I minuti passarono e lei ancora era lì, a rendermi felice in quella realtà orribile. Veramente, forse erano passati solo pochi secondi, ma mi sembrava tanto il tempo passato, non volevo che quell'abbraccio finisse. Non volevo che quello che c'era tra di noi finisse, malgrado già sapessi che il rapporto era cambiato, che non eravamo noi.
"Ho passato tante notti a pensare a dove tu potessi essere." Mi avvicinai al suo orecchio per dirglielo, subito dopo essermi sdraiato accanto a lei, di nuovo, sul letto. Eravamo confusi, sì.
"Dove eri, Charlotte?" Domandai appena sospirò, dopo averle detto l'affermazione precedente. Volevo davvero sapere dove fosse.
Mi guardò con della speranza negli occhi, probabilmente mi chiedeva mentalmente di ritirare la domanda, però no, volevo saperlo e lei doveva dirmelo. Non poteva non fidarsi di me, oppure vergognarsi, non dopo tutto quello che era successo tra di noi in quegli anni.
Aspettavo una risposta, ma non arrivava. Mi ribolliva il sangue."Charlotte?" La chiamai quando la vidi chinarsi su sè stessa, dopo essersi messa ancora seduta.
"Harry, sono sempre stata qui, in Inghilterra." Ammise, spostando i grandi occhi sui miei sconvolti. Perché non mi aveva cercato, allora?
Non sapevo cosa risponderle, non volevo arrabbiarmi, però ero piuttosto deluso e non volevo accettare il fatto che, malgrado fosse ancora nel paese, non mi avesse mai chiamato. Sapevo che non lo aveva fatto per cattiveria, ma quale era il motivo?
"Ero a Bradford, la città di Zayn."
Oh, perfetto.
La guardai ancora, che cazzo dovevo dirle? "Brava", per caso? Ero geloso di quel ragazzo, ma non sapevo bene il motivo, perché ormai avevo scoperto che a Charlotte non interessava. A lei interessavo io, e basta.
Il nostro rapporto era incasinato, in quella giornata era successo di tutto, eppure io ancora non avevo realizzato che lei era vicino a me, nonostante non fosse la vera ragazza che amavo, prima d'ora."D'accordo. Visto che nomini spesso quel ragazzo, parlamene un po', avanti." Dissi con una certa irritazione, che diede parecchio all'occhio, ma poco mi importava.
"Harry, Zayn è un grande amico. L'ho conosciuto poco dopo essere arrivata a Bradford e siamo stati insieme tutti questi mesi, so che può sembrare un cattivo ragazzo, ma non lo è. È un po' come te, testardo e un rompi coglioni, ma tenero e dolce. Con lui, non mi sono mai sentita sola, perché era come se tu fossi lì, con me. Prova a conoscerlo. Anche io odiavo Liam e poi me lo hai fatto conoscere, ricordi? E siamo diventati grandi amici. Provaci, non ti costa nulla." Parlò con la voce esile, per poi appoggiare le sue labbra sulla mia guancia e, in seguito, ridacchiò, spettinandomi, più di quanto già lo fossero, i folti ricci.
E se avesse avuto ragione?
"Domani mi porti in azienda?" Domandò, scendendo dal letto entusiasta, come se fosse stata una bambina in cerca dello zucchero filato, alle giostre magari.
Avevo sempre amato i suoi sbalzi: da ragazza matura, ad una bambina, da una bambina, ad una ragazza matura.
Aveva due lati, come tutti, ma a differenza di quelli degli altri, io amavo entrambe le sue facce."Non se ne parla." Ridacchiai leggermente.
Come diavolo potevo portarla in azienda, se la polizia ancora la cercava? Sarebbe stato da pazzi, ma in fondo io lo ero, e l'avrei resa felice facendole riincontrare i suoi amici, nonché i miei. Ma prima di tutto, doveva rivedere i suoi genitori.
Le proposi l'idea, ma fece la finta tonta, e proseguì nel suo intento di convincerla a farmela portare in azienda.Alla fine, mi arresi e le promisi che l'avrei portata. Avrei fatto attenzione.
Quando glielo dissi, mi saltò addosso, facendo quasi scontrare le nostre labbra, ma fortunatamente non ne fece una tragedia. Non era imbarazzata.
Possibile che, il motivo per cui si era scaraventata tra le mie braccia, era perché le ero mancato?
Sarei stato felice, ma davvero, se fosse stato per quello. Io l'avrei fatto."Harry, sono felice." Urlò, ma sempre nei limiti, alzando le braccia al cielo. Cosa le accadeva?
Sorrisi parecchio nel vederla così."Ma cosa succede, Murray?" Risi e le domandai.
"Tu, Harry, tu mi rendi felice, sempre." Disse tranquillamente, come se nulla fosse.
Per me era molto, invece, non mi aspettavo quelle parole da parte sua.
Lo avevo sempre detto che era imprevedibile, ma era sempre una sorpresa riscoprirlo ogni dannata volta.
Non potevo risponderle che anche lei rendeva felice me, perché, in quel momento, mi rendeva solo confuso. Non sapevo come mi faceva stare, per un momento bene e per un momento male; sapeva farmi cambiare umore a differenza di pochi istanti, e tutto ciò lo facevo con la stessa facilità di una bambina che fa gli occhioni dolci, per farsi volere sempre più bene. Il punto era che lei era ancora una bambina, in fondo, ma non mi importava. Sapevo che dentro, era una ragazza matura, nonostante avesse combinato cazzate su cazzate.Era facile volerle bene, ma non per me, io non tenevo a lei come se fosse un'amica. La volevo mia, tutta mia. Quanto mi ci sarebbe servito? Settimane, mesi? Quanto ci sarebbe servito a renderla ancora mia?
L'attesa è sempre difficile, e non sono mai stato paziente. Quindi, necessitavo di una risposta. Una risposta che mi avrebbe fatto felice, magari.
Quanto tempo avrei ancora aspettato prima di avvicinarmi a lei e sentire il suo cuore battere contro il mio petto? Sapevo che sensazioni le facevo provare, me ne ero accorto. E non solo negli anni passati insieme, bensì anche in quelle poche ore. Io, io lo vedevo il rossore che appariva sulle sua guance quando ci fissavamo, quando calava il silenzio, padrone del nostro amore.
Perché sì, lei sapeva bene che io la amavo, e io sapevo bene che lei amava me.
Ma, era solo frutto della mia immaginazione, una realtà lontana, oppure la vera realtà?
Magari lei non era veramente davanti a me, magari era solo un sogno.
Magari era lei il mio sogno, e più la guardavo sorridere felice, più mi rendevo conto che era la realtà e che mi stava rendendo fiero di non essermi mai arreso, proprio come io lo ero di lei, per lo stesso motivo.
Per me era tanto, Charlotte, ma avevo la sensazione che il suo cuore fosse diviso ormai. Oppure, non mi apparteneva più, per niente. Però sì, in passato mi apparteneva, e non ero un perdente: io volevo vincere di nuovo il suo cuore, la piccola parte di lei che non era imprevedibile.
Io so cosa sentiva.
E cosa mi aveva sempre nascosto.
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On the horizon with me.
FanfictionLa cravatta disfatta, la giacca nera strappata, e il cuore in mille pezzi. Nonostante io sia un uomo d'affari, penso tutto tranne ai documenti che devo firmare ogni dannato giorno. Io penso a lei, penso alle sue ultime parole sussurrate sulle mie...