamo potuto scegliere un avvocato nostro per cui me ne è stato assegnato uno d'ufficio. Ma va benissimo così.
Lei è molto giovane, sempre ordinata e impeccabile con i lunghi capelli castano scuro raccolti in uno chignon che ne fa risaltare il viso e gli occhi verdi leggermente a mandorla. Oggi indossa un tailleur grigio composto da giacca e pantalone, camicetta bianca e ballerine nere; sembra quasi la sua divisa perchè la vedo quasi sempre vestita così. Questo abbigliamento le da un aspetto più maturo.

Probabilmente è fresca di studi stenterei a dire, ma sembra molto in gamba. Ha studiato giorno e notte il mio caso e sta mettendoci anima e corpo nel suo lavoro. Forse anche troppo, ma le sono molto riconoscente.
Fossi in lei non metterei mai piede in un posto del genere, perchè non sai mai con chi hai a che fare, ma mi ha sempre detto che fare l'avvocato era il suo sogno fin da bambina, difendere i giusti, far rinchiudere i criminali.

E pensare che guardandola non si direbbe mai che fa il mestiere di avvocato penalista. Già dai primi colloqui mi ha raccontato qualcosa di sè tanto che ora ci diamo addirittura del tu. Mi raccontò che la sua famiglia vive al sud, dove spesso si deve fare la scelta se stare dalla parte della giustizia o della malavita. Il filo che collega le due fazioni è davvero molto sottile.
Infatti fin dall'infanzia ha deciso di stare dalla parte dei giusti. La ciliegina sulla torta è stata certamente la passione che ha sempre avuto per film e libri gialli e la criminologia in generale. Per lo meno per quanto riguarda i libri abbiamo una passione che ci accomuna e infatti ogni tanto ci consigliamo letture a vicenda

Ha deciso di allontanarsi da casa per studiare spostandosi dalla Sicilia fin qui in Veneto. Forse proprio qualche fatto accaduto nella sua famiglia l'ha portata a prendere questa decisione ma non ne ho la certezza, forse un giorno me lo racconterà. I suoi occhi celano comunque una vena di tristezza e un pò di rancore per la sua terra.

Dopo la laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti e praticantato si è iscritta all'albo degli avvocati. Ha fatto un concorso pubblico statale ed è stata chiamata qui per collaborare con il tribunale.

Ha sempre creduto nella mia innocenza, dicendo che nel mio caso ci fosse qualcosa di strano e losco, che sarebbe stato giusto indagare più a fondo senza fermarsi alle prime impressioni e giudicarmi colpevole con così poche prove. Mi raccomandò da subito anche di cercare di parlare il meno possibile se volevo avere qualche speranza di uscirne pulito. Di fidarmi di lei che anche se con poca esperienza sapeva riconoscere il viso di una persona colpevole.

Così sto facendo, ma la situazione qui dentro sta diventando difficile e insostenibile quindi oggi credo che cercherò di insistere per riuscire a smuovere qualcosa. Da qui posso fare ben poco. Posso solo contare su di lei e sui miei genitori.

LA CUPOLA DI SAN MARCODove le storie prendono vita. Scoprilo ora