Capitolo 5

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Samantha alzò la testa dal cuscino. Sherlock dormiva ancora, con un braccio a coprirgli gli occhi e l'altro attorno alla sua vita, tenendosela addosso. La cacciatrice grugnì, cercando di divincolarsi dalla presa.
-Lo sento che stai cercando di andartene.-disse Sherlock, con la voce ancora impastata dal sonno.
-Devo andare a recuperare il cellulare.-mormorò, voltandosi a guardarlo. -Bobby potrebbe avermi mandato le pagine del libro che gli avevo chiesto, e...
Lui la zittì trascinandosela più vicino. Samantha si ritrovò sopra di lui.
-Sono serio.-disse il consulente detective, tirandosi su sui gomiti. -Non te ne andrai tanto facilmente da qui.
-Mmh...-lo baciò a stampo. -...ew, hai l'alito che puzza di carne morta.-sussurrò.
-Sei tu che hai insistito per le bistecche, ieri sera. Il giorno delle proteine, ricordi?-scese a tempestarle il collo di baci leggeri.
-Sì, ma...-strinse i denti per non lasciarsi sfuggire un gemito. -...ma dobbiamo ancora risolvere il caso, e...
-Scotland Yard brancola nel buio con casi ben più semplici.-sussurrò lui, baciandola sul petto e poi prendendole un capezzolo fra le labbra, succhiando appena. -...la loro reputazione non verrà intaccata, e neanche la nostra. La mia, perlomeno.-alzò lo sguardo verso di lei. La vedeva già accaldata.
-E la mia?-ridacchiò, accarezzandogli i ricci ribelli, un po' schiacciati a causa del cuscino.
-Samantha Winchester, tu non hai una reputazione qui a Londra. In America però a quanto pare sei...la cacciatrice di mostri più letale degli ultimi cento anni.-la guardò negli occhi.
-Quella reputazione deve restare dall'altra parte dell'Atlantico.-sospirò. -...avrei voluto evitare di cacciare anche qui, ma...-scrollò la testa.
Sherlock si alzò a sedere, prendendole il viso fra le mani. -Ti aiuterò io, te l'ho già detto. E non dire che sono un civile non addestrato, perché potrei stupirti.
-Sherlock...-scrollò la testa di nuovo, ma lui la zittì con un altro bacio. -...no. Non userai il sesso per convincermi a farmi aiutare da te con il caso.-lo ammonì, puntandogli il dito contro.
Lui le prese le prime due falangi fra le labbra.
-Oh, ti odio.-borbottò lei, prendendogli il mento e baciandolo con trasporto. Lui spostò le mani sulle sue cosce, stringendole. Tornò a baciarla sul collo, ma in quel momento sentì suonare il campanello.
-Oh, davvero?!-sbuffò Sherlock. -Se è mio fratello giuro che-...
-Se è tuo fratello gli sparo, Governo Inglese o meno.-sibilò, alzandosi dal letto e mettendosi la vestaglia rossa di Sherlock, stringendosela sul davanti.

-Sherlock è in casa?-chiese un uomo basso, coi capelli brizzolati e due enormi occhi grigi.
Samantha sbatté le palpebre. -Ehm...sì, sì. Aveva un appuntamento? Dev'esserselo dimenticato...-guardò verso la stanza da letto con la coda dell'occhio.
-No, no, nessun appuntamento.-disse l'altro. -Sono...
-John Watson!-esclamò Sherlock, emergendo dalla sua camera già vestito.
Samantha deglutì. John Watson, l'ex coinquilino di Sherlock, nonché ex assistente.
E se avesse voluto riprendersi il suo posto?
-Vado a...fare il the.-disse lei, dileguandosi in cucina.
John guardò lei, poi l'amico.
-Sherlock, mi sono...perso qualche passaggio?-mormorò.
-In effetti, caro Watson, credo di doverti una spiegazione...

-Quindi tu sei qui da due mesi.-disse John, prendendo un sorso di the. -...e non vuoi fargli da assistente.-si lasciò sfuggire una risata.
-Non ho la minima intenzione di fare da assistente a questo gigantesco borioso e pignolo idiota.-guardò Sherlock, seduto di fianco a lei sul divano.
Watson esplose in una fragorosa risata, che riecheggiò in tutto l'appartamento. -Oh, ti capisco. Però, alla fine, non puoi fare a meno di volergli bene, per quanto strano lui sia.-si leccò le labbra. -Fa ancora collezione di cose?
-Collezione? In che senso?-aggrottò la fronte.
-Beh, quando vivevo qui Sherlock ha rubato almeno metà dei miei calzini. E ogni volta che ne compravo un paio nuovo, beh...spariva nel giro di un'ora. Quando sono andato via ho dovuto ricomprarne un cassetto intero, me li aveva spaiati tutti.-guardò Sherlock diventare lentamente bordeaux in faccia. -...oh, scommetto che lo sta facendo anche con te, eh, Samantha?
-Mutandine.-disse lei, candidamente. -...lui sta facendo collezione delle mie mutandine. E il fatto che lo facesse anche con te, in un certo senso, quasi mi consola.
-Ehi, se vuoi vivere al 221B di Baker Street, hai Sherlock Holmes e le sue manie compresi nel prezzo.-spostò lo sguardo sul detective, che aveva avvolto un braccio attorno alla vita della donna e stava giocando con una ciocca dei suoi capelli.
-Sto iniziando a capirlo.-mormorò lei, voltandosi verso Sherlock e lasciandosi sfuggire un sorriso tenero. John osservò la scena, facendo internamente un sospiro di sollievo.
-John, come stanno Mary e la bambina?-chiese Sherlock. -Spero stia...andando tutto bene.-aggiunse, titubante.
-Oh, sì, molto bene.-sorrise l'altro. -Rosie cresce a vista d'occhio. Spero diventerà un po' più alta di me, però.-prese il cellulare e mostrò a Samantha le foto della figlia e del matrimonio. La cacciatrice ridacchiò, nel vedere Sherlock con in braccio la bambina appena nata, e poi al matrimonio di John con una donna bionda (Mary?), vestito come un pinguino.
-Ero il suo testimone di nozze.-disse Sherlock con voce assorta, mentre guardava quelle foto. Il ricordo di quel giorno ancora gli faceva male. -È stato...un gran bel giorno.-aggiunse.
Samantha sentì la presa attorno ai suoi fianchi serrarsi. Appoggiò una mano su quella dell'altro, per tranquillizzarlo.
John tossicchiò, quasi imbarazzato. -Oh, spero che tu non abbia cose preziose, o luccicanti.-disse a Samantha. -È peggio di una gazza ladra. Qualsiasi cosa che abbia anche solo un brillantino diventa automaticamente sua.
-Cose...preziose?-guardò Sherlock. -...no, fortunatamente non ho...non ho mai avuto nulla di valore. Mio fratello aveva una collana, ma...-scrollò la testa. -...lunga storia. Credo ce l'abbia ancora lui.
-Hai un fratello?-chiese John. -È qui? O è ancora in America?
-È morto.-Samantha strinse i pugni. -...lui...-fece un respiro profondo. Si rese conto solo in quel momento che per quei due mesi non aveva pensato a Dean. E si sentì malissimo. -...scusate, ho-ho bisogno di...-si alzò di scatto in piedi, chiudendosi nella stanza di Sherlock.
John guardò Sherlock. -Perdonami, non sapevo che...
-John, credo che...dovresti passare più spesso qui, ma che ora sia il momento che tu te ne vada.-ricambiò lo sguardo, seguendo Samantha in camera da letto.

A study on fireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora