Luce e buio

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Una luce accecante, il buio opprimente, sono questi gli ultimi ricordi di Beatrice prima che la sua mente sprofondasse nell'oscurità.

Si era svegliata tardi quella mattina. La sera prima era rimasta alzata fino all'alba a causa di un incubo notturno, per fortuna era solo un sogno. Ancora in pigiama, da camera sua si spostò in cucina per fare colazione: una grande tazza di caffè senza zucchero e una fetta di crostata all'albicocca, tanto per rimanere "leggera".

 La giornata era cominciata come un qualsiasi mattino di giugno: caldo non eccessivo, cielo sereno con qualche nuvoletta bianca e soffice che galleggiava nell'azzurro... si prospettava essere una bella giornata per Beatrice. Qualcosa di quel mattino così ordinario però era destinato a prendere una brutta piega, anche se ancora non lo sapeva.

 Ricorda il vento che le scompiglia la lunga chioma castana, i suoi profondi occhi verdi che osservano il panorama, un brano rock in sottofondo nella sua macchina, ma niente di ciò che avvenne dopo le affiora nuovamente alla memoria.

 Era una ragazza di soli vent'anni molto dinamica e solare, sempre con il sorriso sulle labbra e capace di regalare ottimi consigli a chiunque. Tra i suoi pregi più grandi c'erano sicuramente la sua infinita creatività e la capacità di saper ascoltare gli altri. A volte, nonostante la sua attitudine a chiacchierare continuamente, si sentiva a disagio con gli altri e risultava un po' timida. Forse la sua maggiore debolezza era l'impulsività. Lo sapeva, ma non le importava più di tanto. Aveva sempre agito d'impulso in ogni situazione complicata, senza che se ne fosse mai pentita, e avrebbe continuato a farlo senza ripensamenti. 

Quel 16 giugno però la cambiò per sempre. Beatrice doveva incontrarsi con la sua migliore amica Viola, di diciannove anni, che per ironia della sorte, si chiamava proprio come il colore preferito di Beatrice. 

Viola era una ragazza molto particolare: per cominciare era molto alta e magra, avrebbe potuto fare la modella. Aveva dei folti capelli corti e neri, li pettinava moltissimo prima di uscire e aveva due grandi occhi color nocciola, meravigliosi secondo Beatrice. Un po' di lentiggini le ricoprivano il suo piccolo naso e le guance bianche, come il resto della sua carnagione. Vestiva sempre con jeans aderenti, le donavano davvero molto, e spesso metteva una camicia bianca o con colori pastello, i suoi preferiti. Amava il colore verde, ciò poteva essere intuito dalle sue borsette tutte rigorosamente verdi, ed ognuna di una tonalità di verde diversa: quella verde acqua la metteva sui jeans più chiari, quella verde brillante con la catenella d'oro la metteva sul vestito nero, ma la sua preferita in assoluto era quella verde smeraldo il cui abbinamento era: camicia bianca, jeans blu scuro e stivali neri alla caviglia. 

Di carattere possiamo dire che fosse l'opposto di Beatrice: estremamente tranquilla, a tratti era anche molto silenziosa, non aveva grandi doti creative, ma compensava con una grande generosità e bontà d'animo verso chiunque, e inoltre aveva anche una tenacia che le faceva portare a termine qualsiasi obiettivo lei avesse in mente di realizzare. Era un po' lunatica a volte, ma ciò non la rendeva antipatica, la faceva essere solo più imprevedibile di umore. 

Lei e Beatrice si conoscevano da quando avevano solo 3 anni, da allora non si erano mai separate. Avrebbero dovuto incontrarsi vicino al mare quel pomeriggio, nella spiaggia preferita da entrambe, la stessa che frequentavano in ogni singola estate. 

Era una spiaggia molto grande, con l'acqua sempre limpida e una bella pineta dove ripararsi dal cocente sole estivo. Beatrice adorava quella sabbia morbida e tutte le conchiglie che vi erano. Ogni volta lei e Viola discutevano perché Beatrice tornava a casa piena di conchiglie. Erano quasi un'ossessione per lei. 

La spiaggia non era molto distante da casa di Beatrice, pensò quindi di riuscire ad arrivarci a piedi. Quella strada per raggiungere la spiaggia la percorreva quasi ogni mattina e il tragitto non lo cambiava mai: usciva dal cancello di casa sua, superava i giardini con le piante in fiore, attraversava il parco, prendeva la strada del centro e dopo aver camminato per un tratto di lungomare arrivava a destinazione.

