due: Che Cap 'e Cazz!

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"Non ci stai aiutando, ragazzina." Dice l'uomo mentre mi guarda insistentemente negli occhi, aspettando che io racconti qualcosa dell'accaduto.

"Quant vote te l'aggia ricr, Agè? Non ci parlo con gli sbirri." Incrocio le braccia e mi rilasso sulla panca di quella piccola cella inumidita.

"Cos'è successo ieri sera?" Ripete lui mentre si gira e rigira le chiavi tra le mani.
Io non rispondo, appoggio le testa al muro e osservo il luogo in cui mi trovo.

È una piccola stanzetta blu scuro. Le pareti sono completamente ricoperte da scritte volgari, fatte con indelebili neri, ma principalmente matite.

Il soffitto è color avorio, alle estremità di esso troviamo qualche punto in cui si presenta la muffa.

Il pavimento, invece, è costituito da delle mattonelle grigiastre fredde e umide, su cui il mio piede si muove freneticamente, annoiato dalle domande di quell'uomo.

L'agente continua ad osservarmi mentre solleva un sopracciglio, ed io semplicemente chiudo gli occhi e mi sposto i capelli all'indietro.

"Ma non ha altro da fare? Deve proprio perdere tempo qui? Tutto quello che dovevo dire l'ho già detto alla polizia fuori, quindi non vedo perché io debba parlarne con lei." Continuo mentre spero solamente che se ne vada.

Tuttavia, prima che possa arrivare una risposta dal quarantenne, una voce ci interrompe.

"O' sapevò che facive danno!" Esclama mia sorella Maria mentre si avvicina alle sbarre della cella con passo svelto.

"U e statt zitt Marì, famme durmì nu poc'" Rispondo io convinta che si sarebbe infuriata da un momento all'altro.

"Ma staje 'tt magnat? Come cazzo fai a prendere con poca serietà na cos del genere?" Questa volta a parlare è Camilla, mia sorella minore, che sbarra gli occhi e alza leggermente il tono della voce.

"Quando lo viene a scoprire papà ti fa fuori, ossaje?" Io di tutta risposta alzo gli occhi al cielo per l'ennesima volta in quella conversazione.

"C'ré? Vi mancherò?" Apro l'occhio sinistro solo per osservare le loro espressioni facciali, che dopo poco cambiano: il volto di Maria si ammorbidisce, mentre Camilla si passa la mano sulla faccia come stanca delle mie risposte.

"Miraccomando non creare casini lì dentro, non voglio che dai altri problemi a papà." Dice la più piccola.

"Ua ma tu pensi sol a papà?" Rispondo io spalancando gli occhi mentre osservo il suo viso angelico sempre ben sistemato.

"Serè, Camilla sta cercando di dirti, non fare come sempre l'egoista, ma cerca un attimo di pensare anche al sacrificio che dovrà fare papà per farti uscire." Spezza invece Maria per evitare risposte troppo pesanti da parte mia.

Dopo due minuti entra un uomo sulla sessantina, con un accenno di barba bianca, che inizia a parlare con le mie sorelle:

"Mi dispiace interrompervi, ma ci è stato comunicato dal Magistrato che vostra sorella deve essere trasferita all'ipm di Nisida all'istante." Dice l'uomo mentre cerca le chiavi della cella tra le sue infinite tasche.

"Siamo stat cca pe duje minuti e già ce ne dobbiamo andare?" Esclama Camilla alzando un sopracciglio.

"Ordine del Magistrato. Se la ragazza avesse detto qualcosa per migliorare la situazione avreste potuto parlare di più, ma ha preferito scegliere la strada del silenzio." Finalmente trova la chiave giusta e la gira nella vecchia serratura arrugginita che provoca diversi rumori parecchio acuti e fastidiosi.

"Che cap 'e cazz che si, Serè! Spero che ti danno una bell'aggiustata la dentro!" Dice Maria mentre il poliziotto mi trascina per un braccio e le mie mani sono bloccate da delle manette gelide.

𝗣𝗔𝗥𝗧𝗘𝗡𝗢𝗣𝗘, Ciro Ricci/Carmine Di SalvoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora