Questione di scelte

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Aprì gli occhi, quei suoi bellissimi occhi verdi, in quel momento vuoti e impauriti. Osservò ciò che le stava intorno, come alla ricerca frenetica e disperata di qualsiasi punto di riferimento, qualcosa a lei familiare. Ma nulla da fare. 

Quello per lei era un luogo totalmente sconosciuto. Non conosceva nulla del posto dove si era improvvisamente ritrovata e non aveva la più pallida idea di dove potesse trovarsi. 

Le sembrò un luogo davvero strano. Si trovava in un bosco la cui vegetazione era costituita in prevalenza da abeti. Un posto molto umido dove c'erano solo alberi a perdita d'occhio, come se dall'interno di quel groviglio di vegetazione non vi fosse alcuna via d'uscita. 

Sopra di lei il cielo era cupo, proprio come se stesse per piovere. In lontananza riuscì a scorgere della alte montagne innevate, con vette taglienti che squarciavano la coltre di nuvole grigie. Dalle cime fino alle pendici di quelle montagne scendeva una densa foschia, che si faceva meno fitta man mano che raggiungeva la valle. Si propagava senza che niente ne intralciasse il cammino. Il muschio regnava sugli alberi, ne ricopriva quasi completamente i tronchi.

 Era senz'altro particolare quella vista. In un altro contesto le sarebbe piaciuto passare del tempo in un posto del genere, solo lei con i suoi pensieri...magari avrebbe potuto dipingere quelle belle montagne o esplorare i dintorni. 

Ma qualcosa non andava. Qualcosa la faceva essere inquieta. C'era un silenzio assordante. Nessun rumore, né delle piante né degli animali, anzi, era come se di animali non ce ne fossero affatto. "Strano non vedere animali" pensò Beatrice, visto che era un bel bosco verde e rigoglioso. Quel posto era talmente silenzioso che le uniche cose che Beatrice riusciva a sentire erano il suo respiro e il rumore dei battiti del suo cuore, lo scorrere del sangue. 

L'ansia a quel punto le cominciò a offuscare la mente. Cercava di mantenere la calma, ma quella prigione di alberi la faceva sentire oppressa, come se non avesse vie di fuga. Prese un bel respiro, ripetendosi in vano di mantenere la calma. Cercò di riordinare la mente iniziando a ricordare come fosse finita lì, ma l'unico ricordo che le era concesso apparteneva all'istante dell'incidente. Il rumore di quell'impatto le risuonava all'infinito nella mente, smise anche di farci caso a un certo punto.

 Dopo molto che si trovava lì cominciò a perdere la calma precaria a cui aveva disperatamente cercato di aggrapparsi. Rendendosi conto di non avere la minima idea di dove fosse o di cosa poter fare, scoppiò a piangere. Quella situazione la stava facendo andare fuori di testa, per di più era completamente sola. 

Presa dallo sconforto si accasciò a terra, rannicchiandosi al tronco di un albero e con le lacrime che le correvano lungo il viso. Sentiva molto freddo, i suoi vestiti leggeri non andavano bene per quel clima, in più cominciava a tirare vento.

 Sollevò lo sguardo, si accorse di trovarsi al centro di un sentiero che più avanti si diramava in due direzioni. Una delle due strade prendeva a sinistra e l'altra a destra, formando un bivio.

 Al centro della biforcazione vi era una scrivania. Era uguale a quella che aveva Viola in camera sua: grande, in legno chiaro, senza né mensole né scaffali. Decise di accantonare il suo timore per un momento e si avvicinò ad essa. 

Sopra vi era un libro con un elenco di nomi, come un registro. Accanto a ogni nome vi era scritta anche una data, diversa per ognuno di essi. Beatrice tra centinaia di nomi vide anche il suo: era l'ultimo dell'elenco, datato 16 giugno, ore 14:50, l'ora esatta che vide nella sua macchina al momento dell'incidente. Non poteva essere una coincidenza. Rimase lì, in piedi, fissando quei nomi dall'elenco, cercando di dare un senso a tutto quello che stava vivendo.

 Sentì un rumore dietro di lei, si voltò di scatto: era un ragazzo alto, magro, con dei capelli biondi e un po' riccioli, con degli occhi verdi molto chiari. Un ciuffo di quegli stessi capelli gli scendeva ribelle sulla fronte coprendogliela insieme all'occhio sinistro. Avrà avuto qualche anno più di Beatrice. Era vestito con una sobria camicia bianca e dei jeans neri; anche le sue scarpe erano nere. 

Senza badare troppo a Beatrice, il ragazzo si incamminò con calma verso il sentiero sinistro del bivio, come se sapesse esattamente dove andare. Si muoveva sicuro e con una calma imperturbabile. Al contrario, Beatrice, era più disorientata che mai. 

Mentre il ragazzo si allontanava le venne in mente di controllare un'altra volta l'elenco. Come sospettava era cambiato: adesso l'ultimo nome ad essere presente era "Oran", sicuramente il nome del ragazzo che stava ormai scomparendo dietro gli alberi di quel sentiero.

 Non sapendo cosa fare e con la paura di rimanere nuovamente sola nel bel mezzo del nulla, decise di seguire il misterioso ragazzo verso una destinazione a lei ignota:

<< Aspettami...Oran! >>

 Gridò nella speranza di farsi sentire nonostante la lontananza di quest'ultimo. Non ebbe risposta. Cominciò a corrergli dietro più veloce che poteva per recuperare la distanza che li separava, arrivando finalmente al termine del sentiero.

 Qualche metro prima della fine vide un segno a terra: una linea nera orizzontale del tutto simile a una bruciatura. Beatrice si fermò rimanendo indietro a osservare Oran avanzare verso quella linea. Appena la superò egli scomparve, proprio sotto ai suoi occhi.

 Per un momento rimase scioccata e incredula di fronte a quell'evento assurdo, proprio come il resto di quella situazione. Lei che da sempre preferiva scegliere la sicurezza all'irrazionalità, si trovava davanti all'inspiegabile, non riusciva a credere a ciò che aveva appena visto.

 La sua naturale curiosità però prese il sopravvento. Decise di avvicinarsi anche lei alla linea, con cautela.

 Era tutto ordinario all'apparenza, quella era soltanto una linea, era bruciata si, ma era pur sempre una linea. Doveva essere fisicamente impossibile far sparire una persona in quel modo.

 Si fermò a riflettere, cercando una spiegazione, formulando innumerevoli ipotesi e congetture. Con sua delusione non riuscì a notare nulla di strano.

 Restava solo una via da tentare, tanto per togliersi ogni dubbio. Si fece coraggio e oltrepassò la bruciatura, come aveva fatto Oran solo un attimo prima.

 Cercò di convincersi che tanto non sarebbe potuta andare peggio di così. Sperava con tutta se stessa che quella fosse la cosa più brutta che potesse capitarle. Avrebbe voluto che quello fosse stato il fondo, confidando nel fatto che sarebbe in qualche modo riuscita a risalire in superficie. 

Quanto si sbagliava... 


[Fine capitolo 2]




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