 Adorava passare per quella strada: a giugno i glicini dei giardini emanavano un profumo che le piaceva moltissimo, inebriavano l'aria d'intorno, e in più avevano quel bel colore violetto che amava e che le ricordava Viola. Una strada sempre piuttosto calma e poco trafficata, ideale per le tranquille camminate che era solita voler fare. Nel parco, principalmente pineta, c'erano molti giochi per bambini e le loro risate risuonavano gioiose nell'ambiente circostante.

 Attraversare il parco ogni volta le faceva tornare in mente vari ricordi della sua infanzia, quando anche lei era solita trovarsi con i suoi amici a giocare su tutte quelle altalene e sugli scivoli variopinti. Si, le piaceva molto passare per quella strada. 

Quando arrivava nella via principale del centro era spesso catturata dalle colorate vetrine estive, dove osservava molto ogni oggetto che vi era presente, spesso ritardando anche agli appuntamenti con Viola, che ormai conoscendola, si presentava anch'essa con 10 minuti di ritardo per non aspettare Bea troppo a lungo. Quelle vetrine a tema estivo... erano così creative, variopinte, le catturavano l'attenzione come poche cose sapevano fare. 

Spesso si ritrovava a fantasticare su come sarebbe fare la modella e diventare un nuovo volto per le vetrine come quelle. Fin da piccola era sempre stata una grande amante della moda. Però diventando più grande cominciò a mettere da parte questa sua passione per concentrarsi sull'arte. Beatrice non poteva proprio fare a meno di disegnare. Era una parte di lei che era sempre risaltata, e uno dei pochi passatempi che la coinvolgesse davvero. Pennelli, tempere, matite, pennarelli, tele, album da disegno...camera sua a volte sembrava un atelier.

 Il programma per quel pomeriggio con Viola era: una lunga passeggiata per chiacchierare, prendere il sole per un po', giocare a carte e prima di andare via un bel gelato con i loro gusti preferiti, per Beatrice crema e fior di latte, essendo lei amante dei gusti delicati, per Viola cioccolato e nocciola, preferendo quest'ultima gusti più golosi.

 Niente di ciò che fu programmato però andò come previsto. Forse se Beatrice non fosse stata così sbadata, nulla di ciò sarebbe accaduto. 

Per prepararsi ci impiegò meno del solito: prese dal suo caotico armadio una semplice maglietta a mezze maniche di cotone bianca, con la scritta "summer time" sul petto. Afferrò un paio di pantaloni beige, lunghi ma leggeri, stretti in vita e larghi in fondo. Anche della scelta delle scarpe non si curò più di tanto, infatti prese le prime che si trovò davanti, cioè un paio di sneakers bianche ancora mai messe. Non aveva voglia di legarsi i capelli, per cui prese un elastico nero e lo mise al polso, nel caso se li avesse voluti legare in seguito. 

Uscì di fretta, voleva andare a piedi per il suo solito percorso e arrivare prima all'appuntamento per passare a prendere una maglietta nuova che aveva visto in una vetrina: era fatta di un tessuto rosso leggero, con la scollatura a cuore e gli spallini. Le piaceva molto, ma sfortunatamente, quando fu a metà strada, si accorse di aver dimenticato il suo borsellino giallo.

 Velocemente tornò in casa e lo prese insieme agli occhiali da sole, anch'essi dimenticati. Rendendosi conto di essere davvero in ritardo stavolta, molto più del solito, decise di prendere la macchina per non far aspettare troppo tempo Viola. Mise un brano degli Scorpions, uno dei suoi gruppi preferiti, abbassò il finestrino a metà, quanto bastava per far entrare un po' d'aria. Beatrice partì per raggiungere Viola.

 Era quasi arrivata quando una macchina, il cui conducente era distratto dal cellulare, sfrecciò a tutta velocità verso di lei. Quando Beatrice si accorse del pericolo era troppo tardi: le due macchine si scontrarono. Il dolore provocato dall'impatto la pervadeva in ogni centimetro del corpo.

 Tutto durò pochi secondi ma sembravano secoli. Poi, quel tremendo dolore che provava scomparve in un attimo, non percepiva più nulla. Non sentire più quell'agonia le diede un sollievo immenso. Le ultime cose che vide furono prima la luce, poi il buio.



[Fine capitolo 1]

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