☾ 𝟏𝟔

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"Pensi che riuscirò mai a fare questo dannato incantesimo senza nessun errore?" Domandò la giovane spazientita guardando il suo mentore. Quel giorno si erano incontrati nel bosco, lontano da occhi indiscreti e al sicuro dai genitori di lei. La giornata era ventilata e uggiosa ma nulla aveva impedito ad Emma di uscire di casa per cercare la sua amica.

"Volere è potere, Guerrieri. Se continuerai ad esercitarti ce la farai" Cantilenò lui per la centesima volta mentre era intento a giocare con i piccoli fuocherelli che fuoriuscivano dalle sue mani.

Emma lo guardò dalla testa ai piedi, la sua noncuranza le dava il nervoso. Pensò a tutte le volte in cui Lorenzo l'aveva fatta spazientire negli ultimi tempi e le venne da ridere; ogni volta che si incontravano avevano un motivo per prendersi a cornate tra di loro, litigavano come se fossero una coppia di sposi.

"Diavolo, ragazza, è il caso che tu smetta di fare pratica o cadrai nell'isteria" Commentò Lucenti osservandola curioso. Lei cercò di calmarsi e riprese fiato per rispondergli.

"Mi fa ridere la tua capacità di farmi infuriare, Lucenti" Il suo tono era stranamente pacato e gentile, poi si tramutò in una furia: "Perché invece di giocare come un bambino di due anni con le macchinine non mi aiuti, idiota!"

Stavolta fu lui a ridere. Si avvicinò lentamente alla ragazza e intrecciò una mano nella sua, i loro sguardi si incrociarono e ci fu qualche secondo di silenzio. Il cuore della neomaga batteva all'impazzata e le sue guance divennero rosse per l'imbarazzo. Con la mano libera Lucenti la prese per il mento e si avvicinò con le labbra all'orecchio della giovane; la fece indietreggiare finché la sua schiena non aderì al tronco di un pino, Emma non aveva più scampo. In tono soave le sussurrò:

"I bambini di tre anni giocano con le macchinine, tesoro"

Lei lo allontanò con una spinta, poi sospirò e sussurrò:

"Io non posso crederci"

"Ti aspettavi una dichiarazione d'amore, Guerrieri?" Chiese l'altro divertito.

La neomaga indugiò a rispondere, perché aveva reagito in quel modo? Rimase interdetta, poi si riscosse e rise.

"Certo che no, Lucenti. Non ho tempo per l'amore, ho altro a cui pensare al momento" Nascose un sorriso e un immagine orribile si fece spazio nella sua mente, Martina era imbavagliata in una stanza buia ed era circondata da persone incappucciate che indossavano una tunica scura e austera. Emma scosse la testa e si guardò intoro, aveva la pelle d'oca. Guardò il giovane con aria preoccupata e gli occhi smeraldo del ragazzo si illuminarono.

"Lorenzo, ho bisogno del tuo aiuto"

***

"Siediti a gambe incrociate di fronte a me, voglio che tu prenda le mie mani e non le lasci per nessun motivo al mondo. Non devi distrarti per nessuna ragione, sono stato chiaro?"

Lei annuì e fece come richiesto, chiusero entrami gli occhi e crearono una connessione così potente che fermarono il vento. Emma si sentì a contatto con la terra, provò una sensazione strana, come se un miliardo di insetti le stessero camminando addosso. Pensò intensamente a Martina e alla sua famiglia, la sua mente vagò per tutta Triora finché non giunse di fronte alla porta della loro casa. Immaginò di entrarvi ma una forza la spingeva fuori dall'uscio dell'abitazione. Non si perse d'animo e provò ancora senza ottenere successo. Lucenti le consigliò di provare in un altro. La portò mentalmente fino a casa Guerrieri e la condusse alla libreria di famiglia. Prese un libro e iniziò a sfogliarlo finché non arrivò ad una pagina il cui titolo diceva: Le origini della famiglia. Passò il tomo alla giovane affinché potesse leggerlo, ma era interamente in latino. Si sforzò di comprendere cosa ci fosse scritto ma tutto ciò che comprese fu il termine "puella". Spremette le meningi e ricordò di quella lettera che aveva letto assieme alla sua amica, il testo parlava di Manuel, della caccia alle streghe, dell'omicidio che suo padre aveva commesso. Un ricordo lontano e nitido attraversò la sua mente, suo padre e quello di Martina avevano fatto un patto che era stato suggellato da una stretta di mano. Poi un rogo, delle urla, una donna che piangeva, un sorriso diabolico sul volto di un parroco e un uomo che sbraitava a più non posso con il dito puntato su suo padre, Manuel che si difendeva sussurrando 'volevo solo fare del bene'.

Fu Lorenzo a lasciare la presa. Quei ricordi non erano della ragazza che aveva davanti, ma suoi. Una lacrima amara rigò il viso di Emma e le sue mani iniziarono a tremare. Lui rimase impassibile, come se nulla fosse accaduto, continuò a fissare la sua reazione senza dire una parola.

"Tu conosci mio padre..." Sussurrò lei sconvolta "Sapevi tutto di me, sapevi che mio padre era un mago e che è stato perseguitato. Perché non me l'hai detto sin dal principio"

"Perché non era il momento. Adesso sai perché sei così legata a Martina"

"Ti prego, dimmi solo se le stanno facendo del male, se i suoi genitori le hanno fatto qualcosa, per favore" Mugugnò tra le lacrime

"Non spetta a me rispondere."

Così Lucenti si alzò e sparì nel nulla. Emma si alzò lentamente e, dopo essersi asciugata le lacrime, si scrollò di dosso la terra. Si diresse verso casa con sguardo fiero e ostile, il tempo dei giochetti era finito, adesso voleva conoscere tutta la verità. Un semplice 'ne parliamo dopo' non le sarebbe bastato.

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