Prologo

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Guardo l'ora e realizzo che a momenti dovrebbe rincasare mia figlia.

Riprendo il tagliere e il coltello che stavo utilizzando e continuo ad affettare le cipolle per la cena di stasera. Dopodichè passo alle zucchine.

Ne taglio una buona parte e quando ho quasi terminato finalmente sento la porta d'ingresso aprirsi e successivamente chiudersi.

«Tesoro? Sei tu?»

Quando invece di una risposta alle mie orecchie giunge un singhiozzo, mi preoccupo e vado a controllare.

Appoggiata alla porta trovo lei in lacrime, con le ginocchia al petto e il trucco leggero ormai colato.

«Madison? Che succede? Perchè piangi?»

Mi avvicino a mia figlia ormai diciassettenne e la stringo forte tra le braccia, in attesa di una risposta.

«L'ho visto mamma, io l'ho visto. Scott stava baciando un'altra» tira su col naso per poi riprendere «so che lui è il mio migliore amico e che non dovrei provare ciò che provo, ma proprio ora che mi ero decisa a confessargli i miei sentimenti lo vedo baciare un'altra!» un altro singhiozzo le esce dalle labbra carnose, identiche a quelle del padre.

«Mi ricordi me alla tua età, sai?» Le sussurro, pulendole via con il pollice le lacrime nere a causa del mascara «Vieni, alzati. Voglio raccontarti una storia»

«Mamma, sono grande per le storie ormai. E poi non mi sembra il caso adesso» sbuffa lei, testarda esattamente come me.

Le tiro delicatamente il braccio fino a farla alzare e, dopo essermi sistemata sul comodo divano color panna che abbiamo in soggiorno, la faccio sedere sulle mie ginocchia come quando era una bambina.

«Ascoltami, una volta finita potrai rimproverarmi tutte le volte che vorrai» le prometto.

Si mette più comoda appoggiando la testa sul mio petto.

«Okay» sussurra quasi impercettibilmente.

«Questa storia parla di una ragazza, Sam, e di un ragazzo, Alex. Entrambi vivevano a Beverly Hills, in California. Erano cresciuti insieme ed erano, quindi, praticamente inseparabili. Così tanto che anche una volta cresciuti rimasero migliori amici...»

Samantha

«Sam, scendi immediatamente da questo letto» sbottò mia madre per l'ennesima volta tirandomi via il caldo piumone e causandomi, quindi, una serie di brividi lungo tutto il corpo.

«E vedi di comprarti una sveglia nuova, è da una settimana che continui a fare tardi» continuò quando da parte mia ricevette solo una serie di lamentele incomprensibili.

Be', come darle torto. Avevo la terribile abitudine di lanciare "accidentalmente" le sveglie per aria la mattina, che sbattevano contro l'armadio o il pavimento e che finivano irrimediabilmente per rompersi ogni volta, costringendo mia madre a comprarmene sempre una nuova.

Quella volta però, decise di punirmi lasciandomi senza, con la speranza forse di ottenere da parte mia un minimo di responsabilità, o semplicemente sperava che mi togliessi quella piccola fastidiosa abitudine, dal momento che non avevamo soldi da buttare.

Ciò che aveva ottenuto, però, era solo una sfilza di ritardi da parte mia, che avevano portato a far diventare lei la mia sveglia vivente.

«Sono sveglia, sono sveglia» borbottai dopo un ennesimo urlo di mia madre, questa volta dal piano inferiore. Aprii un occhio e con la mano afferrai il mio smartphone per controllare che ora fosse: 8:02

IL MIO MIGLIORE (SCOPA)AMICODove le storie prendono vita. Scoprilo ora